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Così le banche russe finiscono a corto di yuan

Dopo aver spostato il baricentro del sistema finanziario nazionale sulla moneta del Dragone, sognato una saldatura tra rublo e yuan nel nome della lotta al dollaro e aver concesso miliardi di prestiti in valuta cinese, ora gli istituti dell’ex Urss sono rimasti a secco. Ma alla Bank of Russia la faccenda non interessa

C’era una volta il mito dello yuan. Al Cremlino, fino a pochi mesi fa, erano convinti che far poggiare l’intero sistema finanziario russo (banche, assicurazioni) sulla moneta cinese, fosse il modo migliore per sfuggire alle sanzioni occidentali. E, magari, anche per mettere al riparo il rublo da possibili svalutazioni (che, in realtà, ci sono state) e aiutare la Cina a inseguire quel sogno di detronizzazione del dollaro che altro non è che una chimera. Ora però sta succedendo qualcosa: le banche russe sono finite a corto di yuan.

A giugno, la moneta cinese rappresentava il 99,6% del mercato dei cambi russo, tanto che gli istituti commerciali avevano deciso di aumentare in modo esponenziale i prestiti in yuan. Ma tale corsa forsennata all’uso dello yuan ha finito con l’esaurire le scorte di moneta, facendo scattare l’allarme rosso. In altre parole, non avendo più la possibilità di finanziare l’economia russa in yuan, le banche dell’ex Urss hanno due possibilità: o tornare al caro vecchio rublo, oppure chiedere alla Banca centrale russa di intercedere con Pechino per una nuova iniezione di moneta cinese nel sistema russo.

“Non possiamo prestare in yuan, perché non abbiamo nulla a che coprire le nostre posizioni in valuta estera”, ha spiegato a Reuters, German Gref, ceo di Sberbank, la principale banca russa. Come si spiega? Semplice, sono le stesse banche del Dragone ad aver stretto i cordoni nella borsa. Il motivo è sempre quello, la paura di finire invischiati nelle sanzioni scatenate dagli Stati Uniti contro tutti quei Paesi che aiutano sottobanco il Cremlino nella sua guerra contro l’Ucraina

Di conseguenza, le banche cinesi sono state riluttanti a trasferire lo yuan alle controparti russe, proprio mentre servivano i pagamenti connessi al commercio estero. “Penso che la banca centrale possa fare qualcosa”, ha detto Andrei Kostin, ceo della seconda banca russa, Vtb. “Speriamo che venga compresa la necessità di aumentare l’offerta di liquidità (in yuan, ndr)”. Peccato che Elvira Nabiullina, governatore della Bank of Russia, la pensi diversamente. Lo scorso venerdì, proprio quando il pressing degli istituti sulla vigilanza si faceva più forte, la Banca centrale russa ha disperso quelle speranze, invitando le banche a frenare i prestiti societari denominati in yuan. Fine del sogno cinese per Mosca?


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