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Conte o Renzi? Il dilemma di Schlein e l’autunno caldo di Meloni visti da Panarari

Conte apre all’ipotesi di candidare l’ex ministro Orlando come presidente della Liguria. È un passo avanti, ma non è la consacrazione di un’alleanza strutturale. Il leader pentastellato ha diversi problemi interni da risolvere e la fronda vicina a Grillo si sta facendo sentire. Per Schlein è più sacrificabile Renzi, ma la stampella centrista è fondamentale. Tajani e Salvini litigano e a lungo andare le fibrillazioni possono pesare su Meloni. La manovra? Si prospetta un autunno caldo. Conversazione con il sociologo di UniMoRe, Massimiliano Panarari

È sicuramente un passo avanti, ma è decisamente troppo presto sia per cantare vittoria sia per pensare che l’unità del centrosinistra sia salda e duratura. L’apertura del leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte all’ipotesi della candidatura dell’ex ministro Andrea Orlando, sostenuto dal resto delle forze progressiste, è un fatto politico rilevante. Ma probabilmente circostanziato alla dimensione territoriale. Restano, nel rapporto con gli altri partner, diversi problemi. Il convitato più indigesto per il pentastellato resta il numero uno di Italia Viva, Matteo Renzi verso il quale l’ex premier ha posto più di un veto. Il Pd di Elly Schlein in questa fase è in una posizione complessa. “Renzi, per la segretaria dem, è più sacrificabile rispetto al pentastellato. Anche se l’idea di una gamba moderata di centrosinistra resta indispensabile per poter costruire un’alternativa a questa maggioranza. E Schlein lo sa”. A dirlo a Formiche.net è il sociologo e docente di UniMoRe, Massimiliano Panarari.

Panarari, partiamo dal dato ligure. Fuoco di paglia o calcolo politico?

Il contismo si manifesta nelle sue diverse forme e, in questo caso, nell’apertura a una coalizione ampia di centrosinistra a sostegno della candidatura di Orlando. È senza dubbio un passo avanti per tentare di conquistare una regione importante, ma restano dei problemi di fondo da sciogliere nella compagine progressista.

Innanzitutto i rapporti tra Pd e Movimento 5 Stelle.

Direi più che altro i problemi interni di leadership che Conte sta riscontrando. Siamo alla vigilia della costituente rifondativa. Il leader pentastellato probabilmente non si aspettata una fronda interna così consistente più vicina alle istanze del fondatore, Beppe Grillo, rispetto alle sue. E qui si arriva al rapporto col Pd. Tenere alto il livello del dibattito gli è funzionale prima di tutto a mandare dei messaggi alla sua base di militanti e provare a collocarsi come leader del sinistra-centro.

I profondi dissidi tra lui e Renzi sono ancora riconducibili ai tempi della caduta del Conte II e l’arrivo di Mario Draghi?

Questa sarà sempre una colpa imperdonabile di Renzi agli occhi di Conte. Non solo. A proposito di rapporti col Pd, l’ex premier pentastellato sa di poter soffiare sul fuoco perché il fondatore di Italia Viva è inviso a una buona parte di classe dirigente dem e a molta base elettorale. Resta il fatto che Conte, più che pensare a un’alternativa di governo a questa maggioranza pensa prima di tutto al proprio posizionamento.

Arriviamo ai dissapori tra i vicepremier Tajani e Salvini. Come incidono sull’equilibrio della maggioranza?

Giorgia Meloni è tra questi due fuochi. D’altra parte Salvini si trova in grande difficoltà con il generale Vannacci che sposta l’asse del Carroccio sempre più a destra probabilmente scommettendo nella deflagrazione del partito a fronte dei mal di pancia che si registrano all’interno del partito da parte dei governatori e della dirigenza che fa capo al ministro Giancarlo Giorgetti. Tajani ha capito dal canto suo che c’è un grande spazio al centro e prova a posizionarsi in quello spazio politico. Certo, queste fibrillazioni a lungo andare peseranno anche su Meloni e sulla sua capacità di tenere assieme tutte le varie anime.

Si inizia già a parlare di Manovra. Che autunno si prospetta per l’esecutivo?

Un autunno senz’altro molto caldo. Già le prime avvisaglie sembrano mostrare plasticamente, una volta ancora, che le promesse dei partiti di tipo populista poi devono fare i conti con la realtà. Non sarà facile neanche tenere buoni rapporti con le realtà corporative che il governo considera – anche giustamente per certi versi – una parte consistente del proprio bacino elettorale. Tante cose in Europa – vista la posizione assunta dal governo nell’ambito dell’elezione della nuova Commissione – non si potranno realizzare. Di qui l’importanza della scelta di un uomo come Fitto per fare il Commissario: un profilo di mediazione e con buoni rapporti a livello europeo. E anche la posizione importante di Forza Italia che è l’unico partito ad aver sostenuto il bis di Ursula.

 

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