Skip to main content

Cosa (non) cambia in Venezuela

Dal nuovo blackout all’allarme della comunità internazionale, i venezuelani fanno fronte ad una situazione ripetuta più volte nel corso degli anni. Cosa dice il regime di Maduro, che questa volta usa un’app per identificare chi lo contesta, e qual è la posizione dell’Europa

Ancora una volta, il Venezuela è al buio. Circa l’80% del Paese è rimasto senza energia elettrica all’alba dello scorso venerdì. Il leader del regime venezuelano, Nicolás Maduro, sostiene che il blackout fa parte di una campagna di sabotaggio guidata dall’opposizione. Questo nuovo disservizio, che si aggiunge ad una lunga serie, avviene in un momento di molta tensione politica, in seguito alle elezioni presidenziali del 28 luglio.

Secondo l’opposizione, a vincere il processo elettorale è stato il candidato della coalizione dell’opposizione, Edmundo González Urrutia, che non si è presentato alla terza citazione della Procura, che indaga su di lui per cospirazione e incitazione all’odio, tra altri reati. Come si legge in un articolo del quotidiano spagnolo El País, è questione di tempo e pratiche burocratiche ma a breve ci sarà molto probabilmente un mandato di arresto contro González Urrutia.

Intanto, molte regioni del Venezuela continuano a non avere energia elettrica. Per Maduro si tratta di un “attacco criminale […] L’ho detto e lo ripeto: Calma e ragione, nervi di acciaio. Il fascismo disperato attacca il popolo”. Alcuni analisti credono che la responsabilità del blackout sarà attribuita all’opposizione.

Come, tra l’altro, è accaduto a marzo del 2019, quando c’è stata una situazione simile, che l’opposizione spiega per la corruzione e la mancanza di investimenti nell’infrastruttura elettrica. All’epoca, Maduro ha accusato il leader Juan Guaidó (che adesso vive a Miami, negli Stati Uniti) di avere orchestrato il blackout.

È inevitabile, dunque, pensare che anche questa volta la crisi del Venezuela finirà nel nulla. In questa occasione, però, l’opposizione è in possesso dei certificati di circa l’80% dei seggi elettorali venezuelani che attestano una vittoria per González Urrutia. Gran parte della comunità internazionale ha riconosciuto le irregolarità che si sono presentate nelle elezioni del 28 luglio e chiede al regime di Maduro di presentare le loro schede ufficiali per fare un confronto. Niente è stato fatto in più di un mese.

Anche l’Unione europea si è schierata. La situazione politica del Venezuela è stata inserita nell’agenda del Consiglio di Affari esteri dell’Ue del 29 agosto. Josep Borrell, vicepresidente della Commissione europea, ha dichiarato che “Maduro rimarrà presidente de facto, ma gli neghiamo il riconoscimento basandosi sul fatto che i risultati elettorali non possono essere verificati […] L’Unione europea non riconosce la legittimità democratica di Maduro come presidente del Venezuela”.

I ministri europei hanno anche discusso sulla possibilità di sanzionare altri membri del regime di Maduro e dell’Assemblea nazionale, oltre ai già 55 funzionari presenti nella lista nera dell’Ue, come ricorda Euronews. Su questa ipotesi però è stato deciso di aspettare per prendere decisioni.

Oltre alle scelte politiche, i venezuelani soffrono la repressione di Maduro. Più di una decina di persone ha perso la vita durante le proteste dopo le elezioni. Sono centinaia gli arresti denunciati dall’opposizione contro chi ha manifestato o è in possesso di materiale critico al governo socialista. Persino Maduro, in diretta tv, ha incoraggiato alla denuncia di chi mette in discussione la sua rielezione, e ha messo a disposizione un’app chiamata VenApp per segnalare nome, indirizzo e recapiti di chi lo contesta.

L’allarme è stato lanciato da Amnesty International: “Lanciata da Maduro stesso nel 2022 con l’intento dichiarato di ricevere segnalazioni pubbliche su problemi come interruzioni di corrente ed emergenze mediche, l’app sembra essere stata recentemente aggiornata con ulteriori funzionalità che permettono agli utenti di fare segnalazioni contro i manifestanti”. L’app è stata poi rimossa da Google Play e dall’App Store, ma rimane ancora attiva.

Matt Mahmoudi, consulente di Amnesty International su tecnologia e diritti umani, sostiene che “il fatto che gli sviluppatori abbiano modificato l’app per aggiungere questa nuova funzione e che le piattaforme tecnologiche l’abbiano poi resa ampiamente disponibile solleva una domanda: queste aziende stanno rispettando le loro responsabilità in materia di diritti umani?”.

Il rischio che un’app del genere potesse essere utilizzata dal regime venezuelano non solo per limitare il diritto alla libertà di espressione e di assemblea pacifica, “ma anche per contribuire potenzialmente ad arresti illegali e altre gravi violazioni dei diritti umani” doveva essere valutato dagli sviluppatori, secondo Mahmoudi. “Incoraggiando le persone a denunciare i manifestanti e fornendo loro una piattaforma per farlo – ha aggiunto il consulente -, il governo venezuelano rischia di violare il diritto internazionale dei diritti umani”.

Nonostante Maduro e il suo entourage siano indagati da parte della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità, compreso il crimine di persecuzione, non mancano i loro sostenitori. Daniel Ortega, presidente del Nicaragua, si è offerto di inviare militari in Venezuela per aiutare il suo amico nel caso di una possibile “guerra civile”. L’agenzia di notizie Ansa fa riferimento alla denuncia del sito nicaraguense “100% Noticias” che sostiene sia iniziato il reclutamento di ex guerriglieri sandinisti, “a cui vengono offerti 5.000 dollari per partecipare alla missione”.



×

Iscriviti alla newsletter