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Perché Russia e Cina si esercitano nel Mar Cinese

Russia e Cina esercitano con forza le loro volontà strategiche. Le esercitazioni congiunte nel Mar Cinese puntano al law enforcement in futuro? Ecco perché la partnership globale Dragon-Bear continua a preoccupare l’Occidente

Le guardie costiere di Cina e Russia stanno pianificando esercitazioni congiunte nel Nord Pacifico. Queste manovre riflettono una crescente cooperazione bilaterale tra i due Paesi in una regione strategica cruciale per il commercio internazionale. Raccontano cioè come il cosiddetto “Dragon-Bear” — l’asse Dragone-Orso che caratterizza l’impegno comune contro l’ordine internazionale, considerato espressione del mondo rivale delle Democrazie — si è ormai espanso fino a uno dei fattori più delicati dell’assertività cinese. Anche perché le manovre sono incentrate sul pattugliamento delle rotte marittime — e mirano, senza esplicitarlo, a prepararsi per eventuali operazioni di law enforcement condivise.

Le operazioni della guardia costiera, per dire, sono quelle che Pechino ordina nel Mar Cinese per marcare diritti (non acquisiti) nelle aree rivendicate, per esempio contro le Filippine o contro i pescatori di Taiwan. In un esercizio di speculazione si potrebbe arrivare a pensare che in futuro la Russia, ormai junior partner della Repubblica popolare, potrebbero essere in qualche modo inclusa nelle attività della Guardia Costiera Cinese. Oppure questo genere di operazioni di polizia potrebbero essere applicate lungo la rotta artica, che sia Mosca che Pechino considerano una valida e futuribile alternativa per evitare i chokepoint indo-pacifici e indo-mediterraneo.

Significherebbe, secondo un esercizio di speculazione a lungo termine, che la Cina sta iniziando a progettare come sfruttare le capacità russe per i propri interessi diretti. La Russia in sostanza non può tirarsi indietro, sia perché ha una visione anti-occidentale coincidente, sia perché — sebbene consapevole che esistano elementi di competizione anche con la Cina — non può non cooperare, visto che Pechino è il principale sostenitore dell’economia di guerra russa. Quanto accade tra le rotte dell’Indo Pacifico non è un caso singolo, perché per esempio la Cina sta cercando di sfruttare ulteriormente la vasta rete di spionaggio russa in Europa. L’obiettivo di Pechino è infatti dividere i paesi dell’Ue e indebolire le loro relazioni con Washington. Mosca condivide il piano e può mettere a disposizione un network più strutturato per portarlo avanti.

Le operazioni di spionaggio di Pechino e Mosca, compreso il reclutamento di agenti, si sovrappongono sempre più all’interno dell’Unione europea, ha detto a Politico il capo dell’agenzia di intelligence nazionale ceca, spiegando che le due potenze condividono obiettivi simili di minare l’Occidente, indebolire il sostegno all’Ucraina e dividere le democrazie liberali: “Non è un caso che le stesse entità possano servire gli interessi sia della Federazione Russa che della Repubblica Popolare Cinese”.

E dunque questa intesa — che non è formalmente un’alleanza, anche se i due leader si sono promessi “amicizia senza limiti” — già consolidata su vari fronti diplomatici e militari, si sta rapidamente espandendo. Se in Europa è lo spionaggio il nuovo terreno comune, il dominio marittimo è imprescindibile per l’equilibrio geopolitico nelI’Indo Pacifico. In questa area chiave la libertà di navigazione è fondamentale per l’ordine delle delle rotte commerciali globali. È a questo che si lega il concetto (nippo-americano) di “free and open Indo-Pacific” che fa da guida di orientamento generale alle attività che forze occidentali e like-minded portano avanti nella regione.

Per esempio, nei giorni scorsi le marine di Stati Uniti, Australia e Italia si sono esercitate insieme nel Mar Cinese Meridionale, una delle aree in cui la Cina avanza rivendicazioni (quasi egemoniche) ormai passate al livello successivo, esercitando attività di law enforcement in forma unilaterale. Queste esercitazioni multilaterali sono una dimostrazione concreta dei progressi che stiamo facendo a fianco dei nostri alleati e partner in una delle regioni marittime più complesse del mondo”, dice il comunicato stampa congiunto delle tre forze armate. Tra quelle complessità, la più sfidante è proprio quella rappresentata dalla sovrapposizione di interessi (e intenti) di Russia e Cina.

La possibilità che Cina e Russia rafforzino la loro influenza in queste acque solleva il timore di destabilizzazione regionale. Diversi Paesi della regione — come le Filippine o il Giappone, e sotto più ampi aspetti anche Taiwan — si sono affidati alla partnership con gli Stati Uniti come principale risposta a queste manovre geopolitiche. Altri — come l’Indonesia, o Thailandia e Malesia, o ancora il Vietnam — cercano di evitare giochi a somma zero e lavorano per mantenere viva la volontà di multi-allineamento; fin quanto possibile.

Le attività russo-cinesi sono una dimostrazione del rafforzamento dell’intesa parte di una più ampia competizione che si estende oltre il Pacifico, coinvolgendo anche altre aree sensibili come l’Artico e l’Indo Mediterraneo. Sotto molti aspetti la sicurezza marittima è un tema comune, che supera il confine militare e politico ed entra direttamente nel quadro geoeconomico. Le esercitazioni di coordinamento tra Mosca e Pechino potrebbero in un futuro portare infatti alla destabilizzazione di chokepoint come lo Stretto di Taiwan o quello di Malacca, in modo del tutto simile a ciò che gli Houthi hanno fatto nel corridoio indo-mediterraneo tra Suez e Bab el Mandeb. L’innesco potrebbero essere diatribe di vario genere, anche utili scusanti come la difesa dei palestinesi propagandata dai guerriglieri yemeniti.

Rafforzare la presenza militare dislocata a livello marittimo, anche aumentando le capacità di interoperabilità e non solo inviando ulteriori risorse navali, è considerata a Roma come a Washington, a Tokyo come a New Delhi, una necessità per garantire la libertà di navigazione nelle acque internazionali. La diplomazia multilaterale diventa una componente parallela, che va a consolidare dunque attività di deterrenza che passano dalle partnership regionali come il Quad e Aukus e i Camp David Principles, tutti parte del latticework approach americano. L’obiettivo è presentare una risposta coordinata che isoli diplomaticamente Cina e Russia, rafforzando l’architettura di sicurezza regionale a guida statunitense, anche tramite le cooperazione regionali degli alleati europei.


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