Attraverso missioni religiose e offerte educative, la chiesa ortodossa russa sta espandendo la sua presenza nel continente africano. Promuovendo sentimenti anti-occidentali e coinvolgendo cittadini africani nelle operazioni militari in Europa Orientale
Inizio del mese di marzo 2024. Il vescovo Konstantin di Zaraisk, capo dell’esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa, si reca in Tanzania per amministrare, per la prima volta, il santo sacramento del battesimo sul suolo africano. Successivamente, nell’agosto dello stesso anno, si reca in Kenya, dove tiene una serie di incontri assieme ai membri della locale Ambasciata russa e ai seguaci locali del credo ortodosso russo e visita scuole e cattedrali della zona costruite grazie alla sponsorizzazione di Mosca.
Queste attività, come nota Sergey Sukhankin in un articolo scritto per la Jamestown Foundation, indicano la rinnovata attenzione di Mosca per l’espansione della sua influenza e del suo soft power in Africa. Sfruttando la Chiesa ortodossa russa per esercitare la propria influenza attraverso la disinformazione e la diffusione di sentimenti anti-occidentali che tradizionalmente fanno appello al conservatorismo e all’anti-colonialismo, il Cremlino potrà sopperire all’inferiorità di risorse economiche (rispetto ad altri grandi attori come la Cina o l’Unione Europea) nella nuova scramble for Africa.
Tra i vari aspetti delle attività della chiesa ortodossa in Africa, uno di quelli più preoccupanti riguarda il reclutamento di individui da parte di Mosca per le sue esigenze paramilitari, sfruttando le credenze religiose. Tra il 2021, anno di istituzione del proprio esarcato in Africa, e il 2024 la chiesa ortodossa russa ha lanciato una campagna mirata a promuovere il sentimento filo-russo tra i locali, sperando di sfruttare i sentimenti anti-occidentali in alcuni Paesi del Sud globale, in modo non troppo dissimile da quanto fatto in passato dal gruppo Wagner (non a caso, vi sono fattori che evidenziano una sorta di collaborazione tra le due entità).
Sotto il metropolita Leond, primo esarca patriarcale russo ed esperto veterano degli affari clerico-diplomatici, ha preso il via un’estesa campagna di informazione per aumentare la partecipazione dei cittadini africani locali alle attività ecclesiastiche, invogliando i cittadini africani locali con generosi stimoli finanziari e offerte per perseguire studi e carriere sotto l’ombrello della chiesa ortodossa russa. In seguito al fallito ammutinamento di Yevgeny Prigozhin, a cui pare fosse legato, l’esarca Leond è stato sostituito dal più fedele vescovo Konstantin di Zaraisk, che però si è posizionato lungo lo stesso filone, mirando nel frattempo ad allargare la diffusione dell’esarcato. Secondo quanto affermato dallo stesso Konstantin di Zaraisk, duecentodiciotto sacerdoti africani provenienti da diciassette diversi Paesi africani impegnata in ventinove diversi Paesi africani, fanno ufficialmente parte della Chiesa ortodossa russa.
E Mosca sta sfruttando la crescente influenza del credo ortodosso russo per reclutare un numero sempre maggiore di africani da arruolare nelle forze armate per combattere in Ucraina. Studenti africani che lavorano e vivono in Russia per ricostruire i monasteri ortodossi nell’oblast di Ryazan si starebbero infatti arruolando nell’esercito russo. Mentre i funzionari russi e i rappresentanti della Chiesa ortodossa negano queste notizie, i funzionari della cosiddetta “Repubblica Popolare di Donetsk” hanno confermato il contrario.
Secondo un rapporto investigativo di Novaya Gazeta Europe, sarebbe l’“oligarca ortodosso” Konstantin Malofeev a coordinare il reclutamento di mercenari africani. Malofeev aveva già sponsorizzato Igor Girkin (Strelkov) durante le sue “avventure” militari nel Donbas nel 2014.
Nel rapporto si afferma che cittadini di Burundi, Kenya, Camerun, Madagascar e Uganda sono stati presumibilmente identificati in fotografie delle forze russe nei territori occupati. Questi cittadini sarebbero arrivati in Russia come “studenti del seminario spirituale ortodosso Nikolo-Ugreshskaya”, e avrebbero partecipato ai sopraccitati a progetti di costruzione, prima di finire a combattere in Ucraina.
A gestire il reclutamento, secondo quanto riportato da uno studente di seminario africano, sarebbe il centro culturale russo-cinese “Zhar-ptitsa” (Uccello di fuoco), situato nel quartiere Yakimanka di Mosca. Gli “studenti dei seminari” sarebbero stati reclutati anche per condurre “progetti di costruzione” negli oblast di Ryazan, Mosca, Tver, Yaroslavl e Kirov. Novaya Gazeta Europe ha potuto dimostrare che almeno 26 di questi studenti africani sono stati effettivamente reclutati dal centro culturale.
Il numero esatto di studenti stranieri che combattono in Ucraina è sconosciuto, ma fonti filorusse affermano che tra i 4.000 e i 18.000 cittadini stranieri stanno combattendo dalla parte russa. Il numero di africani reclutati attraverso la chiesa ortodossa, tuttavia, rimane sconosciuto. Nonostante la retorica anticoloniale, suggerisce Sukhankin, i reclutatori russi potrebbero considerare l’Africa, con oltre 1,3 miliardi di persone e 54 Paesi, come un mercato intrigante e potenzialmente redditizio. Il basso tenore di vita e la sicurezza sociale, la spinta al conservatorismo e il calo di popolarità dell’Occidente, uniti al crescente coinvolgimento della Russia negli affari continentali, potrebbero diventare uno strumento utile per Mosca in Ucraina. L’espansione della chiesa ortodossa in Africa e il suo legame con gli studenti africani che combattono in guerra ne sono una prova inconfutabile.