Per l’Italia quella di oggi a Bruxelles è stata una buona giornata. Buona ma non ottima. Ora c’è solo da augurarsi che, quando verrà il momento del voto di convalida, gli europarlamentari del Pse, dei Verdi e dei Liberali non mettano pretestuosamente in croce il povero Fitto come accadde nel 2004 a Rocco Buttiglione. Il commento di Andrea Cangini
Raffaele Fitto sarà, dunque, vicepresidente esecutivo della Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen, con deleghe alla Coesione e alle Riforme. Giorgia Meloni canta vittoria: “Un riconoscimento importante che conferma il ritrovato ruolo centrale della nostra Nazione in ambito Ue. L’Italia torna finalmente protagonista in Europa”, ha scritto su X, esibendo un entusiasmo esorbitante i fatti.
In effetti, i vicepresidenti esecutivi saranno ben 6 e le deleghe riconosciute al pur ottimo Fitto sono deleghe minori. L’Italia puntava a deleghe economiche pesanti: si è dovuta accontentare di Coesione e Riforme. Molto meno di quel che fu riconosciuto cinque anni fa a Paolo Gentiloni, che ebbe gli Affari Economici.
Difficile, dunque, sostenere che quello in corso sia un ritrovato protagonismo dell’Italia in Europa. Giorgia Meloni la racconta così, perché questa è la narrazione che si è data sin dall’inizio della legislatura. Cioè accreditare l’idea di un cambiamento radicale, “storico”, come ama dire, dovuto al governo di destra nell’interesse dell’Italia. La stessa Italia che ai tempi di Mario Draghi presidente del Consiglio non si trovava esattamente ai margini dell’Europa…
Doveroso chiedersi come sarebbe andata se il partito di Giorgia Meloni avesse votato per Ursula von der Leyen presidente e fosse di conseguenza entrato a far parte della maggioranza di governo al fianco del Ppe. Legittimo supporre che l’Italia avrebbe spuntato deleghe di maggior peso.
Certo, poteva andare peggio. Molto peggio. La von der Leyen avrebbe potuto assecondare le pressioni del Pse, e dunque del Pd, per escludere Fitto dal novero delle vicepresidenze con l’argomento che, appunto, Fratelli d’Italia non fa parte della maggioranza. L’aver, dunque, ottenuto lo status di vicepresidente esecutivo per Fitto è senz’altro un successo di Giorgia Meloni, che di fatto ha incassato il massimo risultato possibile nelle condizioni date. È anche il segno che all’Italia si è voluto riservare un trattamento particolare in ragione del nostro status di Paese fondatore dell’Europa. Ma, soprattutto, è il segno che Ursula von der Leyen è consapevole della fragilità della propria maggioranza e ha bisogno di possibili alleati occasionali, dossier dopo dossier. A quanto risulta, inoltre, la neopresidente della Commissione europea condivide l’analisi di chi ritiene che un partito potenzialmente estremista come quello di Giorgia Meloni vada blandito e non maltrattato, per evitare che si avvii lungo la strada che porta verso l’ungherese Orban o, peggio, verso la francese Le Pen.
Insomma, per l’Italia quella di oggi a Bruxelles è stata una buona giornata. Buona ma non ottima. Ora c’è solo da augurarsi che, quando verrà il momento del voto di convalida, gli europarlamentari del Pse, dei Verdi e dei Liberali non mettano pretestuosamente in croce il povero Fitto come accadde nel 2004 a Rocco Buttiglione.