Alle radici della grave crisi, non solo industriale, tedesca, ci sono scelte poco lungimiranti condite da una buona dose di superficialità. Per questo il caso Volkswagen non deve stupire. L’Italia invece ha dimostrato di saper essere vincente. L’avanzata dei neo-nazisti? Roma ha un buon bilancio, i mercati forse non saranno così malevoli. Conversazione con Marco Fortis, economista e vicepresidente della Fondazione Edison
L’economia tedesca vive una crisi profonda, anche morale, di fiducia. Le colpe sono molteplici, in primis l’aver sottovalutato l’avanzata cinese sul mercato della mobilità elettrica e gli effetti dello sganciamento energetico dalla Russia. Il risultato è che oggi Berlino è arrivata a mettere in discussione l’attuale assetto, sul proprio suolo, del simbolo indiscusso della potenza tedesca: Volkswagen. Ora, tutto questo cosa vuol dire per l’Italia? Formiche.net ne ha parlato con Marco Fortis, economista e vicepresidente della Fondazione Edison.
“Ci sono delle componenti irrazionali in quello che sta succedendo nell’industria tedesca. Dieselgate a parte, prima della pandemia, da quel momento abbiamo assistito a una rivoluzione culturale suicida da parte dell’auto tedesca. Mi riferisco all’abbandono dell’endotermico, scelta forse anche per ripulire la propria immagine. Ma purtroppo non ha funzionato, la Germania si è illusa di uscire vincente dal passaggio dall’endotermico all’auto elettrica”, premette Fortis.
“Questo ci fa pensare che i tedeschi non siano così grandi strateghi: pensavano che l’elettrico fatto in Germania potesse vincere la concorrenza cinese? Quanti comprano una Bmw elettrica e quanti un’auto cinese? Hanno sbagliato i calcoli, insomma, e ora gli sta tornando tutto addosso, hanno avuto troppa fede e poco approccio tecnico. Se a questo ci aggiungiamo la rottura del rapporto tra Berlino e Mosca, basato storicamente sulle forniture energetiche, ecco che il quadro è completo, è il fallimento del progetto elettrico tedesco”.
Il discorso si sposta poi sull’Italia. E qui Fortis fa un paragone. “Non so quanto sia facile trovarsi una nicchia nell’asse franco-tedesco, che è sì in crisi, ma ci sono anche tanti altri Paesi con cui competere: Estonia, Paesi Bassi. L’Italia dovrà sempre faticare molto per difendere i suoi interessi, vale oggi, vale domani. Certo, al momento l’Italia beneficia di un abbrivio economico, guadagnato in questi anni, con scelte, anche industriali, decisamente decorose. Oltre all’export che rimane la nostra ancora di salvezza. Quindi le nicchie ci sono, ma forse sono più fuori che in Europa. Di sicuro, rispetto alla Germania, oggi Roma sta un pochino meglio. E questo trend potrebbe proseguire, perché la vedo veramente difficile che i tedeschi risorgano da questo imbuto solo facendo motori elettrici. Questo ovviamente può essere un punto a favore per noi, anche se l’Europa, con una Germania in crisi, ha più da perdere che da guadagnare. La Germania ha imboccato la via dell’autodistruzione, può ancora tornare indietro”.
Attenzione però al fattore politico, ovvero alla nuova avanzata dell’estrema destra tedesca. Sarà un problema per i mercati? “L’Italia forse è protetta, nel senso che il suo bilancio pubblico è tutto sommato quello messo meglio, al netto dei postumi del Superbonus. Roma, come ho detto, sta facendo cose più che decorose nel campo degli investimenti, mi passi il termine, non siamo più un Paese scassato come in passato, ma siamo in fase di rilancio”.