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Francesco a Giacarta, una tappa decisiva nel cammino del dialogo

Ci sono dei valori condivisi nelle tradizioni religiose, questo ovviamente vale anche tra cristianesimo e islam, e il testo firmato questa mattina in una dichiarazione congiunta con l’imam della moschea Istiqlal lo ribadisce. La riflessione di Riccardo Cristiano sul documento sottoscritto in Indonesia

Papa Francesco a Giacarta ha firmato questa mattina, 5 settembre, una dichiarazione congiunta con l’imam della moschea Istiqlal che dice molto sul momento che sta vivendo il mondo intero. È la seconda giornata di attività per Francesco in Indonesia e questo documento contiene delle indicazioni di assoluto rilievo, unendo due cardini del suo pontificato: la necessità di una rinnovata consapevolezza delle fratellanza umana e la rilevanza della crisi ambientale.

Il testo, che comincia con l’esortazione di “promuovere l’armonia religiosa per il bene dell’umanità” , evidenzia subito proprio questa duplice emergenza: “Come si può vedere dagli eventi degli ultimi decenni, il nostro mondo sta chiaramente affrontando due gravi crisi: la disumanizzazione e il cambiamento climatico. Il fenomeno globale della disumanizzazione è caratterizzato soprattutto da violenza e conflitti. […] È particolarmente preoccupante che la religione sia spesso strumentalizzata in questo senso. […] Il ruolo della religione, tuttavia, dovrebbe includere la promozione e la salvaguardia della dignità di ogni vita umana”. Abusi del nome di Dio, terribili, e abusi del creato: “L’abuso del creato, che è la nostra casa comune, da parte dell’uomo, ha contribuito al cambiamento climatico, comportando conseguenze distruttive come i disastri naturali, il riscaldamento globale e condizioni meteorologiche imprevedibili. L’attuale crisi ambientale è diventata un ostacolo alla convivenza armoniosa tra i popoli”.

Ci sono dei valori condivisi nelle tradizioni religiose, questo ovviamente vale anche tra cristianesimo e islam e il testo lo ribadisce: “Dovrebbero essere promossi efficacemente per sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza che affligge il nostro mondo”. Per sconfiggere la disumanizzazione ci sono tre valori condivisi che vengono riassunti in poche parole: “rispetto, dignità, compassione, riconciliazione e solidarietà fraterna”: con questi valori si dovrebbe affrontare anche “la distruzione ambientale”.

La constatazione di partenza è che esiste un’unica famiglia umana globale, quindi il dialogo interreligioso dovrebbe essere riconosciuto strumento indispensabile per “risolvere i conflitti locali, regionali e internazionali, soprattutto quelli provocati dall’abuso della religione”. I rituali religiosi, come le credenze, sanno parlare al cuore umano, se opportunamente utilizzati, “e promuovere un più profondo rispetto della dignità umana”. Servendo Dio e custodendo il creato, si esortano quindi tutte le persone di buona volontà “ad agire con decisione per preservare l’integrità dell’ecosistema e delle sue risorse ereditate dalle generazioni precedenti, che speriamo di trasmettere ai nostri figli”. Bisognerebbe chiedere agli autori cosa si celi distro questo conclusivo “ speriamo”: semplicemente l’ auspicio, o l’indicazione che procedendo diversamente non sia detto che ciò accada?

Il calore umano tra l’imam e Francesco, vescovo di Roma, indica la comunanza dei cosiddetti “moderati” rispetto agli integralisti, che forse sarebbe preferibile chiamare “fanatici”. Nella ricca Indonesia, soprattutto lì dove si produce il petrolio indonesiano, questi fanatici non scarseggiano, come non scarseggiano nella vicina Papua Nuova Guinea, altra tappa del viaggio di Francesco, ma dal lato cristiano. Entrambi vogliono imporre la primazia della loro fede, per legge. Sarà interessante vedere, dopo questa tappa così importante per indicare la via dell’islam pacifico, cosa farà Francesco davanti alla sfida dell’altro cristianesimo, quello di ispirazione evangelicale. Di certo il tunnel che collega la moschea di Istiqlal, denominato “il tunnel dell’amicizia”, con la vicina cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione, è sembrato uscire all’aria aperta, divenire un ponte davanti a sfide così gravi, globali e comuni.

L’emergenza terrorismo ha interessato e preoccupa ancora l’Indonesia. Ha scritto al riguardo nel 2021 l’Osservatore Romano: “I sanguinosi attentati di Bali, nel 2002 e nel 2005, portano la firma della Jemaah islamiyah ma queste tragedie hanno anche provocato una forte risposta da parte del governo centrale, che ha passato una serie di leggi volte a smantellare le attività delle cellule terroristiche. La repressione non ha portato alla scomparsa della Jemaah islamiyah che, nel 2009, ha organizzato la doppia incursione contro gli hotel JW Marriott e Ritz Carlton di Giacarta. Da allora il movimento sta ricostruendo, pazientemente, la propria base ed i propri contatti in Indonesia anche se sembra aver abbandonato il progetto di perseguire la costruzione di un califfato trans-nazionale in Asia Sudorientale. L’obiettivo degli islamisti è l’Indonesia anche se potrebbero cercare di consolidare le proprie posizioni nelle Filippine meridionali, che potrebbero fungere da base logistica”.

In questa parte iniziale del suo viaggio Francesco ha anche fatto capire esplicitamente che tra queste due emergenze c’è quella dei migranti forzati, che deriva in buona parte da entrambe le emergenze individuate, disumanizzazione e crisi ambientale: il tema dei rifugiati, tra l’altro, è cruciale proprio in questi Paesi del sud-est asiatico, sia per le conseguenze dei disastri climatici, sia per un dramma persistente – molto caro a Bergoglio – quello dell’etnia Rohingya, respinta da più Paesi. Il mondo, visto attraverso i suoi guai, sembra proprio uno, e il documento spiega bene come le religioni potrebbero contribuire a risolverli.



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