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Mentre Netanyahu arriva all’Onu, Biden cerca di fermare le armi tra Israele e Hezbollah

Corsa contro il tempo per evitare una devastante escalation tra Israele e Hezbollah. Gli Stati Uniti cercano anche l’ambiente dell’Onu per lanciare un nuovo sforzo negoziale totale e fermare le armi in Medio Oriente

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è imbarcato alle quattro di notte (ora locale) per arrivare oggi a New York, dove parteciperà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Unga) con un’agenda fortemente ridimensionata dal contesto, segnato dalla crescente tensione lungo il confine con il Libano, dove Israele è ormai in fase di guerra con Hezbollah.

Tanto che il premier ha ricordato prima di salutare che non si sarebbe fermato finché i cittadini israeliani che vivono al nord non sarebbero potuti tornare nelle loro case — sfollate per ragioni di sicurezza, con di fatto qualche decina di migliaia di persone che vive da sfollati interni perché l’area, da quasi un anno sotto martellamento costante dei missili di Hezbollah.

Mentre Netanyahu finiva di organizzare la sua presenza (addirittura a un certo punto sembrava che non sarebbe nemmeno andato all’Unga), il primo ministro libanese, Najib Mikati, era già negli Stati Uniti, contattato dai funzionari americani per comprendere quale spazio potesse avere l’iniziativa diplomatica pensata dall’amministrazione Biden.

Gli Stati Uniti stanno infatti cercando di sfruttare il contesto dell’Onu per promuovere un muovo sforzo per fermare gli attacchi israeliani in Libano e a creare le condizioni per bloccare l’azione su larga scala prima che sfoci in un vero e proprio conflitto aperto. L’obiettivo di Washington è ottenere una “pausa” nei combattimenti tra Israele e Hezbollah e aprire un dialogo per un accordo più ampio che includa anche la questione degli ostaggi a Gaza. Secondo quanto riportato da Barak Ravid su Axios, sempre in possesso delle migliori informazioni su Israele, l’amministrazione Biden ha avviato una serie di contatti con diverse parti interessate, tra cui Francia, Israele, Libano e altri Paesi arabi, nel tentativo di impedire un’escalation ulteriore.

Le discussioni sarebbero iniziate dopo una telefonata avvenuta lunedì scorso tra Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, e Ron Dermer, ministro israeliano per gli Affari strategici. A conferma di quanto Washington stia investendo su questa iniziativa, il vice consigliere per la sicurezza nazionale, Jon Finer, ha dichiarato che si stanno attualmente coordinando con diverse capitali del mondo e con i rappresentanti delle Nazioni Unite per trovare una soluzione diplomatica al conflitto.

La situazione è particolarmente delicata. Mercoledì mattina, ora locale, Hezbollah ha lanciato un missile terra-terra verso Tel Aviv, sostenendo che l’obiettivo fosse la sede del Mossad. Anche se l’attacco è stato sventato dall’intercettazione del missile, il rischio di un’escalation è palpabile, a maggior ragione se i libanesi iniziano a mettere sui loro bersagli certi target clamorosamente importanti. Le forze armate israeliane continuano a colpire obiettivi di Hezbollah in tutto il Libano, e il governo Netanyahu ha mobilitato due brigate di riserva per rafforzare la presenza militare lungo il confine.

Il contesto diplomatico appare quindi più che mai decisivo. La Casa Bianca sta cercando di ottenere una “finestra di dialogo” che possa scongiurare il rischio di una guerra su larga scala e consentire il ritorno dei civili sfollati nelle loro case su entrambi i lati del confine. Secondo fonti statunitensi, il governo israeliano avrebbe già dato il via libera a discutere questa nuova proposta diplomatica, e le prossime ore saranno cruciali per capire se questa iniziativa potrà portare a un allentamento delle tensioni.

Il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, ha affermato che le prossime 24 ore saranno decisive per evitare una nuova escalation. In questo contesto, l’arrivo di Netanyahu a New York sarà un momento chiave per comprendere quale direzione prenderà la crisi e se ci sarà spazio per una soluzione diplomatica che permetta di evitare un conflitto su vasta scala. Per Washington la necessità è anche evitare un nuovo conflitto nella complessa regione mediorientale ad appena sei settimane dal voto di Usa2024.


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