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Armi a lungo raggio a Kyiv. Blinken e Lammy pronti all’accordo

I due rappresentanti degli esteri sono arrivati mercoledì nella capitale ucraina per confrontarsi con i vertici politici del Paese sulla questione degli attacchi in profondità. Ma c’erano anche altri temi sul tavolo

Tra Kyiv e i suoi partner occidentali continua il dialogo sull’impiego delle armi a lungo raggio oltre i confini tra Ucraina e Russia. A giocare un ruolo pivotale in questa fase della discussione sono il Segretario di Stato americano Anthony Blinken e quello inglese David Lammy, arrivati a Kyiv mercoledì 10 settembre per svolgere una serie di colloqui con alti esponenti dell’amministrazione del Paese dell’Europa orientale, compresi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il nuovo ministro degli Esteri Andrii Sybiha.

I colloqui di mercoledì sono stati incentrati sulla “situazione sul campo di battaglia, sugli obiettivi dell’Ucraina e su ciò di cui ha bisogno per avere successo in futuro”, ha detto Blinken, aggiungendo che il fuoco a lungo raggio era tra gli argomenti trattati, e che avrebbe riportato “La discussione a Washington per informare il Presidente su quanto ho sentito”. Specificando, in modo molto eloquente per il futuro della discussione, che “Fin dal primo giorno, come mi avete sentito dire, ci siamo adeguati e adattati al mutare delle esigenze e del campo di battaglia […] Quando si parla di escalation, abbiamo visto che la Russia ha intensificato i suoi attacchi e ora abbiamo visto che la Russia ha acquisito missili iraniani. Se c’è qualcuno che sta intraprendendo un’azione di escalation, sembra essere Putin. L’escalation è un fattore che consideriamo, ma non è l’unico fattore”.

Lammy si è posizionato sulla stessa linea di Blinken, confermando che i funzionari hanno parlato dell’utilizzo da parte dell’Ucraina di missili a lungo raggio americani e britannici per colpire obiettivi siti in Russia. “Oggi abbiamo avuto conversazioni dettagliate con il Presidente Zelensky. Riconosciamo che l’Ucraina è in prima linea nella lotta per la libertà”. Così come Blinken, anche Lammy ha dichiarato che avrebbe riportato al primo ministro Keir Starmer quanto discusso a Kyiv.

Dal canto suo, il presidente Zelensky ha dichiarato di voler “contare su alcune decisioni forti”. La leadership ucraina sta da tempo esercitando pressioni sugli alleati occidentali per ottenere il permesso di utilizzare i missili a lungo raggio da loro forniti, come gli statunitensi Atacms e i missili da crociera anglo-francesi Storm Shadow, per colpire obiettivi all’interno della Russia, come gli aeroporti o le postazioni da cui partono gli attacchi diretti contro le infrastrutture energetiche e la popolazione civile.

Durante la loro permanenza nella capitale ucraina, entrambi i funzionari si sono esposti anche sull’invio di nuovi aiuti al Paese in lotta con Mosca. Blinken ha annunciato un pacchetto di aiuti statunitensi da settecento milioni di dollari per aiutare a riparare le infrastrutture energetiche dopo i ripetuti attacchi della Russia; Lammy ha annunciato seicento milioni di sterline di aiuti britannici, tra cui duecentoquarantadue milioni di sterline per aiuti umanitari, energia e altre necessità.

Poche ore prima della visita a Kyiv, durante una conferenza stampa congiunta, Blinken e Lammy avevano attaccato Iran e Cina sulla base delle recenti novità riguardanti l’apparente invio di missili a corto raggio da parte di Teheran e di altro materiale militare da parte di Pechino. Un tema su cui sono tornati anche in Ucraina. “Stiamo assistendo a questo nuovo asse: Russia, Iran, Corea del Nord. Stiamo esortando la Cina a non unirsi a questo gruppo di rinnegati” ha dichiarato Lammy da Kyiv.

Altro dettaglio degno di nota è la scelta di Blinken, il quale ha rimarcato di essere a Kyiv anche per ribadire che gli Stati Uniti vogliono che l’Ucraina vinca la guerra. Poche ore prima il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump non ha risposto direttamente a una domanda se volesse che l’Ucraina vincesse, durante il dibattito con la candidata democratica Kamala Harris, limitandosi a dire di volere che il conflitto “si fermi”. Parole che certamente hanno avuto un peso anche al di qua dell’Atlantico.



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