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La morte annunciata di Nasrallah e dei fondamentalisti. L’analisi di D’Anna

Da decenni il leader di Hezbollah viveva nei bunker e proclamava di aver dedicato la vita alla distruzione di Israele. Un odio che gli si è ritorto contro e che ha scatenato il terrificante bombardamento che lo ha ucciso. L’analisi di Gianfranco D’Anna

È morto sotto le bombe, come le migliaia di vittime degli innumerevoli attentati che aveva personalmente ordinato Hassan Nasrallah, il sessantaquattrenne leader delle milizie libanesi degli Hezbollah, braccio operativo grondante di sangue assieme a Hamas, del regime islamico dell’Iran.

Pianificato nei dettagli e portato a termine con micidiali ordigni in grado di penetrare a grandi profondità nei bunker corazzati sotterranei e sprigionare un’onda esplosiva che scatena temperature termiche superiori a quelle necessarie per la fusione dell’acciaio, il blitz dell’intelligence israeliana ha sorpreso Nasrallah nei bunker segreti ritenuti invulnerabili scavati nelle viscere del sottosuolo del quartier generale Hezbollah alla periferia di Beirut e non ha lasciato scampo alla guida suprema delle milizie filo iraniane.

Dopo una involontariamente tragicomica ammissione che il leader era “irraggiungibile”, diffusa dagli Hezbollah per giustificare la mancanza di notizie sulla sua sorte, le agenzie hanno diramato la notizia ufficiale che l’esercito israeliano aveva la certezza della morte di Nasrallah.

Formatosi nelle madrase del terrorismo islamico dell’Iraq e dell’Iran e da oltre 30 anni, su indicazione personale dell’allora guida suprema dell’Iran l’ayatollah Ruhollah Khomeini, al comando dell’organizzazione paramilitare islamista sciita e antiebraica libanese, Nasrallah proclamava in ogni discorso che aveva un unico scopo esistenziale: la distruzione di Israele.

Una dichiarazione ossessiva di odio e morte per il popolo ebraico, che negli anni ha provocato infinite stragi di civili e militari israeliani, ma che alla fine gli si è ritorta contro.

Precedendo le rappresaglie a colpi di attentati e bombardamenti missilistici contro il territorio di Israele, programmate contro l’intervento a Gaza dopo le stragi compite da Hamas, l’intelligence di Gerusalemme ha stroncato definitivamente la minaccia rappresentata da Nasrallah.

La decapitazione della milizia Hezbollah segue di alcune settimane l’eliminazione a Teheran del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e la successiva probabile soppressione del capo operativo a Gaza del gruppo terroristico, Yahya Sinwar.

È la conferma della risoluta determinazione di Israele di colpire inesorabilmente capi e gregari dei gruppi terroristici che attaccano le comunità ebraiche.

Oltre a evidenziare il notevole potenziale militare, sottolineata dalle sorprendenti capacità dell’intelligence di intervenire direttamente sui dispositivi elettronici del fondamentalismo islamico, la rapida sequenza con la quale è stata azzerato il vertice dei gruppi filo iraniani in Libano e a Gaza fa preventivare analoghi interventi contro gli Houthi yemeniti e successivamente contro lo stesso regime iraniano, considerato l’epicentro ideologico, il finanziatore e l’organizzatore del terrorismo internazionale.

Non più occhio per occhio, ma direttamente la decapitazione sistematica del fondamentalismo.



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