Da Giorgia Meloni a Narendra Modi, la sensazione è che tutti concordino sulla necessità di maggiore governance e responsabilità per mitigare i rischi dello sviluppo tecnologico, inevitabilmente al centro del Patto per il futuro siglato alle Nazioni Unite
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, l’ha definito “un passo avanti verso un multilateralismo più efficace, inclusivo e interconnesso”. Nel Patto per il Futuro dell’Onu c’è di tutto, non solo l’ambiziosa volontà di riformare il Consiglio di Sicurezza per renderlo più inclusivo e rappresentativo: dalla necessità di pacificazione nel mondo a uno sviluppo più sostenibile, dalle sfide del cambiamento climatico alla salvaguardia dei diritti umani, passando inevitabilmente per la trasformazione digitale. E quindi per l’intelligenza artificiale, planata al centro dei discorsi dell’Assemblea Generale.
A porre l’accento sulla centralità di questo tema sono stati i vari capi di governo che si sono alternati sul palco del Palazzo di Vetro di New York. Inclusa la premier Giorgia Meloni, che ha sottolineato ancora una volta la deriva che si può prendere qualora non vengano fissati dei paletti chiari entro cui incanalare lo sviluppo tecnologico. “L’intelligenza artificiale è un fenomeno del quale temo che non si abbia ancora sufficiente consapevolezza”, ha dichiarato la presidente del Consiglio nel suo intervento al Vertice del Futuro, chiedendo responsabilità. “L’IA è soprattutto un grande moltiplicatore. Ma la domanda alla quale dobbiamo rispondere è: che cosa vogliamo moltiplicare? Per capirci, se questo moltiplicatore venisse utilizzato per curare malattie che oggi sono incurabili allora quel moltiplicatore concorrerebbe al bene comune. Ma se, invece, quel moltiplicatore venisse utilizzato per divaricare ulteriormente gli equilibri globali, allora gli scenari sarebbero potenzialmente catastrofici. Le macchine non risponderanno a questa domanda. Noi possiamo farlo. Ed è la politica che deve garantire che l’IA rimanga controllata dall’uomo e lo mantenga al centro”.
Una tecnologia antropocentrica, dunque, come più volte è stato sottolineato. Per ottenerla servono inevitabilmente regole certe, limpide, che tutelino sia lo sviluppo sia i diritti delle persone. La premier lo ha ribadito anche di fronte a Elon Musk, ritirando il premio che le ha consegnato l’Atlantic Council proprio tramite il tycoon. “Man mano che sviluppiamo l’intelligenza artificiale, cerchiamo di governare i rischi perché non intendiamo barattare la nostra libertà in cambio di maggiori comodità. Bisogna governarla nel modo giusto, Elon, perché abbiamo gli strumenti per farlo, per scegliere chi vogliamo essere”. La scelta, secondo Meloni, è tra continuare a lamentarsi della decadenza occidentale oppure imparare dagli errori commessi e compiere passi in avanti “per lasciare ai nostri figli un mondo migliore. Che è esattamente la mia scelta”.
A seguirla nel suo ragionamento è stato il primo ministro indiano, Narendra Modi, che ha chiesto una “governance digitale globale”, in cui la sovranità rimanga “intatta”, per porre rimedio agli squilibri che potrebbero nascere da uno sviluppo incontrollato dell’IA. “Serve una regolamentazione equilibrata per un utilizzo sicuro e responsabile”, ha affermato.
In questo contesto si colloca il Global Digital Compact, per conquistare un “futuro digitale aperto, sicuro e protetto per tutti”. Per riuscirci, in cantiere ci sono investimenti nei beni e nelle infrastrutture pubbliche digitale per allargare il numero di destinatari, comprese donne e giovani che devono essere supportate nel loro percorso. Grande importanza va data anche alla salvaguardia dei minori, per cui vanno rafforzare e perfezionate le leggi che li tutela, così come è necessaria una facilitazione d’accesso all’informazione indipendente e verificata per combattere la diffusione di fake news. Infine, quello che sembra emergere dalle discussioni dell’Onu (e non solo), è la richiesta di una governance internazionale, in cui si possa dialogare e collaborare per condividere le prossime sfide.