Il punto di caduta del suo ragionamento è circoscritto alla strategia che l’occidente vorrà mettere in campo: da un lato continuare ad alimentare l’idea del declino, “arrendendoci all’idea che la nostra civiltà non abbia più nulla da dire, né rotte da tracciare”. Dall’altro una risposta diversa e più ambiziosa, ovvero “ricordarci chi siamo, imparare anche dai nostri errori, aggiungere il nostro pezzo di racconto a questo straordinario percorso, e governare quello che accade intorno a noi, per lasciare ai nostri figli un mondo migliore”
Sceglie di accendere un fascio di luce sulle prospettive dell’occidente Giorgia Meloni, ricevendo a New York da Elon Musk il Global Citizen Awards dell’Atlantic Council, a margine dei lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu. Ovvero i due rischi che corre alla voce oicofobia e quando pretende spesso di essere superiore agli altri. Una prospettiva che la presidente del Consiglio indica ricordando un sistema di valori in cui “la persona è centrale, gli uomini e le donne sono uguali e liberi, e quindi i sistemi sono democratici, la vita è sacra, lo stato è laico e basato sullo stato di diritto”.
Perché legare valori e geopolitica
Cita Roger Scruton per menzionare l’oicofobia, ovvero l’avversione verso la propria casa. “Un disprezzo montante, che ci porta a voler brutalmente cancellare i simboli della nostra civiltà, negli Stati Uniti come in Europa”. Meloni, che riporta un recente editoriale di Politico che racconta il suo nazionalismo occidentale, tocca il tema del rinascimento della civiltà occidentale intrecciandolo alle nuove sfide della post modernità e della contingenza internazionale.
Quando sottolinea che l’Occidente rischia di diventare “un interlocutore meno credibile” lo mette in relazione ad un dossier altamente strategico come il Sud Globale che “chiede maggiore influenza”, dal momento che “Nazioni non più soltanto emergenti ma ormai largamente affermate collaborano autonomamente tra loro”. In quel caso, quindi, la realtà è fatta di indirizzi nuovi, dove le autocrazie guadagnano terreno sulle democrazie, “e noi rischiamo di sembrare sempre più una fortezza chiusa e autoreferenziale”.
La risposta dell’Italia, spiega, si ritrova nel Piano Mattei per l’Africa, un modello di cooperazione su base paritaria per costruire un nuovo partenariato a lungo termine con i Paesi africani. “Perché, sì, le crisi si moltiplicano nel mondo, ma ogni crisi nasconde anche un’opportunità, in quanto richiede di mettersi in discussione e di agire”.
Occidente e prospettive
Perché puntare l’indice sul futuro dell’occidente? La premier italiana mette l’accento sull’inevitabile declino dell’Occidente, accompagnato dal fatto che le democrazie non riescono a dare risultati. “Un esercito di troll e bot stranieri e maligni è impegnato a manipolare la realtà e a sfruttare le nostre contraddizioni. Ma ai fan dell’autoritarismo, lasciatemi dire molto chiaramente che difenderemo i nostri valori”, ammonisce. Emerge, più di tutto, la volontà di elaborare un pensiero conservatore alternativo a quella cultura woke che mina i valori e simboli occidentali come se volesse vergognarsene.
Quando cita Ronald Reagan (“Soprattutto, dobbiamo renderci conto che nessun arsenale, o nessuna arma nell’arsenale del mondo, è così formidabile quanto la volontà e il coraggio morale degli uomini e delle donne liberi. È un’arma che i nostri avversari nel mondo di oggi non hanno”) vuole puntare l’attenzione sul combinato disposto tra libertà e valori, ovvero le armi di cui gli avversari hanno più timore. Per questa ragione non si può mettere da parte “la forza della nostra identità, perché sarebbe il miglior regalo che possiamo fare ai regimi autoritari”.
Patriottismo contro declinismo, dunque, prendendo spunto da Giuseppe Prezzolini, secondo cui “chi sa conservare non ha paura del futuro, perché ha imparato le lezioni del passato”. Il futuro, oggi, si chiama guerra. Certamente, aggiunge, l’Italia difende l’Ucraina perché consapevole del caos dato da un mondo nel quale prevale la legge del più forte; combatte i trafficanti di esseri umani perché ricorda che secoli fa ha combattuto per abolire la schiavitù, difende la natura e l’umanità, perché sa che senza l’opera responsabile dell’uomo non è possibile costruire un futuro più sostenibile.
Governare l’IA
Spazio anche per l”IA, dopo la convergenza del premier indiano Modi che ha parlato proprio ieri di governance digitale globale per affrontare gli “squilibri” che potrebbero sorgere da uno sviluppo incontrollato di tecnologie come l’intelligenza artificiale. La stessa tesi più volte ribadita da Meloni in questi due anni al governo e che, ieri, ha nuovamente sottolineato da New York: “Tentiamo, mentre sviluppiamo l’intelligenza artificiale, di governarne i rischi perché abbiamo combattuto per essere liberi e non intendiamo barattare la nostra libertà in cambio di maggiore comodità. Noi sappiamo leggere questi fenomeni perché la nostra civiltà ci ha regalato gli strumenti per farlo”.
Per cui il punto di caduta del suo ragionamento è circoscritto alla strategia che l’occidente vorrà mettere in campo: da un lato continuare ad alimentare l’idea del declino, “arrendendoci all’idea che la nostra civiltà non abbia più nulla da dire, né rotte da tracciare”; dall’altro una risposta diversa e più ambiziosa, ovvero “ricordarci chi siamo, imparare anche dai nostri errori, aggiungere il nostro pezzo di racconto a questo straordinario percorso, e governare quello che accade intorno a noi, per lasciare ai nostri figli un mondo migliore”.