Skip to main content

Piano Mattei e Ucraina. L’Italia che piace negli Usa secondo Pagliara

“Gli Stati Uniti vedono positivamente la propensione di Meloni di stabilire un nuovo rapporto con l’Africa, non basato su un neocolonialismo ma su un rapporto tra pari”, spiega l’inviato Rai a Formiche.net. “L’immigrazione? Le ricette italiane possono effettivamente essere motivo di riflessione qui”

“Roma è uno degli alleati americani più affidabili sul fronte della politica internazionale, ed è stato molto importante per gli Stati Uniti averla a fianco nella costruzione di un fronte antirusso in Ucraina”. Questo uno dei passaggi che Claudio Pagliara, giornalista, scrittore, corrispondente della Rai dagli Stati Uniti, dopo esserlo stato dalla Cina e da Israele, autore de “La Tempesta Perfetta” per Piemme, affida a Formiche.net ragionando sul rapporto tra Roma e Washington, non solo alla luce della consegna a Giorgia Meloni del Global Citizen Awards, ma complessivamente rispetto alla postura che il governo ha inteso adottare sulla politica estera.

Qual è l’aspetto che l’ha colpita maggiormente del discorso di Giorgia Meloni al gala dell’Atlantic Council?

Certamente il riferimento a questo orgoglio di essere occidentali, senza la presunzione di dare lezioni agli altri, ma senza neanche il timore di apparire non politicamente corretta. C’è soprattutto qui negli Stati Uniti una diffusa ritrosia a rivendicare i valori dell’Occidente e spesso chi li rivendica con forza viene anche criticato nelle università e in molti altri ambienti. Quindi mi ha molto colpito proprio il suo voler rivendicare con forza che l’Occidente ha dei valori importanti che sono poi quelli della democrazia della libertà, con tutti i nostri difetti e i nostri limiti, e che con questi valori possiamo giustamente parlare al resto del mondo senza rinnegare nulla, ma collaborare anche con chi viene da un altro percorso culturale.

Ha visto anche la volontà di avanzare una critica costruens all’Occidente, oltre che sottolinearne le criticità?

Sì, ha rivendicato con forza che cosa l’Occidente ha fatto di buono, ovvero la difesa della libertà e dei valori. Naturalmente questo, nel contesto internazionale delle guerre che stiamo vivendo, ha un significato ben preciso per l’Italia in particolare: il sostegno all’Ucraina contro l’invasione e quindi la violazione dei principi di sovranità nazionale, di libertà e di autodeterminazione dei popoli. Si tratta di un principio che viene dalla cultura occidentale e senza dubbio la presidente del Consiglio ha rivendicato con forza tutto ciò. Penso che questo sia un messaggio molto importante.

Un altro messaggio è stato rivolto alle sfide future: l’IA.

Il comprendere che l’intelligenza artificiale, come tutte le tecnologie ma forse più di tutte quelle che abbiamo finora sperimentato, è un’arma a doppio taglio, significa due cose: un grande progresso per l’umanità ma anche la sua potenziale distruzione. E quindi è stato ancor più significativo rivendicare davanti a Elon Musk, che insomma è uno degli artefici di questa rivoluzione, il fatto che la politica deve governare questo processo, proprio per evitare che questa grande opportunità diventi il suo contrario.

Due elementi come il Piano Mattei e il Sud globale come si inseriscono nelle relazioni fra Italia e Stati Uniti?

Gli Stati Uniti apprezzano moltissimo il fatto che l’Italia abbia avanzato il Piano Mattei per l’Africa e provi a costruire ponti con il nostro sud più vicino che poi è quello appunto del nord Africa, così importante per i flussi migratori e anche per prospettive di sviluppo del nostro sistema Paese. Lo apprezzano moltissimo perché, come sappiamo, dagli Stati Uniti l’Africa è stata molto negletta e questo vuoto è stato occupato dalla Cina che gli Usa considerano ormai un competitor globale e ritengono che sia molto pericoloso lasciare un vantaggio, sia tecnologico che ovviamente di mercati, alla Cina anche per il sistema di valori diverso dal nostro che quel regime incarna. Per cui, alla luce di tutto ciò, vedono positivamente la propensione di Giorgia Meloni di stabilire un nuovo rapporto con l’Africa, non basato su un neocolonialismo ma su un rapporto tra pari dal quale possono trarre vantaggio entrambi.

Lo sviluppo dell’Africa e lo sviluppo dell’Italia possono essere messi insieme?

Certo, anche per dare allo stesso tempo risposte a due esigenze: quella di far uscire l’Africa dalla povertà e dalla instabilità politica; e naturalmente quella di dare un futuro ai giovani che nei Paesi africani vivono e da cui attualmente spesso fuggono, o per le guerre o proprio per mancanza di prospettive economiche. Quindi questa proiezione di Meloni è stata un credo di grande ispirazione negli Stati Uniti che si rendono conto che hanno esattamente un problema speculare, con cifre anche molto più grandi delle nostre, con il Sud America. Anche Joe Biden e Kamala Harris hanno parlato spesso di risolvere la causa dell’immigrazione alle radici, ma finora su quel fronte hanno fatto molto poco; è anche il motivo per cui Donald Trump su questo fronte è in vantaggio, perché il flusso migratorio degli ultimi quattro anni, anche a detta di molti democratici moderati, è stato eccessivo e ha messo sotto pressione il sistema di accoglienza, creando una varietà di problemi e di prosciugamento di risorse in tutto il Paese, in particolare nelle grandi metropoli che hanno attirato questi migranti. Insomma, le ricette italiane possono effettivamente essere motivo di riflessione negli Stati Uniti e credo che questo sia anche una delle ragioni per cui il Piano Mattei ogni volta che Meloni è venuta alla Casa Bianca e lo ha presentato è sempre stato accolto con grande favore dall’amministrazione democratica.

Sul palco di Manhattan lo scorso anno c’era Zelensky, due sere fa Meloni: cosa è cambiato, secondo la sua percezione, in questi due anni anche nell’immaginario collettivo statunitense e agganciandolo alle relazioni italo-americane?

Zelensky qui in questi giorni è stato convocato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove c’è una stata conferenza ad alto livello di tutti i Paesi che aiutano l’Ucraina. Sempre qui nell’ambito delle Nazioni Unite viene ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Biden. Non credo ci sia nessun altro leader straniero che abbia incontrato così tante volte Biden nell’arco degli ultimi tre anni. L’Italia viene molto considerata, e di questo non c’è alcun dubbio, anche nei discorsi con alti funzionari dell’amministrazione. Roma è uno degli alleati più affidabili sul fronte della politica internazionale, ed è stato molto importante per gli Stati Uniti averla a fianco nella costruzione di un fronte antirusso. Sappiamo benissimo che non era facile, per via dell’influenza russa in Italia molto forte nel settore energetico e quindi non era scontato avere l’Italia così a fianco dell’Ucraina, con i suoi distinguo per carità: sul punto vediamo che anche l’amministrazione Biden ci va con i piedi di piombo.

Ovvero?

Ancora Biden non ha concesso a Zelensky di usare le sue armi in profondità nel territorio russo. E noi siamo contrari. Questa è una posizione molto chiara. Anche la Germania è contraria. Forse l’unico Paese che preme invece per cambiare queste regole di utilizzo delle armi è la Gran Bretagna. Però direi che sull’allineamento dell’Italia durante il conflitto in Ucraina c’è assolutamente un grande apprezzamento da parte dell’amministrazione Biden per il ruolo che ha giocato Giorgia Meloni da quando è diventata presidente del Consiglio. Non era scontato che un governo di centrodestra avesse una posizione del genere e quindi è doppiamente apprezzato il fatto che, invece, su questo tema così importante per gli Stati Uniti c’è stata un’ampia condivisione.



×

Iscriviti alla newsletter