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Prove di deterrenza. La Cina testa un missile intercontinentale nel Pacifico

Dopo decenni passati a nascondere i propri progressi nel campo della missilistica, Pechino annuncia il test di un vettore intercontinentale. Il lancio, avvenuto il 25 settembre, è stato condotto senza utilizzare una testata nucleare e avrebbe fatto parte di un’attività addestrativa di routine, ma nasconde in realtà un messaggio ben più ampio

Erano oltre quarant’anni che la Cina non annunciava pubblicamente la conduzione di un test missilistico, da quando, nel 1980, lanciò con successo il suo primo missile intercontinentale, il DF-5, che percorse oltre 8mila chilometri prima di precipitare nell’oceano Pacifico meridionale. Il test odierno è stato condotto dalla Forza missilistica dell’Esercito popolare di liberazione (Plarf) alle 8:44 locali (2:44 ora italiana). Le autorità cinesi non hanno rilasciato dettagli circa il tipo di missile impiegato, né sulla traiettoria seguita o il punto di impatto, limitandosi a specificare che il missile balistico, che trasportava una testata da addestramento, “è atterrato con precisione nel zona marittima predeterminata” nell’oceano Pacifico. L’agenzia stampa di Stato cinese, Xinhua, ha dichiarato che il lancio “ha testato efficacemente le prestazioni di armi ed equipaggiamenti e il livello di addestramento delle truppe, raggiungendo gli obiettivi attesi”, aggiungendo che il test era stato preventivamente notificato agli Stati interessati, pur senza specificare quali. Un portavoce del governo giapponese sostiene che Tokyo non era stata informata del test, aggiungendo però che nessuna delle sue navi è stata danneggiata.

Perché il Dragone ha rotto il silenzio

Il test e la sua notifica arrivano in un momento particolare per gli equilibri nel Pacifico. Alle ormai quasi giornaliere manovre aeronavali intorno e all’interno della Air defence identification zone (Adiz) di Taiwan, Washington e i suoi Alleati — tra cui l’Italia — hanno risposto intensificando l’attività addestrativa nei mari prospicienti alla Repubblica popolare cinese. In risposta a queste attività, la Cina ha condotto delle esercitazioni navali congiunte con la Russia e ha intensificato l’attività della propria Guardia costiera nel mar Cinese Meridionale. Benché sia noto che Pechino, come tutte le grandi potenze, conduce spesso test missilistici, la decisione di renderlo pubblico comporta importanti implicazioni. Negli ultimi anni, la Cina ha nettamente aumentato il suo grado di assertività nella regione del Pacifico, reclamando aree marittime estese e ostacolando le attività di altri Stati rivieraschi. La dimostrazione muscolare, perché di questo si tratta, costituita dal lancio dell’Icbm (Inter-continental ballistic missile) si inserisce pertanto in un più ampio scenario di tensioni che spazia da una sponda all’altra del Pacifico, e rappresenta un segnale che punta a intimidire gli Usa e i loro Alleati, Giappone e Filippine in particolare. Si ritiene che il missile impiegato possa essere il DF-41 (il più recente sviluppato dalla Cina), capace di coprire una distanza stimata tra i 12 e i 15mila chilometri e di colpire ovunque nel territorio degli Stati Uniti. Solitamente la Cina conduce i propri esperimenti balistici nei suoi deserti occidentali, al riparo da occhi indiscreti. Stavolta, invece, lo fa davanti a tutti e lo annuncia a gran voce. La mossa pubblica di Pechino si inserisce pertanto negli schemi convenzionali della deterrenza nucleare strategica, come avvertimento circa le capacità missilistiche a lungo raggio della Cina. Il dato che più deve far riflettere è che, dopo anni di silenzio e test tenuti segreti, Pechino ritiene di aver raggiunto un grado sufficiente di sviluppo del suo programma missilistico, tanto da farne un nuovo strumento di pressione pubblica sui suoi rivali.

La forza missilistica cinese (Plarf)

La Cina punta così tanto sulle sue capacità missilistiche, sia strategiche sia tattiche, da aver destinato, fin dal 1966, un’intera branca delle proprie Forze armate all’impiego di questi equipaggiamenti. Diversamente dagli eserciti occidentali, in cui i missili sono adoperati da tutte le branche delle Forze armate o, tutt’al più, dall’Aeronautica, la Plarf sovrintende a all’armamento missilistico di Pechino, dai missili da crociera a quelli ipersonici, più ovviamente ai missili balistici. La Plarf dispone di un organico di circa 300mila unità, dislocate su sei basi di lancio più due di supporto logistico, e si ritiene che costituisca il più grande arsenale missilistico al mondo per i lanci da terra, con quasi 2mila vettori di varie tipologie e circa 500 testate nucleari. Il suo compito, oltre a quello di provvedere alla deterrenza strategica, è di appoggiare le operazioni condotte dalle altre branche delle Forze armate (in particolare la Marina) in caso di conflitto. In caso di scontro nello stretto di Taiwan, la Plarf sarebbe la prima a colpire, potendo bersagliare sia Taipei sia ogni altra forza straniera. Una dimostrazione delle capacità di schieramento rapido della Plarf fu data nel 2022 quando, in risposta alla visita a Taiwan dell’allora speaker della Camera Usa Nancy Pelosi, condusse un’esercitazione lanciando salve di missili all’interno dello stretto. 


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