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Russia e Cina aiutano gli Houthi per la nuova globalizzazione artica?

Mentre i ribelli yemeniti destabilizzano l’Indo Mediterraneo, Russia e Cina segnano nuovi successi sull’implementazione della rotta artica per collegare Europa e Asia. Coincidenze, speculazione, analisi

La speculazione più suggestiva e preoccupante sulle ragioni che hanno mosso gli Houthi a destabilizzare la rotta geoeconomica indo-mediterranea, quella che va da Suez al Mar Arabico, dice così: i ribelli yemeniti si muovono su indicazione di dante causa che hanno approfittato della situazione per disarticolare la connettività euro-asiatica classica e crearne una alternativa. Quei dante causa non sono tanto il protettore e finanziatore iraniano, ma Russia e Cina, che avrebbero approfittato della situazione anche (soprattutto?) per promuovere in concordanza lo sviluppo della rotta del Nord.

Ossia, gli Houthi sarebbero stati usati dalle potenze revisioniste per spingere un grande piano di rinnovamento della globalizzazione. La teoria trova realistico supporto nel fatto che sia la Russia che la Cina, quanto l’Iran per ciò che può, intendono farsi traino di quelle istanze che chiedono di rivedere il sistema della governance globale — e dunque anche i lineamenti geoeconomici che avvolgono il pianeta. Il professore Steve Tsang (SOAS) ha fornito su queste colonne un’analisi del pensiero di Xi Jinping a proposito di questo grande piano strategico.

Un collegamento da Nord, artico, permetterebbe alla Russia di aver controllo territoriale sulla gran parte della rotta di collegamento e alla Cina di evitare i più critici passaggi indo-pacifici, come lo Stretto di Malacca e quello di Taiwan, nonché le strozzature dell’Indo Mediterraneo. Nel piano di lungo termine, quello dall’Artico — che sfrutterebbe anche lo scioglimento dei ghiacci dovuto al global warming — diventerebbe la rotta principale Europa-Asia, comodo anche per la catena produttiva nordeuropea. E qui il piano sino-russo prova a incrociare gli interessi di Paesi Ue come la Germania o l’Olanda — disposti su una distanza intermedia. Quello da sud diventerebbe una connettiva secondaria, quasi a servizio regionale — e questo permetterebbe all’Iran di averne un maggiore controllo, mentre soprattutto la Cina rafforza comunque la sua presenza nell’Oceano Indiano (ragione per cui anche gli Usa intendono implementarvi le attività).

Nonostante la costruzione sia affascinante non c’è niente di concreto, se non slanci analitici. Russia e Cina non hanno mai fatto dichiarazioni su tale piano, e con ogni probabilità mai ne faranno. Tanto meno gli Houthi. Ma il fascino resta. Gli Houthi hanno sempre detto che la loro campagna nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden serve per mostrare solidarietà con i palestinesi nella Striscia di Gaza, martoriati dalla guerra tra Israele e Hamas. È noto però che questa è una ragione parziale, perché nei piani reali degli ex-ribelli che ora controllano messo Yemen c’è anche la volontà di dimostrare forza al tavolo negoziale nel quale si deciderà il futuro del Paese — che il gruppo nordista vorrebbe in qualche modo diviso, per poterne amministrare la porzione settentrionale.

Recentemente il comandante della Quinta Flotta statunitense, l’ammiraglio George Wikoff che coordina le forze navali americane nel quadrante mediorientale, ha respinto pubblicamente l’idea che gli Houthi stiano agendo per pura solidarietà ai palestinesi, notando che il gruppo terroristico è “un’arma in cerca di un motivo per usarla” (sottinteso “nelle mani di qualcuno”). Wikoff sostiene che anche riguardo al rifornimento armato iraniano c’è da fare delle considerazioni: “C’è una nuova linea di rifornimento in questo momento che stiamo monitorando, fra tutte le linee di rifornimento che arrivano agli Houthi, e non crediamo che queste operazioni siano limitate solo agli iraniani”.

È facile che in mano agli yemeniti possano esserci già armi di origine cinese, ma questo non vuol dire che la Cina stia usando gli Houthi per i propri interessi, perché le armi potrebbero essere arrivate agli Houthi per triangolazioni e traffici di vario genere. Da inizio mese inoltre si parla della presenza di unità speciali del Gru russo in Yemen, che stanno aiutando gli yemeniti: è una concretizzazione del piano? Vero anche che sia Mosca sia Pechino possano usano la destabilizzazione in forma anti-occidentale, per esempio accusando Usa e Ue di esserne motivo, dato il loro sostengo a Israele. È un adattamento tattico di una narrazione strategica. Sfruttare il contesto in senso narrativo basta per collegare quanto accade nell’Indo Mediterraneo a un piano enorme, come la costruzione di catene di distribuzione sino-russe nell’Artico?

Un rapporto non classificato pubblicato a giugno dalla Defense Intelligence Agency statunitense ha rilevato che il trasporto di container nella regione indo-mediterranea era crollato del 90% da dicembre 2023 a metà febbraio 2024. Ora è ripreso, ma solo in parte, anche perché né l’intervento difensivo europeo né quello armato anglo-americano sono stati sufficienti per fermare gli yemeniti — e in questi giorni siamo a un passo dal disastro ambientale e assistiamo a un aumento del coordinamento propagandistico tra il gruppo e Haezbollah. In questo senso, la globalizzazione è già stata modificata, perché il mercato è resiliente e sta tentando di riassorbire, normalizzare la deviazione che diverse compagnie hanno imposto ai loro cargo verso Capo di Buona Speranza, circumnavigando l’Africa a costi maggiori pur di evitare gli Houthi.

Ora c’è un elemento in più: perché è vero che mentre la rotta indo-mediterranea perde consistenza, si concretizza di fatto la cosiddetta “Rotta Artica”. E però, c’è anche la possibilità di coincidenza e c’è un progetto (quello russo) nell’Artico che dura da anni (con tanto di preparazione di una flotta speciale): per esempio, chi ricorda la reazione di Vladimir Putin al blocco di Suez imposto dall’incaglio della Ever Given? In questi giorni, la portacontainer NewNew Star è diventata la più grande nave non-rompighiaccio a transitare nell’Artico. Simbolo dell’ampio sforzo da parte di Cina e Russia per sfruttare le rotte marittime settentrionali, la nave, di proprietà della hongkonghese Yangpu NewNew Shipping, ha spostato i suoi 3.534 TEU da Nansha, porto nel Guangdong, a San Pietroburgo. E mentre la stessa compagnia di navigazione sta pensando di creare servizi stagionali con navi più grandi, altre navi importanti si muovono per quelle rotte. La Xin Xin Hai 1 sta finendo un viaggio in direzione est con destinazione Rizhao, nello Shandong, mentre la Xin Xin Hai 2 sta completando — scortata da un rompighiaccio russo a propulsione nucleare — il suo secondo transito che collega Arkhangelsk (nome internazionale della capitale dell’oblast di Arcangelo) con Tianjin.

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