Con il ministro Fitto, prossimo Commissario Europeo, il Pd avrà un rapporto istituzionale perché un conto è la dialettica interna, un conto è avere rapporti con chi deve rappresentare il Paese in Ue. Fra i partiti del campo largo, sul sostegno alla causa ucraina, ci sono sensibilità differenti. Ma il nodo si potrà sciogliere cercando dei punti di caduta anche in sede europea. Le contraddizioni non mancano neanche a destra. Conversazione con il senatore del Pd, Alessandro Alfieri
Incassato il plauso degli imprenditori al forum di Cernobbio, la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein mette in fila cinque punti per tornare al governo e cercare di scalzare l’attuale maggioranza. Legittimo, dalla prospettiva di chi è all’opposizione e sta cercando di fungere da traino rispetto a tantissime sensibilità che compongono il cosiddetto Campo Largo. Tuttavia, proprio da Schlein, è arrivata una parziale apertura nei confronti della candidatura del ministro Raffaele Fitto a Commissario Europeo. “Un conto è la contrapposizione che appartiene alla dialettica interna. Un altro piano è il rapporto con chi rappresenterà il nostro Paese a livello europeo”. Lo dice a Formiche.net il senatore del Pd, Alessandro Alfieri.
Quale sarebbe il distinguo?
La dialettica interna presuppone un livello di scontro, talvolta anche aspro. Qui invece si sta parlando del ministro che probabilmente rappresenterà in seno alla Commissione il nostro Paese a livello europeo. Il Pd, e lo ha chiarito bene la nostra segretaria nazionale, è un partito che ha un grande senso delle istituzioni. Per cui l’atteggiamento verso Fitto sarà caratterizzato da una corretta postura istituzionale.
Qual è il nostro posizionamento in Europa, al momento?
Il governo si è fatto degli autogol clamorosi. Per intenderci: non ha votato contro Costa neanche Orban. Tuttavia l’Italia è un grande Paese per cui è ragionevole immaginare che avremo delle deleghe importanti. Anche sulla base della delega che avremo come Paese, ci comporteremo di conseguenza nei confronti di Fitto.
Che cosa intende dire?
Se avremo una delega all’altezza della nostra storia e della nostra importanza, avremo senz’altro un atteggiamento costruttivo e di rispetto istituzionale. D’altra parte, se all’Italia sarà riservata una delega minore, ci riserviamo il nostro diritto di critica. Mai come in questa fase, sarà importante sul piano europeo lavorare per costruire alleanze e intese soprattutto sui temi strategici così come è stato fatto nella precedente legislatura.
Fitto sotto questo profilo è una garanzia per il governo, non è un uomo di rottura.
Vero. Peraltro il ministro è molto introdotto a livello europeo e ha lavorato a Bruxelles. Il giudizio su come, da ministro, ha gestito il Pnrr è negativo. Ma ci riserviamo di valutare – scevri da pregiudizi – il suo lavoro da Commissario europeo.
Arriviamo al campo largo. Oggi sul Corriere, Paolo Mieli muove alcuni – giusti – rilievi sulle ambiguità italiane, a destra e a sinistra, sul sostegno alla causa ucraina. Costruire, come vorrebbe Schlein, un’alternativa di governo alla maggioranza su posizioni molto diverse sulla politica estera non è facile, non trova?
Differenze tra i partiti del campo largo, sul sostegno all’Ucraina, ce ne sono. È inutile negarlo. D’altra parte però rivendico il fatto che il Pd sul sostegno a Kyiv non ha mai avuto esitazioni come peraltro ha più volte confermato la nostra segretaria nazionale, Schlein. Penso che però si possano trovare punti di sintesi, con gli alleati, per costruire una proposta che contemperi le diverse sensibilità.
Un punto di caduta che si basa su quali presupposti?
Sul fatto che, a livello europeo ad esempio, si possano trovare delle convergenze su diversi temi. Anche sulla difesa comune europea, da parte del Movimento 5 Stelle, ci sono state delle aperture. Quelli legati alla politica estera, in particolare sull’Ucraina, non sono nodi che si sciolgono da un momento all’altro. Ci vogliono tempo e pazienza. Fermo rimanendo che anche il governo…
Mieli infatti rileva che, mentre su Israele c’è quasi sempre una posizione quasi univoca, sulla Russia ci si fanno sempre tanti scrupoli.
Sono tante le motivazioni che determinano questa posizione da parte dell’esecutivo. Benché Giorgia Meloni sia sempre stata molto chiara nel sostegno all’Ucraina, la maggioranza è composta da varie anime: la Lega in passato ha avuto delle posizioni filo-russe molto marcate. E comunque alcune simpatie fa fatica a debellarle anche adesso. Va detto comunque che, storicamente, il nostro Paese ha sempre avuto un’attenzione particolare nel tenere buoni rapporti con la Russia.