Skip to main content

Socialisti contro Fitto? Pombeni spiega perché sbagliano

Lo stop a Fitto commissario? “In questo gioco da politicanti si mettono in risalto due aspetti: i rapporti con le componenti socialiste europee in crisi e una parte del cosiddetto campo largo che è vittima dell’idea del muro contro le destre. Schlein prova a fare lo slalom, me si rende perfettamente conto che la soluzione giusta è ottenere l’incarico per Fitto, ma vorrebbe farlo senza perdere la verginità”. Conversazione con il politologo Paolo Pombeni

“I socialisti europei possono aver bloccato la Commissione europea per poter portare a casa qualcosa (e quindi solo dopo rientrare nei ranghi) oppure per restare prigionieri di un ideologismo che non ha senso. Naturalmente voglio sperare che sia vera la prima ipotesi”.

Questo l’auspicio affidato a Formiche.net da Paolo Pombeni, politologo storico, tra i più autorevoli del nostro Paese, oltre che professore emerito all’università di Bologna, dopo le posizioni contrarie alla nomina di Raffaele Fitto a Commissario europeo. Ciò fa parte della crisi dell’Europa, osserva, che sconta la mancanza di leadership: “Per fare una sintesi, direi che è venuto meno Delors o è venuto meno uno spirito, per usare un’immagine un po’ ridondane”.

La posizione dei Socialisti contro Ursula rischia di minare l’unità di intenti europea in un momento caratterizzato dalle crisi in Germania e Francia?

Sì, senza dubbio. Naturalmente ci sono due modi di vedere la realtà europea: uno è quello di considerare che l’Europa sia una specie di superstato, più o meno come gli altri, in cui valgono le regole delle maggioranze politiche. Il che ovviamente, a mio modesto giudizio, non è perché le elezioni sono in gran parte nazionali, ma perché la costruzione dell’Unione europea non è questa. In questa confusione un ruolo fondamentale lo gioca il Consiglio quindi è necessario avere un equilibrio fra una maggioranza politica interna al Parlamento europeo che non può essere una maggioranza di tipo strettamente simile a quella dei Parlamenti nazionali; e la necessità di avere un concorso da parte almeno dei Paesi più importanti all’interno del Consiglio europeo.

Il Pd oggi con Elly Schlein sbaglia a prendere tempo sul nome di Raffaele Fitto, dopo che la scorsa settimana era arrivato il via libera da vari esponenti, come Antonio Decaro?

È chiaro che in questo gioco da politicanti si mettono in risalto due aspetti: i rapporti con le componenti socialiste europee che sono componenti in crisi, perché francesi, tedeschi e spagnoli vogliono fare i primi della classe; e una parte del cosiddetto campo largo che è vittima dell’idea del muro contro le destre. Quindi secondo me Schlein prova a fare lo slalom, me si rende perfettamente conto che la soluzione giusta è ottenere l’incarico per Fitto, ma vorrebbe farlo senza perdere la verginità.

Proprio il giorno dopo della presentazione del rapporto-Draghi, in cui si traccia una visione programmatica e non di corto respiro sull’Europa, c’è questo stop alla commissione. Che segno è?

Ciò fa parte della crisi dell’Europa, che sconta la mancanza di leadership: per fare una sintesi, direi che è venuto meno Delors o è venuto meno uno spirito, per usare un’immagine un po’ ridondante. Draghi si propone in quest’ottica, nel senso che fa una proposta molto interessante ma difficilmente sostenibile. In pratica 800 miliardi l’anno di investimenti sono un obiettivo più che ambizioso, ma fuori dalla realtà. Per cui secondo me Draghi ha avanzato una specie di presa di posizione a favore della storia, ovvero per lasciare il segno e dire a tutti: “Guardate che io avevo detto che andavamo a sbattere e ve lo dico palese palese”.

Il Ppe minaccia: “senza di noi bocciati i commissari S&D”. Impasse o svolta?

La politica è sempre in parte un’arte di compromesso, una specie di gioco al rilancio. Quindi bisogna vedere se i socialisti, come dire, mostreranno il viso dell’armi per portare a casa qualcosa e quindi solo dopo rientreranno nei ranghi, oppure se davvero sono e restano prigionieri di un ideologismo che non ha senso. Naturalmente voglio sperare che sia vera la prima ipotesi, cioè che alzino la posta nel tentativo ottenere un beneficio. Spaccare tutto non è nell’interesse di nessuno a cominciare da quei socialisti francesi, tedeschi e anche spagnoli che non possono aspettarsi niente da un’Europa in crisi.

E se i socialisti mostrassero un piglio ideologico e meno pragmatico cosa accadrebbe?

Un’enorme impasse, con l’apertura di una lunga fase di guerriglia interna. Ma vorrei che qualcuno si ricordasse cosa è accaduto quando c’è stata la guerriglia della Thatcher contro la Commissione: la guerriglia non è una cosa che aiuta, ma blocca ed è una cosa che in questo momento delicatissimo con due guerre aperte e una situazione economica tutt’altro che rosea apre scenari molto preoccupanti.

Una Commissione Ue bloccata a poche settimane dalle elezioni Usa è un ulteriore motivo di preoccupazione?

Se l’Europa entra in una spirale di inefficienza produce un disastro per il futuro del mondo e non aiuta nessuno, perché non è interesse neanche della Cina e dell’America avere un’Europa debole. Parliamoci chiaro: lo sviluppo è un fatto globale mai fatto prima, per cui alcuni vanno avanti succhiando il sangue degli altri. Questa è una visione molto infantile della politica.


×

Iscriviti alla newsletter