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Sottomarini e forze anfibie in mezzo alle comunicazioni tra Usa e Cina

I comandanti militari di Usa e Cina che gestiscono il teatro operativo indo-pacifico si sono parlati. Le comunicazioni continuano, alla pari del dispiegamento di assetti strategici, dalle unità anfibie ai sottomarini

In un passo significativo verso la gestione formale delle tensioni militari, l’ammiraglio Samuel Paparo, capo delll’Indo-Pacific Command degli Stati Uniti, ha avuto un colloquio in videoconferenza con il generale Wu Yanan, ufficiale che guida il Comando del Teatro Meridionale cinese. L’ultimo incontro del genere tra comandanti di teatri strategici operativi c’era stato a maggio 2022 (in occasione di quell’edizione dello Shangri-La Dialogue), poi le comunicazioni erano state interrotte a seguito della visita a Taiwan dell’allora presidente della Camera statunitense, Nancy Pelosi, nell’agosto 2022. Successivamente le relazioni sono ripartite, ma sempre nel generale clima di sfiducia che accompagna la competizione tra potenze.

La videochiamata, descritta come costruttiva da entrambe le parti, si è concentrata su questioni di sicurezza urgenti, inclusa la crescente tensione nel Mar Cinese Meridionale — dove la Cina sta aumentando le attività contro le Filippine, che hanno a loro volta aggiornato quest’anno il trattato di mutua difesa con gli Usa. Secondo il readout statunitense, Paparo ha esortato la Cina a riconsiderare le tattiche “unsafe” messe in atto nella regione, avvertendo che tali azioni aumentano il rischio di calcoli errati o conflitti accidentali. È il grande tema: cosa succede se in una delle spregiudicate manovre cinesi (anche di law enforcement) si crea un incidente mortale, e per esempio Manila chiede conto a Washington di rispondere nell’ottica del loro accordo?

Per gli Stati Uniti, i colloqui rappresentano un tentativo prudente di stabilizzare i rapporti militari e gestire i teatri operativi in cui le attività del Pentagono (e alleati) si sovrappongono – fisicamente, geograficamente – a quelle dell’Esercito popolare di liberazione. In un contesto di relazioni sempre più tese, caratterizzate da scontri su violazioni dello spazio aereo e un’escalation delle manovre navali (da Taiwan al Mar Cinese fino al Giappone e all’Alaska), la comunicazione è l’unica forma di disinnesco preventivo di eventuali flahspoint.

Lo scambio di military diplomacy tra Paparo e Wu segue mesi di sforzi diplomatici, inclusi gli incontri a Pechino del mese scorso tra il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan e la leadership del Partito/Stato, volti a mantenere aperto il dialogo e prevenire malintesi, e a organizzare un nuovo faccia a faccia tra leader. In quell’occasione Sullivan aveva anche parlato con Zhang Youxia, vicepresidente della Commissione Militare Centrale cinese (era stato il primo incontro tra un funzionario statunitense e una figura cinese in quel ruolo dal 2018).

Il Pentagono chiede da tempo di ripristinare oltre ai canali più politici anche quelli pratico-operativi. Ma sebbene questi colloqui stiano ripartendo, rappresentano un modesto disgelo in una relazione altrimenti glaciale. “Sono molto scettico sul fatto che qualsiasi nuovo canale military-to-military cambierà gli interessi e gli obiettivi tra le due parti. Apparentemente, ad oggi, sembra impossibile una congruenza di sostanza, tuttavia è anche vero che la comunicazione è fondamentale e tutto è meglio di niente”, spiega un osservatore dall’ambiente militare.

Sottomarini e mezzi anfibi: show militari oltre la diplomazia

Evitare incidenti è una necessità anche perché entrambe le potenze sono costantemente impegnate in esercitazioni. In questi giorni sono uscite le immagini della più grande e avanzata nave da guerra anfibia della marina cinese integrata, per la prima volta, con il gruppo da battaglia della portaerei dello Shandong nel Pacifico occidentale, a est di Taiwan, durante un’esercitazione ad agosto. È una dimostrazione di capacità che si incrocia con le esercitazioni congiunte tra Usa e Corea del Sud, condotte dalle forze anfibie dei rispettivi Paesi. Ma anche con il dispiegamento americano attuale nell’Indo Pacifico.

Dopo lungo tempo, gli Stati Uniti non hanno una portaerei nella regione, ma solo unità d’assalto anfibio. Aspetto contestato da chi crede che potrebbe apparire come un arretramento nell’architettura di deterrenza indo-pacifica, con due portaerei trascinate in Medio Oriente dai venti di guerra tra Israele e Iran. Ma mentre resta attiva la struttura militare reale (proprio attraverso le piattaforme anfibie e le capacita di dispiegamento a lunga gittata), in questi stessi giorni emerge anche una parte finora meno visibile della presenza strategia americana: i sottomarini. Secondo le informazioni disponibili, circa la metà dei sommergibili statunitensi è dispiegato nella regione, “a causa dell’importanza strategica dell’area”.

Le informazioni sono sempre piuttosto sfumate in certi casi. Tali assetti sono il cuore della deterrenza per un Paese, perché sono pensanti per essere in grado di operare senza essere individuati, sfruttando l’effetto sorpresa prima di sprigionare le poderose capacità di attacco. Ed è qui il limite dei dialoghi tra Paparo e Wu: le necessità strategiche delle potenze restano, invariate e non gestibili.

Ieri per esempio gli Stati Uniti hanno ufficialmente accusato la Cina di fornire supporto non solo dual-use alla Russia. L’annuncio, fatto dal vicesegretario di Stato Kurt Campbell dopo incontri a Bruxelles con la Commissione europea e con la Nato – ha anticipato di qualche ora il dibattito Harris-Trump per Usa2024. Ossia è servito a sottolineare le linee strategiche dell’attuale amministrazione — le quali classificano Cina e Russia sostanzialmente nel campo dei nemici, nonostante il dialogo. Messaggio anche per gli europei.



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