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Space Economy. Quali strategie per l’Italia?

L’Italia è pronta a ridefinire il suo ruolo nello spazio, ma il successo della sua space economy dipenderà dalla capacità di superare sfide complesse e strategiche. Gli Stati Generali della Space Economy hanno evidenziato come questo settore in rapida crescita non sia solo una frontiera tecnologica, ma un vero e proprio ecosistema che richiede sinergie tra aziende, istituzioni e mondo accademico. Con temi cruciali come la cyber-sicurezza, l’autonomia strategica e il trasferimento tecnologico, l’Italia ha tutte le carte in regola per emergere come protagonista globale

La firma del manifesto degli Stati Generali della Space Economy ha segnato la conclusione di due intense giornate di lavoro a Torino e a Milano. L’evento è stato caratterizzato da sette panel che hanno coinvolto parlamentari di diverse forze politiche, stakeholder delle principali aziende del settore e rappresentanti del mondo accademico, tutti impegnati a promuovere il dialogo su un ambito strategico e in costante crescita per l’economia del Paese: lo spazio.

Durante l’Assemblea Plenaria di questo appuntamento promosso dall’Intergruppo Parlamentare per la Space Economy, il suo presidente Andrea Mascaretti, ha concluso i lavori, sottolineato l’importanza di ciò che è stato fatto finora e degli obiettivi per il futuro: “l’obiettivo è sostenere le politiche spaziali del Paese per garantire una continuità strategica, lavorando insieme per assicurare che l’Italia mantenga una posizione di eccellenza nel panorama spaziale internazionale”. Per questo motivo è necessario “costruire il futuro con il supporto delle istituzioni, del sistema industriale e della ricerca”. Inoltre, ha messo in luce il ruolo strategico dello spazio, soprattutto per la difesa, sottolineando l’importanza della nuova legge per lo spazio approvata in Consiglio dei Ministri e in arrivo alla Camera.

L’Assemblea Plenaria ha riunito tutti gli esperti presenti nelle due giornate di confronto per presentare i risultati dei sette panel tematici di lavoro. Il generale Franco Federici, consigliere militare della Presidenza del consiglio nonché segretario del Comitato interministeriale per le politiche relative allo Spazio, presentando il panel sulla Difesa, ha sottolineato l’importanza della sicurezza per lo sviluppo del settore spaziale: “lo spazio è un dominio strategico sia a livello economico che di difesa. Il contesto attuale, caratterizzato da crescente competitività globale e digitalizzazione, ha reso le infrastrutture spaziali critiche e vulnerabili, sia per la supply chain che per i segmenti a terra e in orbita”. In conclusione il generale ha accennato alla necessità di garantire un accesso autonomo allo spazio per l’Italia, “in modo da presidiare attivamente il settore perché, se vogliamo difendere lo spazio, dobbiamo occuparlo’’.

Il colonnello Luigi Riggio, si è concentrato sulle prossime sfide per l’Italia in ambito europeo, in particolare con il nuovo Parlamento e Commissione in fase di insediamento. Tra i temi centrali l’importanza della governance, dato che l’Europa si trova in una fase di transizione tra il ruolo dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e l’inizio della pianificazione del nuovo Multiannual financial framework (Mff), che stabilirà i fondi disponibili per il programma spaziale europeo fino al 2034. Data la situazione bisogna “evitare sprechi e aumentare l’efficacia”. Anche in questo panel, è stato ribadito l’accesso autonomo dell’Europa allo spazio, reso problematico dalle difficoltà tecniche di Ariane e Vega e dalla crisi in Ucraina.

Il colonnello ha anche riflettuto sul principio Esa del geographical return, ovvero il meccanismo per cui i fondi investiti dai Paesi nei programmi spaziali europei tornano alle industrie nazionali, affermando che ‘’pur necessitando di riforme, questo strumento deve essere gestito con attenzione per evitare squilibri industriali’’.

Esaminando proprio la questioni finanziaria, Simonetta Di Pippo, direttrice dello Space economy evolution lab, ha riportato la sessione sugli investimenti e finanziamenti nella space economy come un momento costruttivo, ma sottolineando che il dibattito si è concentrato principalmente sull’identificazione dei problemi più che sulle soluzioni. “Siamo solo all’inizio di un processo”, ha dichiarato, richiamando la necessità di affrontare una lunga lista di questioni aperte.

Un tema ricorrente è stata la necessità di un quadro strategico nazionale chiaro e ben definito, capace di rassicurare gli investitori privati e orientare il settore spaziale. “Non si tratta solo di minimizzare i rischi, ma di capire dove il Paese vuole andare e quale spinta intende dare al settore”, ha detto Di Pippo, evidenziato l’importanza di rimanere al passo con l’evoluzione rapida del settore se si vuole competere a livello globale.

Ad affrontare la questione di coordinazione tra i vari livelli nel nostro Paese, Cristina Leone, presidente del Cluster tecnologico nazionale aerospazio, ha sottolineato il cambio di passo nella collaborazione spaziale in Italia, ed evidenziato come il numero di distretti aerospaziali regionali sia cresciuto in modo significativo, passando da cinque nel 2012 a quattordici oggi. “Questo dimostra quanto i distretti siano fondamentali per la space economy”, ha affermato, rimarcando il loro ruolo nel mettere in relazione industrie, università e istituzioni regionali.

L’importanza della specializzazione dei distretti è strategica poiché “oggi non è più possibile che tutti facciano tutto, ma è cruciale concentrare gli investimenti su un numero limitato di attività per eccellere”. L’Italia è il secondo Paese in Europa per investimenti nel settore spaziale, un risultato dovuto alla continuità degli investimenti indipendentemente dal colore politico dei governi, ha commentato Leone.

Un altro punto emerso è stato quello dell’autonomia strategica del Paese nelle tecnologie, con la produzione di chip per lo spazio in Sicilia come esempio chiave. “Avere un’autonomia strategica ci protegge da eventuali riduzioni delle forniture internazionali”, ha spiegato. Leone ha poi parlato dell’importanza delle competenze, sia allargando il bacino dei laureati nelle materie Stem sia rendendo l’Italia un paese attrattivo per i talenti internazionali, sottolineando la necessità di appassionare i giovani fin dalle scuole primarie alle tecnologie spaziali e di creare un ambiente che possa attirare lavoratori stranieri.

Il tema della formazione è stato l’argomento più ricorrente in entrambe le giornate di questi Stati Generali dello Spazio, menzionato con grande enfasi da tutti i panel di lavoro. Francesco Topputo, delegato rettorale alle reti di ricerca del Politecnico di Milano, ha presentato quindi i risultati tanto attesi dove università, centri di ricerca, aziende e associazioni di categoria hanno evidenziato come la space economy sia sempre più ramificata e diversificata, richiedendo competenze trasversali che vanno oltre l’ingegneria spaziale, includendo digitale, manifattura, logistica ed economia.

Topputo ha sottolineato l’urgenza di aumentare il numero di persone formate nel settore, poiché la domanda supera l’offerta. “Il settore della formazione non è in grado di stare dietro alla domanda”, ha affermato, riportando l’esempio di una grande azienda italiana che ha avuto difficoltà a trovare ingegneri aerospaziali nonostante l’assunzione di seicento persone. Tra le sfide principali vi è anche la crisi demografica, che rende fondamentale attrarre studenti e talenti dall’estero.

L’inclusività e la parità di genere sono stati identificati come priorità, con l’obiettivo di aumentare la percentuale di studentesse nei corsi di ingegneria spaziale, attualmente al 27%. Inoltre, è stato menzionato il progetto Erasmus nazionale, che potrebbe mirare a facilitare lo scambio di studenti tra le università italiane per favorire la formazione di competenze trasversali.

Alessandro Grandinetti di PWC Italia, ha fatto notare come la space economy rappresenti un nuovo segmento economico entusiasmante e in crescita, con molte sfide da affrontare. Grandinetti ha spiegato che, in un’economia sempre più digitale, i confini tra industrie si stanno confondendo, offrendo nuove opportunità per combinare competenze e tecnologie. Ha citato come esempio il settore farmaceutico e quello della cosmetica, che potrebbero beneficiare delle ricerche in microgravità. Ha anche parlato della “contaminazione”, ovvero la capacità di trasferire innovazioni da un settore all’altro, e del concetto di “dual by design“, che prevede lo sviluppo di tecnologie nello spazio con l’intento di applicarle anche in ambiti non spaziali, come energia, trasporti e semiconduttori.

Gli Stati Generali della Space Economy hanno offerto una chiara visione di una nazione che punta a ridefinire il proprio ruolo nello spazio, non solo attraverso l’innovazione tecnologica ma anche con una strategia economica e politica che sta iniziando a delinearsi. Tuttavia, ciò che emerge con forza è l’urgenza di superare una serie di criticità che, se non affrontate, rischiano di rallentare il potenziale di crescita del settore. La pluralità di attori coinvolti — aziende, istituzioni e il mondo accademico — rappresenta una risorsa preziosa, ma allo stesso tempo richiede un coordinamento efficace e continuo, soprattutto nel rapporto tra pubblico e privato.

Le questioni sollevate dai diversi panel sottolineano come la space economy non sia solo un’avventura tecnologica, ma una sfida sistemica che tocca temi cruciali come la sicurezza, l’autonomia strategica e il trasferimento tecnologico.

Se da un lato la space economy promette nuove opportunità e settori inesplorati, dall’altro la sua realizzazione dipenderà dalla capacità dell’Italia di gestire con lungimiranza i rischi e le incertezze, accelerando i processi di innovazione e creando un ecosistema integrato che possa sostenere lo sviluppo a lungo termine. In questo contesto, la collaborazione tra settori spaziali e non spaziali rappresenta non solo una necessità ma una chiave per il futuro.

L’Italia è a un punto di svolta: con una visione strategica ben definita e l’impegno continuo delle sue eccellenze industriali, istituzionali e accademiche, il Paese ha tutte le carte in regola per emergere come protagonista nella space economy globale. Ma il vero test sarà la capacità di trasformare queste ambizioni in realtà concrete.

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