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La rete di sicurezza di Tajani (per Forza Italia e per l’Italia) si chiama Ppe

A Napoli, la settimana scorsa, dagli “study days” del Ppe è partita una sorta di nuova stagione per il partito di cui Tajani è il vicepresidente dal 2002, in concomitanza con la nascita della nuova commissione guidata da Ursula von der Leyen e con la ritrovata centralità dell’Italia nelle dinamiche europee

Da un lato il meeting partenopeo del Ppe, dove oltre ai 150 eurodeputati popolari sono intervenuti personaggi di peso come Manfred Weber e Roberta Metsola. Dall’altro il gancio che il ministro degli Esteri e vicepresidente del Ppe, Antonio Tajani, ha praticamente in tutti gli Stati membri con quegli esponenti di centrodestra che governano o che potrebbero presto farlo. Tutti elementi che contribuiscono al racconto della cosiddetta “rete Tajani” che rappresenta sia una garanzia europea anche alla luce della nuova commissione, sia l’assicurazione sugli obiettivi governativi dei Paesi come l’Italia dove l’apporto del Ppe è decisivo.

Da Napoli a Berlino

Da Napoli a Berlino il filo popolare lega Ppe, Tajani e Friedrich Merz, il cancelliere in pectore, leader della Cdu che dovrebbe succedere a Olaf Scholz nel 2025 (se non prima). Infatti in occasione della visita in Germania al seguito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro degli Esteri Tajani ha avuto alcuni incontri politici, in particolare con esponenti della Cdu-Csu, il partito cristiano democratico affiliato al Partito popolare europeo come l’italiana Forza Italia. Tajani con Merz vanta un rapporto consolidato che dura da anni e che si alimenta grazie ai numerosi incontri sia a Berlino che nelle riunioni politiche del Ppe.

Ma non è tutto, perché il lavoro del vicepremier di Forza Italia investe anche nuove leve come il ministro presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, Hendrik Wust, un astro nascente della Cdu anche a livello nazionale che incontrando Tajani ha osservato “quanto sia importante il ruolo dell’Europa, un Europa forza di democrazia e di libertà, unita e forte. Abbiamo bisogno di sforzi comuni per più coesione e più capacità di agire, e lei ministro Tajani giorno dopo giorno si adopera in questo senso”.

Verso un’Europa blu?

A Napoli la settimana scorsa dagli “study days” del Ppe è partita una sorta di nuova stagione per il partito di cui Tajani è il vicepresidente dal 2002, in concomitanza con la nascita della nuova commissione guidata da Ursula von der Leyen e con la ritrovata centralità dell’Italia nelle dinamiche europee. A Napoli il segretario di Forza Italia ha pranzato con Joseph Daul, figura storica dei popolari. Nato a Strasburgo, sede del Parlamento europeo e simbolo della riconciliazione Franco Tedesca, Daul è stato la figura guida del partito per oltre dieci anni ed è figura molto ascoltata da entrambe le sponde del Reno.

Inoltre Tajani ha incontrato David McAllister, presidente della potente commissione Esteri del Parlamento europeo e punto di riferimento della Cdu a Bruxelles e in seguito ha incontrato anche il leader della delegazione francese dei Les Républicains, François Xavier Bellamy, dopo essersi congratulato per primo con il neo Primo Ministro Michel Barnier, altro membro di spicco della famiglia politica di Tajani. Insieme sono stati Commissari dal 2009 al 2014, anno in cui, con il sostegno di Tajani, Barnier arrivò ad un passo da diventare presidente della Commissione. Alla fine i popolari optarono per Juncker ma il rapporto fra i due era ed è rimasto sempre solidissimo.

L’Italia al centro dell’Ue

Relazioni con Paesi come Germania e Francia sono per l’Italia imprescindibili: non va dimenticato che il presidente Emmanuel Macron ha affidato l’incarico di premier al conservatore Barnier, mentre in Germania come detto la Cdu è saldamente davanti nei sondaggi e Merz è praticamente già cancelliere. Per cui la rete di Tajani in Europa può essere cruciale per aiutare l’Italia sui dossier prioritari per il nostro Paese, dal deficit all’agricoltura, dalle migrazioni alla difesa comune.

I numeri austriaci, una volta di più, così come quelli in altri Paesi, lo dimostrano: in questo panorama europeo altamente disarticolato il modello italiano di destra-centro, dove nessun alleato della coalizione rischia di pestare i piedi all’altro, è quello che al momento presenta una maggioranza variegata che permette una coalizione coesa e in grado di governare.



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