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Futuro Biotech per l’Italia? I risultati del tavolo di lavoro alla Farnesina

Presentato oggi in Farnesina il rapporto ad interim del Tavolo di lavoro biotech. Ora è il turno di università, ricerca, e mondo dell’industria di contribuire al rapporto finale. Battocchi (Maeci): “Un tassello importante della diplomazia dell’innovazione”

Annunciato a margine di un incontro bilaterale Italia-Usa lo scorso novembre, il Tavolo di lavoro per l’internazionalizzazione delle industrie nel settore delle biotecnologie ha presentato oggi alla Farnesina il suo rapporto ad interim. “Ho voluto dare vita a questa iniziativa, che si inserisce nell’ambito della diplomazia della crescita, per individuare strategie a sostegno dell’internazionalizzazione delle industrie emergenti nel campo delle biotecnologie, rafforzando al contempo l’intero settore nazionale” ha commentato il ministro degli Esteri Antonio Tajani in apertura. Insieme a lui, il ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha sancito: “È un’iniziativa appropriata e tempestiva. Oggi le biotech permettono risultati fino a qualche tempo fa inimmaginabili.” Il piano ad interim rappresenta il primo atto del processo di lavoro. “Oggi lo rendiamo pubblico con lo scopo che gli stakeholder del settore possano intervenire e aggiungere ciò che è necessario” ha sottolineato Pierluigi Paracchi, Ceo e co-founder di Genenta Science nonché membro del comitato esecutivo di Federchimica-Assobiotec e moderatore del Tavolo. L’intenzione, infatti, è quella di procedere alla raccolta dei commenti di università, mondo della ricerca, investitori e imprese per contribuire alla redazione del rapporto finale. Questo è il valore aggiunto del Tavolo, che secondo Maria Cristina Porta, direttore generale di Fondazione Enea Tech e Biomedical, “Permette la partecipazione di tutti i soggetti con una portata inclusiva”.

I COMPONENTI

Ma a comporre il tavolo troviamo anche altri esperti, tutti accomunati da esperienze nel campo delle biotecnologie e dell’internazionalizzazione. Mauro Battocchi, direttore generale per la promozione del sistema Paese del Maeci; Massimo Carnelos, capo ufficio Innovazione tecnologica e startup del Maeci; Sergio Abrignani, professore di Immunologia e Immunopatologia dell’Università di Milano; Giovanni Caforio, presidente esecutivo di Bristol Myers Squibb; Luca de Angelis, direttore generale per le Nuove tecnologie abilitanti del dipartimento per il Digitale, la connettività e le nuove tecnologie del Mimit; Fabio Fava, professore di Biotecnologie industriali e ambientali dell’Università di Bologna nonché membro del Comitato nazionale per la Biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della presidenza del Consiglio dei Ministri; Maurizio Forte, direttore centrale per i Settori dell’Export di Ice; Giuseppe Gigli, direttore dell’Istituto di nanotecnologia Cnr-Nanotec; Anna Lambiase, presidente di Cdp Venture Capital Sgr e Ceo di Ir Top Consulting; Pierluigi Petrone, vicepresidente di Farmindustria e Ceo di Petrone Group; Rino Rappuoli, direttore scientifico Fondazione Biotecnopolo di Siena; Gianmario Verona, Presidente Human Technopole.

DIPLOMAZIA DELLA CRESCITA

Quello delle biotecnologie, risulta essere un settore sempre più strategico e “Rappresenta uno straordinario strumento di crescita, sviluppo e innovazione”, ha affermato il ministro Tajani. Per questo è fondamentale consentire la crescita di queste industrie all’interno del Paese. Come sottolineato da Paracchi, “Abbiamo già subito la fuga di cervelli” e, per evitare che un fenomeno simile si ripeta col settore biotech, ora “dobbiamo costruire un intero ecosistema”. Ed è proprio in risposta a questa necessità che trova il suo spazio di azione il Tavolo di lavoro del Maeci.

LA STRADA DA SEGUIRE

“Tutti i paesi difendono i propri asset strategici” ha continuato Paracchi presentando i risultati del rapporto. “Con la pandemia, le biotecnologie sono state elevate a tecnologie strategiche dai principali paesi leader a livello globale. L’Italia, con il suo patrimonio scientifico, deve assicurarsi che queste innovazioni trovino rapida e concreta applicazione, rimanendo al contempo asset nazionali. Al tempo stesso, l’internazionalizzazione del settore, la collaborazione con i paesi partner e l’attrazione di investimenti esteri sono il perno per garantire una crescita competitiva. Gli investimenti governativi, sia diretti sia tramite l’intermediazione delle agenzie governative, dovrebbero concentrarsi su operazioni strategiche di dimensioni competitive, allineandosi agli standard internazionali dei paesi che già guidano il settore” ha concluso. A fargli eco, Porta, che ha aggiunto: “È fondamentale pensare allo sviluppo delle imprese non pensando solo al fabbisogno economico finanziario”.

UN PERCORSO A DUE FASI

La strategia individuata dal tavolo consiste in due pilastri. Il primo volto all’individuazione e rilevazione di priorità nazionali, intese come patologie di interesse nazionale e biotecnologie industriali e ambientali strategiche; biotecnologie emergenti che possano rispondere alle priorità nazionali identificate; imprese nazionali che sviluppano biotecnologie emergenti in grado di affrontare le priorità selezionate e conseguente istituzione di un elenco speciale delle imprese biotecnologiche emergenti (Esibe). Il secondo, volto ad azioni proattive a sostegno delle imprese individuate con l’organizzazione di una campagna di promozione internazionale attraverso il Maeci, la rete diplomatica e consolare, Ice e i centri di innovazione all’estero del governo italiano da un lato; ed il supporto dell’attività di ricerca e sviluppo, attrazione di talenti e investimenti, collaborazione con i centri di ricerca del Paese, intervento delle agenzie governative di investimento dall’altro.

AGIRE ORA

“L’accelerazione che viene data oggi dall’avvento dell’intelligenza artificiale mostra che la divergenza fra chi prende il treno oggi e chi lo prende domani sarà sempre più ampia” ha affermato Matteo Zoppas, presidente dell’agenzia Ice. “In Italia l’innovazione c’è e dobbiamo facilitarla, altrimenti le conoscenze e le competenze si muovono” ha fatto eco Fava. Nelle parole di Paracchi, l’elaborazione di una strategia dimostra che nel nostro Paese “non siamo necessariamente follower, ma possiamo essere leader”. “Questo – ha concluso Battocchi – è un tassello importante della diplomazia dell’innovazione. È fondamentale che tutti gli attori del sistema si muovano in unisono”.


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