Per la prima volta nella sua storia, navi della Guardia costiera cinese sono entrate nei mari artici per condurre esercitazioni con la Russia. Il fatto che la Cina abbia inviato la sua Guardia costiera a quelle latitudini non è importante solo per il primato che rappresenta, ma anche per capire quali saranno le prossime mosse di Pechino
Cina e Russia stanno rafforzando il loro posizionamento nell’Artico. Con il rapido incedere dei cambiamenti climatici, rotte una volta neanche lontanamente percorribili si stanno ora aprendo, complice lo scioglimento dei ghiacciai. In particolare, la nuova rotta artica, che interessa diversi Paesi del Nord del mondo, è quella che più attira l’attenzione di medie e grandi potenze. È per questo che Cina e Russia hanno condotto esercitazioni congiunte in questa area, prima nel Pacifico nord-occidentale e poi oltre lo stretto di Bering, lungo le coste della Siberia. Se per le navi delle Marine di Russia e Cina non è una novità addestrarsi in queste acque, lo è sicuramente per la Guardia costiera cinese (Ccg), la quale è entrata nei mari artici per la prima volta. L’esercitazione avrebbe avuto come obiettivo quello di addestrare gli equipaggi a condurre missioni di salvaguardia del traffico commerciale, oltre a operazioni volte a far rispettare gli accordi internazionali sulla pesca.
L’interesse di Pechino per l’Artico
Da tempo si discute della cosiddetta rotta artica che, passando dallo stretto di Bering, permetterebbe la circumnavigazione della massa terrestre eurasiatica, e di collegare alternativamente Cina ed Europa. Questo dato assume oggi grande valore, dal momento che l’apertura della nuova rotta permetterebbe a Pechino di aggirare lo stretto di Malacca, choke point nevralgico da cui passa la quasi totalità del suo traffico commerciale verso Africa ed Europa. Se Malacca dovesse essere chiuso alle navi cinesi, l’impatto sull’economia di Pechino sarebbe disastroso, potenzialmente capace di mettere a rischio la tenuta stessa del regime. Ridistribuendo il suo export su una direttrice addizionale, la Cina si renderebbe dunque meno dipendente dalle rotte convenzionali e ridurrebbe la vulnerabilità strategica del proprio commercio marittimo che, Vie della Seta a parte, rappresenta ancora il 60% delle esportazioni del Dragone. La decisione di mandare la Guardia costiera ad addestrarsi in queste acque (e ghiacci) certifica pertanto l’intenzione cinese di voler sfruttare il più possibile la nuova rotta per fini commerciali e di preparare i propri assetti a operare nella regione.
La rotta artica, mito o realtà?
Benché l’apertura della nuova rotta delinei scenari multipli e affascinanti, non bisogna correre a conclusioni affrettate, né farsi prendere da un attacco di ‘febbre artica’. Il fatto che il passaggio si stia aprendo non significa che sia facilmente percorribile. Innanzitutto, il ghiaccio c’è ancora e si stima che rimarrà lì almeno fino al 2035. Benché lo scioglimento dei ghiacciai sia effettivo e, quasi certamente, irreversibile, diverse masse di iceberg e interi tratti congelati continuano a intralciare un passaggio che soltanto imbarcazioni dotate di equipaggiamento rompighiaccio possono sperare di superare. Benché Stati come Russia e Cina, che in maggio hanno firmato un accordo per lo sviluppo di rotte commerciali artiche, siano più che interessati a percorrere questa via, ciò non avverrà senza sforzo. Quand’anche il passaggio si aprisse completamente nei mesi estivi, sarà necessario impiegare navi debitamente attrezzate per garantire gli standard minimi di sicurezza, che includono anche la capacità di raggiungere in fretta imbarcazioni in difficoltà. Questo significherà predisporre ben due flotte dedicate, una per il trasporto effettivo delle merci e una per garantire le attività di ricerca e soccorso nell’area. La rotta artica è senz’altro una prospettiva che in futuro avrà una sua importanza sul piano commerciale e geopolitico ma, almeno sul medio termine, è ancora distante dal costituire una realtà effettiva.