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La lunga notte del debito cinese. Se i mercati tradiscono Pechino

In un anno i titoli di Stato del Dragone, su cui il partito aveva puntato le sue speranze di ripresa dell’economia, hanno perso molto del loro valore. Un problema nel problema, anche per le banche

Qualcosa non sta davvero funzionando nelle finanze cinesi. La ferrea volontà di Pechino e del partito comunista di piazzare in giro per il mondo titoli di Stato a buon mercato, sembra proprio non bastare a vincere il nemico più temibile che si possa incontrare: la sfiducia. Sono mesi ormai che le autorità del Dragone provano a convincere i mercati circa la bontà dei bond di Stato, centinaia di miliardi di yuan messi sulla piazza per raccogliere liquidità da mettere in pancia alle banche per rilanciare la domanda interna e, dunque, l’economia. Un’operazione sistemica, come si suol dire, quasi una crociata contro la decrescita, dal momento che persino gli stessi istituti hanno sottoscritto enormi quantità di titoli.

Esponendosi, loro malgrado, a un rischio non di poco conto: all’andamento dei titoli, infatti, è legato l’apprezzamento o il deprezzamento di molti portafogli. E quello che sta succedendo da settimane racconta proprio il lato più scuro della faccenda: i rendimenti dei bond cinesi continuano a scendere. Pericolosamente. Nonostante le festività (dal 1 al 7 ottobre, la Giornata nazionale, che ci celebra fin da III secolo dopo Cristo), che di solito portano un po’ di euforia e buon umore sui mercati, i titoli di Stato cinesi sono diminuiti ancora secondo i calcoli di Bloomberg, potandosi sotto il 2,2%.

Basta guardare il grafico relativo all’andamento dei titoli a dieci anni, nell’ultimo anno. Ebbene, se lo scorso dicembre tali bond rendevano il 2,7%, adesso, non raggiungono, come detto il 2,2%. Una discesa costante che, in pochi mesi, ha esposto il sistema bancario cinese a enormi rischi. Ma soprattutto ha certificato il sostanziale fallimento delle due maxi-emissioni (la prima lo scorso maggio), di titoli di Stato.

Attenzione, non ci sono solo le banche esposte al debito cinese. Anche le compagnie assicurative del Dragone hanno fatto in questi mesi man bassa di bond, fino a portare i loro portafogli obbligazionari a un totale di oltre 1,2 trilioni di yuan (169 miliardi di dollari) nella prima metà dell’anno. Il che mette le assicurazioni sullo stesso piano delle banche, almeno in termini di rischio. Per tutti questi motivi, la Pboc ha deciso di intervenire, settimane fa, con un bazooka tutto cinese, ovvero comprando essa stessa i titoli di Stato, proprio per evitare il rischio di una svalutazione spostando il baricentro del rischio sul se stessa, provando a sgravare le banche.



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