La proposta di autonomia differenziata rischia di frammentare le relazioni internazionali italiane e il commercio estero. Precedenti come le relazioni Lombardia-Russia e Molise-Hubei dimostrano i rischi di una regionalizzazione incontrollata. La soluzione? Prendere spunto da quanto fatto negli anni Ottanta dal ministro Ruggiero
Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha pienamente ragione nel contrastare la regionalizzazione del commercio estero e delle relazioni internazionali, prevista dalla nuova legge sull’autonomia differenziata. La posizione espressa dal leader di Forza Italia è di puro buon senso e dovrebbe ricevere al più presto il sostegno di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Concedere nuovamente la vittoria alla Lega di Matteo Salvini metterebbe seriamente a rischio la reputazione internazionale dell’Italia, arrecando un grave danno alle nostre aziende e al Made in Italy.
I precedenti “pericolosi” non mancano, ma due casi sono emblematici. Il primo riguarda le relazioni tra la Lombardia e la Russia, promosse dall’attuale presidente della Regione, Attilio Fontana, fin da quando era sindaco di Varese. Il secondo caso è quello della Regione Molise, che nel 2013 ha avviato una partnership con la provincia cinese dell’Hubei, una regione di quasi 60 milioni di abitanti la cui capitale è Wuhan, nota per i primi casi di Covid-19 nel novembre 2019. In Molise vengono assemblate le prime auto cinesi prodotte nel nostro Paese e, per inciso, la DR, l’azienda produttrice, è stata recentemente multata dall’Antitrust per pubblicità ingannevole. Con l’introduzione della legge sull’autonomia differenziata, simili disallineamenti potrebbero moltiplicarsi esponenzialmente.
Vorrei concludere con una nota personale. Negli anni Ottanta sono stato assessore alle Attività Produttive della Regione Toscana. Ricordo che nel 1987, l’allora Ministro del Commercio Estero, l’ambasciatore Renato Ruggiero (che successivamente fu direttore del Wto, scomparso nel 2013), creò una cabina di regia tra le Regioni italiane, l’Unione delle Camere di Commercio e l’Ice. Analoghi strumenti “triangolari” furono istituiti a livello regionale. Fu una decisione saggia, poiché permise alla maggior parte delle Regioni di partecipare a un piano coordinato per la presenza italiana all’estero, con il sostegno e la promozione del governo nazionale.
In questo modo, le singole imprese e i distretti industriali della Toscana ebbero l’opportunità di partecipare direttamente alla definizione dei mercati da privilegiare e degli eventi fieristici e promozionali su cui concentrare gli sforzi. Credo che Tajani e Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, possano trovare un’intesa operativa su una prospettiva pragmatica di questo tipo. Evitare che il Prosecco di Conegliano e il Brunello di Montalcino si facciano concorrenza (involontariamente) a Hong Kong o a San Paolo, in Brasile, è parte integrante dei nostri interessi nazionali e della crescita economica dell’Italia, Lega permettendo.