Azione congiunta del governo: mentre da un lato il premier chiama i sette grandi a riflettere sulla crisi a Beirut, dall’altro auspica che venga potenziato il mandato Unifil dove sono impegnati dal 2006 anche i militari italiani. Il rischio escalation è a un passo
Il G7 convocato per oggi da Giorgia Meloni esprime tutta la preoccupazione italiana per la crisi in Libano, dopo il contatto telefonico di ieri sera con il Primo Ministro del Libano, Najib Mikati e il vertice di urgenza a Palazzo Chigi. Obiettivo, condannare l’attacco iraniano a Israele e monitorare gli sviluppi in corso al fine di evitare ulteriori escalation. In questo senso il governo italiano auspica che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite valuti un potenziamento della missione Unifil, dove sono impegnati i militari italiani.
Audizione e prospettive
La giornata è iniziata con l’audizione congiunta alle commissioni Esteri e Difesa della Camera e del Senato dei ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto, al fine di sottolineare l’impegno italiano volto a impedire il peggio e al contempo rafforzare il mandato di Unifil, in considerazione del fatto che il Libano gioca un ruolo chiave nella stabilizzazione. In precedenza, aprendo il consiglio dei ministri, Giorgia Meloni ha detto che il tavolo di governo è stato convocato in forma permanente per monitorare costantemente l’evolversi della situazione e adottare tempestivamente le misure necessarie.
In quel fazzoletto di terra il contingente presente è di oltre mille militari con limiti operativi oggettivi: i due ministri hanno ricordato che la risoluzione Onu 1701 e le successive hanno previsto al loro interno sia la cessazione delle ostilità che il ritiro delle milizie di Hezbollah, ma dal 2006 ad oggi gli obiettivi di quella risoluzione non si sono concretizzati. Per cui secondo Tajani al momento “bisogna rafforzare la missione Unifil e rafforzare i poteri significa allargare le competenze, allargare i luoghi, creare una zona cuscinetto dove non c’è più Hezbollah”.
Emergenza Unifil
La situazione negli anni non solo non è migliorata, ma è sensibilmente peggiorata, per cui Crosetto ha osservato che gli esperti intervenuti hanno l’obiettivo di “perfezionare il piano di contingenza per uno scenario non permissivo, prevedendo l’impiego di risorse anfibie e integrandolo con i nostri piani nazionali. Abbiamo messo a disposizione mezzi di evacuazione strategici come navi ed aerei. Posso confermare che, mai come in questo momento, la sinergia tra i ministeri della Difesa ed Esteri è efficace per garantire la sicurezza dei nostri cittadini presenti nella regione”.
In questo senso Tajani ha sottolineato che la parte libanese meridionale, vicino al fiume Litani, dovrebbe essere una zona demilitarizzata e “abbiamo invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a prendere in considerazione il rafforzamento del mandato di Unifil al fine di garantire la piena applicazione della risoluzione 1701 del 2006″.
Un messaggio che verrà consegnato al vice segretario generale delle Nazioni Unite per le attività di peacekeeping, Jean-Pierre Lacroix, al quale si chiederà la garanzia di un’adeguata sicurezza per i contingenti italiani. Proprio l’Italia era stata uno dei pochi stati al mondo già un anno fa a chiedere più attenzione per un paese che di fatto è una polveriera. Crosetto ha anche spiegato che la posizione su Hamas è chiara, ovvero con ‘due popoli due stati’, “non abbiamo mai avuto paura a dirlo”. Roma, quindi, si è mossa in quella logica fin dall’inizio, “abbiamo perseguito con fatti e con azioni che consentissero di arrivare all’obiettivo finale, cioè la stabilizzazione di un’area che abbiamo in mente possa stabilizzarsi soltanto con due popoli e due Stati”.
Scenari
Guerra ed Europa sono legate anche da altri scenari. Accanto agli scenari militari già noti ve ne è un altro, certamente non legato alla contingenza di queste ore, ma attualissimo: Crosetto ha aggiunto che va valutato anche un altro elemento ovvero la dipendenza europea e americana dalla Cina per magnesio, litio, gallio. Tutti elementi chiave per costruire le tecnologia del futuro. “Per cui le materie prime sono la base delle catene di approvvigionamento. Negli ultimi decenni abbiamo pensato che tutta l’industria inquinante andasse spostata nei paesi in via di sviluppo. Bisogna dunque ricostruire la nostra capacità industriale, ma questo richiede tempo e investimenti”.