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Moldavia al voto, il futuro di Chisinau tra filorussi e riformisti pro-Europa

Il doppio appuntamento elettorale del 20 ottobre rappresenta un possibile punto di svolta per Chisinau. Protagonista lo scontro tra le tendenze europeiste del governo in carica e le forze filo-russe del Paese

Domenica 20 ottobre sarà una giornata d’importanza cruciale per il futuro della Moldavia. Quel giorno, i cittadini dello Stato dell’Europa Orientale si recheranno alle urne per un doppio appuntamento elettorale, dove dovranno sia esprimere il loro consenso (o, viceversa, il loro dissenso) sul perseguimento della membership europea, sia sull’eventuale riconferma dell’attuale presidente del Paese, Maia Sandu, con la sua agenda riformista e pro-Europa, o sulla sua sostituzione con uno dei vari candidati filo-russi che la affrontano in questa tornata elettorale.

I colloqui di adesione della Moldavia all’Ue sono iniziati a giugno di quest’anno, avanzando nel processo contemporaneamente alla vicina Ucraina. Processo che, tanto per Kyiv quanto per Chisinau, non sarà assolutamente facile. Ma la leadership moldava guarda avanti con fiducia.

In un’intervista rilasciata a Politico, la vice primo ministro della Moldavia e responsabile dell’integrazione nell’Unione europea Cristina Gherasimov ha rimarcato la gravitas dell’appuntamento elettorale della prossima domenica: “Questa è una decisione storica per noi, forse la più importante da quando abbiamo ottenuto l’indipendenza dall’Unione Sovietica. Per noi l’adesione all’Ue è esistenziale. È l’unico modo per consolidare la nostra democrazia. Non c’è un piano B: la Russia, e il futuro che essa vuole per noi, non sono un’alternativa”.

Nella stessa intervista la politica moldava ha anche lanciato l’allarme sui rischi dell’interferenza del Cremlino nello svolgimento delle consultazioni, interferenza di proporzioni superiori rispetto al passato: “Stiamo assistendo al classico armamentario ibrido che la Russia utilizza per influenzare le elezioni, ma la portata è davvero senza precedenti. Vediamo attacchi ibridi a istituzioni pubbliche responsabili di servizi critici come l’ufficio postale e l’aeroporto. Assistiamo a operazioni di compravendita di voti. Vediamo l’uso di proxy corrotti locali e di partiti politici che ricevono denaro per destabilizzare la situazione sul campo”. Poche settimane fa, le forze di polizia moldava hanno smantellato una rete di denaro e influenza, incentrata su un oligarca filo-russo, e progettata per aiutare il Cremlino a pagare i comuni moldavi affinché votino contro legami più stretti con l’Occidente nella prossima tornata elettorale: secondo le indagini, più di quindici milioni di dollari in fondi russi sarebbero stati versati sui conti bancari di oltre centotrentamila cittadini moldavi solo nel mese di settembre.

“Ma l’agitazione delle forze politiche filorusse in Moldavia in vista delle elezioni non è certo un segno della forza e della raffinatezza di Mosca”, nota in un articolo su Foreign Policy Maksim Samorukov, fellow del Carnegie Russia Eurasia Center, “Al contrario, il Cremlino sembra non essere riuscito ad adattare le sue strategie di interferenza elettorale alle nuove realtà della politica moldava, in particolare al calo del sostegno alla Russia dopo l’invasione della vicina Ucraina. Oggi, persino alcuni politici filorussi sostengono l’adesione all’Ue e cercano di evitare di essere associati troppo strettamente a Mosca”. Non a caso, figure della sinistra moldava (tendenzialmente più vicina alla Russia) come quella del popolare sindaco di Chisinau, Ion Ceban, o quella dell’ex primo ministro Ion Chicu, abbiano cercato di reinventarsi come europeisti centristi.

A pesare sulle prospettive di integrazione europea della Moldavia c’è anche la questione della Transnistria, regione separatista della Moldavia dove la Russia dispone di un proprio contingente militare. L’anno scorso, l’eurodeputato rumeno Siegfried Mureșan, presidente della delegazione del Parlamento europeo nel Paese, ha avvertito che “la Moldavia non può diventare membro dell’Unione con le truppe russe sul suo territorio”, specificando che la questione debba essere risolta “prima dell’adesione”.

Tuttavia, Gherasimov ha insistito sul fatto che i negoziati stanno andando avanti nonostante la controversia. “Nei documenti ufficiali non abbiamo visto alcuna menzione della regione della Transnistria, il che per noi è un chiaro segnale che non ci sarà un’attenzione particolare per la regione”, ha detto.

Il voto di domenica prossima sarà dunque decisivo. Con questo referendum le forze governative sperano di prevenire future intromissioni da parte delle opposizioni filorusse nel processo di integrazione, allo stesso tempo sperando di convincere Bruxelles a procedere con il processo di adesione. “Speriamo che questa rara finestra di opportunità, in cui c’è interesse a parlare di allargamento, continui. Stiamo lavorando su una scadenza interna per essere pronti all’adesione entro il 2030 – ma vogliamo che l’Ue ricambi perché abbiamo bisogno di un impegno credibile” afferma Gherasimov in chiusura dell’intervista.


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