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I grandi fondi e l’Italia. Quali prospettive secondo Broggi

Il senso degli investitori stranieri per l’Italia è certamente sintomo di un appeal resistente al corso degli anni. Ma forse sarebbe ora di una grande strategia nazionale che possa coinvolgere player di peso italiani, per proteggere, quando necessario, asset di pregio. Conversazione con Danilo Broggi, manager e presidente del Centro cultura d’impresa, dalla solida esperienza nel mondo dei fondi

I mercati raccontano di uno spread calmo e placido, anche nei giorni in cui al Tesoro si puntella la manovra d’autunno. Gli investitori, poi, che rispondono quasi sempre al nome di grandi fondi, stanno dando prova di buon credito verso lo Stivale, come dimostra la sintonia BlackRock (oggi azionista di Leonardo con oltre il 3% dopo il placet del governo), lo scouting americano tra le grandi imprese della tecnologia di Giorgia Meloni, due settimane fa e il maxi investimento in terra italiana di Microsoft (4,3 miliardi) per IA e cloud.

E allora non possono certo stupire le parole del sottosegretario, Alessio Butti, che in un’intervista alla Stampa ha parlato di Italia come nuovo hub tecnologico dell’area mediterranea. Formiche.net ne ha parlato con Danilo Broggi, manager di lungo corso, presidente del Centro cultura d’impresa, dalla solida conoscenza nel mondo dei fondi. “L’Italia ha degli asset che sono da sempre interessanti, anche immateriali: pensiamo a un porto, una conformazione geografica che si trasforma in un business commerciale. Ma il vero tema, tutto ciò premesso, è che le difficoltà di bilancio dell’Italia, rendono necessarie anche operazioni di cassa, che coinvolgano soggetti stranieri. La faccio breve, quando parliamo di privatizzazioni, altro non sono che uno strumento per permettere al governo, al Tesoro in questo caso, di fare cassa. Quindi, riassumendo, ci sono due aspetti. Da una parte c’è l’indubbio interesse che l’Italia suscita all’estero, verso i grandi investitori. Dall’altra c’è un risvolto un po’ più pragmatico e, diciamo, contabile, che si chiama fare cassa”, spiega Broggi.

“Non si tratta di speculazione, l’orizzonte di chi investe in Italia è abbastanza lungo, c’è abbastanza tempo per valorizzare gli investimenti. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che perdiamo pezzi di sistema, che diamo via i nostri gioielli. Faccio un esempio. Come sappiamo il Mef, insieme al fondo spagnolo Asterion, hanno avanzato un’offerta per acquisire il 100% di Sparkle (la società dei cavi di Tim, ndr). Ora, questo è un gioiellino nei bilanci di Tim, ma la sua debolezza di cassa, come dicevo, sta portando il gruppo telefonico a vendere proprio questo gioiello, che tanto per essere chiari, gestisce 600 mila chilometri di cavi. Ora, è chiaro che il Tesoro si è mosso, per tutelare un asset strategico. Ma la domanda che mi pongo è però, perché nessun fondo italiano si è fatto avanti? E perché solo dalla Spagna sono arrivate manifestazioni di interesse. E non sarebbe forse l’ora di una politica industriale che coinvolga i fondi italiani, le casse di previdenza, le fondazioni bancarie, che possa intervenire per tutelare e proteggere asset pregiati? Per quanto mi riguarda sono domande da porsi, se non altro perché ci garantirebbe quella autonomia competitiva che lo stesso Mario Draghi va predicando”.

Broggi non ha una risposta chiara a queste domande. “Non so perché, mi riferisco al caso di Sparkle, possa essere mancato un interesse da parte dei fondi italiani. Non è la fine del mondo, sia chiaro, con la Spagna abbiamo ottimi rapporti. Però faccio sempre fatica a vedere investitori istituzionali davvero interessati nella salvaguardia di asset di sistema. D’altronde, i fondi stranieri che investono in Italia, anche quelli più grandi, tendono a prediligere le aziende private, ci stanno cinque o sei anni e poi escono. BlackRock è un fondo gigantesco, tanto che il suo capo (Larry Fink, ndr) è andato direttamente a parlare con il premier Meloni. Ebbene, questi fondi hanno un rapporto diretto con la politica, non sono moltissimi, ripeto, parlo solo dei più grandi. Però credo sia difficile oggi individuare quella sottile linea rossa che divide l’interesse per l’Italia dalla necessità di proteggere i nostri asset, coinvolgendo i nostri di fondi”.


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