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Più sanità, meno Pil. Giorgetti racconta la manovra

Il ministro ascoltato in audizione alla Camera e al Senato, traccia la rotta per una finanziaria che sarà basica ma senza tradire la sua natura prudente. Difficile un Pil 2024 al 1%, la spesa pubblica verrà tagliata ma per la sanità ci sarà un trattamento di favore. E chi ha effettuato lavori con il superbonus dovrà pagare di più

Volendo fare esercizio di ottimismo e partendo dalle buone notizie, il governo a caccia di risorse per finanziare una manovra da 25 miliardi, andrà giù di forbici un po’ dappertutto, ma non sulla sanità. Il che in un Paese che vanta liste di attesa decisamente lunghe, nonostante un Sistema sanitario tra i più efficienti e resilienti al mondo, suona bene. Giancarlo Giorgetti ha scelto l’audizione serale sul Piano strutturale di bilancio (la road map per permettere al deficit e al debito di rientrare nell’alveo delle nuove regole del Patto di stabilità, entro il 2027) per dire che la sanità non verrà toccata.

“La nostra impostazione è chiara, noi andremo a tagliare le spese tranne, e l’abbiamo detto e lo ribadisco, la spesa sanitaria su cui ci impegniamo a mantenere l’incidenza sul Pil perché la riteniamo di fondamentale importanza. Tutte le altre ahimè subiranno dei tagli significativi e costringeremo le amministrazioni a ricercare forme di efficienza e di produttività”. Anzi, “il governo considera necessario incrementare i fondi per la sanità. La spesa sanitaria quindi crescerà ad un tasso superiore a quello fissato per l’aggregato obiettivo della spesa netta”, ha chiarito il titolare del Tesoro. Il quale non ha mai nascosto a governo e partiti la natura rigida della finanziaria, i cui baricentri rimangono il taglio del cuneo e il riassetto delle aliquote Irpef. Il resto è tutto sommato secondario, nella logica di Via XX Settembre. Realismo allo stato puro, tanto che, e qui ecco la cattiva notizia, difficilmente l’Italia centrerà per il 2024 l’obiettivo di crescita dell’1%, messo in calce nel Def della scorsa primavera.

“La revisione delle stime trimestrali annuali da parte dell’Istat (tre giorni fa, ndr), pur elevando di molto il livello del Pil in termini nominali e reali, hanno comportato una correzione meccanica al ribasso della crescita acquisita per il 2024 che rende più difficile il conseguimento di una variazione annuale del Pil reale dell’1% per l’anno in corso”, ha spiegato Giorgetti. “I nuovi dati trimestrali, pur avendo un probabile impatto sulla lettura finale del 2024, non suscitano preoccupazioni per gli anni seguenti ed è probabile una successiva revisione al rialzo del 2023 e della prima parte del 2024, anche alla luce di un’occupazione superiore alle stime; la revisione non ha impatto sul Pil nominale che l’aggregato rilevante per la finanza pubblica. Segnalo che le stime del deficit sono legate al monitoraggio, quindi non cambiano in modo significativo gli aggregati di finanza pubblica”.

D’altronde, non si possono ignorare le gigantesche variabili geopolitiche che possono in qualunque momento spostare l’asticella del Pil. “Siamo in un momento caratterizzato da tendenze contrastanti: da un lato c’è un andamento delle variabili economiche in linea con le attese, con il mercato del lavoro e i saldi di finanza pubblica più favorevoli delle previsioni” dall’altro “l’allargamento conflitti sta alimentando l’incertezza. Ma nonostante tutto, il Psb è un documento ambizioso ma realistico che delinea il percorso di rientro dai deficit accumulati negli anni recenti”. Tuttavia, “l’incertezza sul quadro globale, sta probabilmente incidendo non solo sugli investimenti delle imprese ma anche sui consumi con un aumento della propensione al risparmio delle famiglie che si registra negli ultimi mesi”.

Tutto questo non impedirà al governo di mantenere le promesse fin qui fatte da Palazzo Chigi, proprio in relazione alla manovra. “La manovra che presenteremo nelle prossime settimane fornirà le risorse necessarie per confermare gli interventi ritenuti prioritari. Tra questi rientrano le misure necessarie per rendere strutturali gli effetti del taglio del cuneo sul lavoro e l’accorpamento delle aliquote Irpef su tre scaglioni”. In manovra, anche “interventi finalizzati a sostenere la natalità e per fornire un sostegno alle famiglie numerose” oltre a “risorse per il rinnovo dei contratti pubblici del periodo 2025-27 per tenere conto dell’andamento dell’inflazione”.

Una cosa però è certa, servono soldi. E sono almeno due le possibili fonti. Primo, chi ha effettuato lavori grazie al superbonus, dovrà pagare di più in termini di tassazione sulla casa. I valori catastali, infatti, “saranno rivisti per quegli immobili che hanno conseguito un miglioramento strutturale a seguito di interventi di riqualificazione finanziati, in tutto o in parte, con fondi pubblici”. Secondo, gli ormai famosi sacrifici dovranno farli tutti e non certo solo le banche: “chi avesse avuto la pazienza di sentire questa intervista (a Bloomberg, ndr) avrebbe visto che non ho rettificato proprio niente, ho risposto che i sacrifici li devono fare tutti, non solo gli operai, tanto è vero che a queste persone che sopportano questi sacrifici abbiamo già dato il taglio del cuneo mai visto in epoca recente. Non mi piace la disinformazione, possono cadere le Borse, ma si deve fare un’analisi politica”.


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