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Dopo il referendum, la Moldavia è ancora al bivio. Ecco perché

Il referendum sull’integrazione europea in Moldavia non porta il risultato sperato dai suoi fautori, e adesso rischia di trasformarsi in un boomerang. Sandu accusa le interferenze di Mosca, che a sua volta definisce “sospetti i risultati”

Meno di un punto percentuale. Secondo i risultati ufficiali, a spoglio pressoché terminato è questa la distanza che separa i voti favorevoli all’avanzamento nel processo di integrazione europea da quelli contrari, in un referendum considerato fondamentale per il futuro del Paese balcanico. Nello specifico, i voti per il “Si” ammontano al 50,39% del totale, contro il 49,61% dei “No”. Un risultato in bilico, dunque, che tralaltro appare decisamente diverso dai primi parziali diffusi durante la notte, in cui il fronte dei contrari all’integrazione con l’Unione Europea vantava un vantaggio di più di dieci punti percentuali. A spostare il risultato all’ultimo momento, secondo gli analisti, sarebbero state le schede della diaspora, in gran parte favorevoli all’integrazione europea, che sono state contate nella parte finale dello scrutinio.

Parallelamente al referendum, in Moldavia si sono tenute anche le elezioni presidenziali. La presidente uscente Maia Sandu, forte fautrice di una linea europeista, ha raccolto il 42,4% dei voti, seguita da Alexandr Stoianogl, sostenuto dal filorusso Partito Socialista, che ha ottenuto il 26% dei consensi. Tuttavia la legge elettorale moldava prescrive che, in assenza di un candidato capace di ottenere la maggioranza assoluta dei voti, si tenga un ballottaggio tra i primi due contendenti. La data prevista è quella del 3 novembre.

Il governo moldavo guidato da Sandu aveva presentato domanda di adesione poco dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Domanda che l’Unione Europea aveva accolto con favore, avviando i colloqui di adesione all’inizio di quest’anno, e impegnandosi a stanziare un pacchetto pluriennale di 1,8 miliardi di euro per aiutare la Moldavia nel percorso di adesione. Con i sondaggi che mostravano la presenza di una maggioranza sostanziale favorevole all’idea di aderire all’Unione Europea, Sandu potrebbe aver voluto indire il referendum, che dal punto di vista giuridico non ha influenza alcuna sull’adesione all’Ue, per motivazioni puramente politiche: un risultato più favorevole avrebbe garantito al governo di Sandu un margine d’azione più ampio, riducendo al contempo l’influenza e la capacità di interferenza da parte delle opposizioni filorusse. I risultati effettivi lasciano sono però molto meno positivi di quanto previsto. Anche per via di influenze esterne.

Nella sera di domenica, quando i primi risultati davano in netto vantaggio il fronte del “No”, Sandu si è rivolta ai giornalisti presenti nel quartier generale della sua campagna elettorale denunciando un “attacco senza precedenti” al processo democratico da parte di “forze straniere”. Il riferimento era, chiaramente, alla Federazione Russa. Nelle settimane precedenti, le autorità moldave hanno in molteplici occasioni lanciato l’allarme sull’intensa interferenza russa, descrivendo una lotta contro la rete di proxy del Cremlino paragonata ad un’idra dalle molteplici teste. Rete che, secondo un funzionario della sicurezza dello Stato moldavo, è stata dispiegata in modo piuttosto efficace il giorno delle elezioni.

Ma la leader moldava non è l’unica a criticare le consultazioni appena concluse. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha descritto i risultati del voto referendario come sospetti, sostenendo che il numero di voti a favore di Sandu e dell’adesione all’Europa è aumentato “meccanicamente” e “con anomalie”. Tuttavia, è probabile che la Russia consideri il risultato come una sorta di vittoria, in quanto può sfruttare il minimo scarto nei risultati come strumento di delegittimazione del referendum e del processo d’integrazione nel suo complesso.

Le dichiarazioni, riportate dal Financial Times, dell’ex vice primo ministro della Moldavia Vladislav Kulminski raffigurano un quadro tutt’altro che tranquillo: “Stiamo entrando nel periodo più vulnerabile e turbolento. Il Paese si trova nel mezzo di un braccio di ferro geopolitico in cui gli attori esterni tirano in direzioni diverse. E la Moldavia è molto equamente divisa, a quanto pare, tra questi vettori in competizione. È la classica ricetta per un potenziale disastro”.



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