Il titolare della Farnesina, in Germania per partecipare al vertice dei capi di stato e di governo del processo di Berlino, ribadisce che i Balcani sono una priorità strategica di Roma. La riunificazione dei Balcani alla famiglia europea è il più grande investimento strategico dell’Ue. Il ruolo della Bers anche verso l’Africa
La riunificazione dei Balcani alla famiglia europea è il più grande investimento strategico dell’Unione Europea. Lo ribadisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo del processo di Berlino, non solo utile momento di confronto con i colleghi di area, ma anche per costruire un dialogo informale con società civile e giovani. Non sfuggirà che la macro regione balcanica, già tra le principali priorità del governo Meloni, è assieme all’Africa nuova frontiera geopolitica, pertanto desiderosa di attenzioni e progettualità.
Obiettivi e strategie
È urgente accelerare il percorso di adesione, una priorità politica ed economica, l’inizio dei negoziati con l’Albania domani è un ottimo segnale, ha esordito il titolare della Farnesina, sottolineando come sia imprescindibile “rispondere alle forti aspettative dei giovani della regione, che guardano verso l’Unione Europea”. L’Italia come sempre sta facendo la sua parte con un forte sostegno politico a Bruxelles e in tutte le sedi, ha puntualizzato Tajani, per questa ragione Roma ha promosso un business forum e alcuni incontri imprenditoriali per rafforzare il partenariato tra le imprese e “condividere il nostro saper fare”.
L’Italia nel costone balcanico presenta delle oggettive positività: è attiva nel dossier energetico grazie al cavo sottomarino con il Montenegro, offre assistenza alle Autorità regolatorie e investe nelle infrastrutture logistiche come il Corridoio VIII. Dal canto loro i paesi dell’area sono chiamati adesso ad un passo in avanti decisivo: accelerare nelle riforme per proseguire nel cronoprogramma tracciato dai vertici europeo. “Il nostro sostegno è fortissimo e incondizionato”, ha detto loro Tajani che ha annunciato entro la fine dell’anno un altro incontro degli “Amici dei Balcani” a Roma con il nuovo Alto rappresentante e il nuovo commissario per l’allargamento.
I partecipanti e gli incontri
Presenti a Berlino il padrone di casa, il cancelliere Olaf Scholz, e i rappresentanti dei governi dei sei Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) e di Austria, Croazia, Francia, Slovenia, Polonia, Grecia e Bulgaria. Accanto a loro i rappresentanti del Regno Unito e delle istituzioni europee, inclusa la Presidenza di turno ungherese.
Il ministro degli esteri italiano è intervenuto nella sessione su agenda verde, connettività e energia, con un focus ad hoc sul ruolo delle imprese italiane nella macroregione balcanica anche in chiave infrastrutturale e nel dibattito con i rappresentanti del Forum dei giovani e della società civile. A margine del vertice ha incontrato il primo ministro serbo, Milos Vucevic; il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti; la ministra per gli Affari europei austriaca, Karoline Edtstadler e la presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Odile Renaud-Basso.
Il ruolo della Bers, tra Balcani e Africa
Particolarmente significativo quest’ultimo incontro, dal momento che l’Italia è uno dei maggiori attori impegnati per lo sviluppo delle capacità istituzionali e tecniche dei Paesi balcanici. Principale strumento di cooperazione è il Fondo InCE-Bers, finanziato dall’Italia, donatore unico, con 53 milioni di euro. La Bers inoltre è partner-cerniera per Roma, dal momento che si interfaccia con il governo italiano alla voce progetti di sviluppo nell’area Adriatico-Balcanica.
Ma il ruolo della Bers si spinge anche più a sud, dal momento che l’Africa subsahariana e l’Iraq sono due zone-obiettivo della banca. Negli ultimi due anni sono state approvate le richieste d’ingresso nella Banca di Ghana, Senegal, Benin Costa d’Avorio, Kenya e Nigeria. Per cui sarebbe fisiologico immaginare un’interconnessione dialogante con il Piano Mattei.
Nota dolens
Moltissima attenzione è riservata ad un’area di crisi come il nord del Kosovo, dove la chiusura dei servizi per i serbi del Kosovo potrebbe avere ripercussioni negative in tale comunità. In questo senso la tesi sostenuta da Tajani, non da oggi, è che le azioni unilaterali e non coordinate non possono offrire soluzioni. Spicca quindi l’assunzione da parte dell’Italia della missione Kfor in Kosovo che è stata accolta molto positivamente dai rappresentanti di Belgrado e Pristina: “Le tensioni devono ridursi sempre più, se vogliamo la tranquillità dei Balcani e una maggiore integrazione nell’Ue”.
Dalla sua, il premier kosovaro Albin Kurti ha detto che il Kosovo consentirà ai cittadini della Bosnia-Erzegovina di entrare con la carta d’identità dal 1° gennaio 2025: pur dando atto dei progressi significativi compiuti dal Processo di Berlino, ha puntato l’indice sulla criticità dei cittadini del Kosovo che se da un lato hanno ottenuto il regime di esenzione dal visto per viaggiare nell’Ue, dall’altro non hanno ancora libertà di movimento in Bosnia ed Erzegovina.
Il destinatario delle sue critiche è il leader della Republika Srpska, il presidente ultranazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik, allineato con Belgrado contro il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.