Skip to main content

Logiche e obiettivi del colpo di maglio israeliano a un anno dal 7 ottobre

Il 7 ottobre 2023 Hamas attaccava Israele con un’operazione terroristica senza precedenti condotta da terra, dal mare e dal cielo, facendo scempio di tutti coloro che abitavano nei kibbutz e nelle città vicine al confine, come Sderot. Un anno dopo Israele ricorda ed agisce. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Dolore e giustizia, cordoglio e implacabile perseguimento dei responsabili per l’anniversario dei disumani massacri compiuti da Hamas nel cuore di Israele. Un anno che ha sconvolto e continua devastare il Medio Oriente e tiene col fiato sospeso il mondo. Dopo le eliminazioni a Teheran e Beirut dei vertici di Hamas e degli Hezbollah, Ismail Haniyeh e Hassan Nasrallah, e la probabile uccisione anche del successore di Haniyeh a Gaza, Yehya Sinwar, il governo israeliano si accinge a sottolineare con tutta una serie di raid che hanno come obiettivi principali i rimanenti leader terroristici, le ore del lutto nazionale per commemorare le vittime delle stragi dello scorso anno e pregare per gli ostaggi ancora in vita nelle viscere sotterranee della striscia di Gaza.

Una inesorabile pianificazione punitiva che ha il carattere di monito esemplare, più che una vendetta, e che dispiegherà attacchi su tutti i fronti dell’offensiva difensiva contro il terrorismo islamico scattata all’indomani dell’orrore dell’ottobre dello scorso anno: il fronte del Libano, dove l’esercito israeliano sta avanzano fino al fiume Litani, in Cisgordania dove l’obiettivo principale é il capo regionale di Hamas a Tulkarem, ed a Gaza. Ma il fronte principale della Nakam israeliana é il regime iraniano, considerato la mente e il mandante delle stragi dell’ottobre nero.

Dopo il lancio di quasi duecento missili iraniani contro Israele, come risposta alla decapitazione delle milizie Hezbollah, ad acuire ulteriormente la determinazione di un contro attacco israeliano sono state le parole scagliate dalla guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, nella grande moschea Mosalla di Teheran dove é stato commemorato Nasrallah. Oltre ad aver definito come il minimo indispensabile il pesante, anche se pressoché innocuo, bombardamento missilistico scagliato contro Gerusalemme e varie città israeliane, Khamenei ha affermato testualmente che l’attacco del 7 ottobre condotto da Hamas nel sud di Israele, in cui sono state massacrate 1.200 persone, é stato un “atto legittimo”. Un’affermazione doppiamente grave per Israele, perché la giustificazione dei massacri sancisce ufficialmente il ruolo di mandante avuto dal regime iraniano.

Un altro elemento che smaschera la regia di Teheran nella strategia del terrorismo é stata la presenza alla cerimonia della moschea di Mosalla di tutti i rappresentanti del cosiddetto “asse iraniano”, che include gli Hezbollah libanesi, gli Houthi yemeniti, Hamas a Gaza e in Cisgiordania e numerosi gruppi in Siria e Iraq. Un sigillo apposto col sangue sul terrorismo islamico che da decenni insanguina il Medio Oriente ed il mondo e che spingerà Israele a colpire in profondità le basi militari e le infrastrutture dell’Iran, a cominciare dagli impianti petrolchimici, e a sabotare o a distruggere per quanto possibile anche i bunker fra le montagne nei pressi di Natanz dove si sta completando la realizzazione di ordigni nucleari.

Anche se non inedito, questa volta l’attacco diretto di Israele all’Iran sarà ufficiale, ma sarà calibrato sulle infrastrutture militari e strategiche.

In maniera da evitare vittime civili e sottolineare come la responsabilità delle distruzioni ricada esclusivamente sullo spietato regime degli Ayatollah che da quasi cinquant’anni opprime il popolo e soprattutto i giovani e le donne dell’Iran, nel tentativo di fare uscire allo scoperto la rivolta che cova da tempo trasversalmente nella società iraniana. Una doppia strategia che prevede un colpo di maglio che non lasci scampo agli Ayatollah e la mano tesa della convivenza pacifica al popolo iraniano, da sempre più filo occidentale che islamico.


×

Iscriviti alla newsletter