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L’Iran pronto all’attacco, ma l’Ue dovrebbe evitare il caos. L’analisi di Barnes-Dacey

Le Idf descrivono come stanno procedendo le prime operazioni di invasione del sud del Libano, mentre dagli Usa arrivano informazioni di intelligence su un possibile, imminente attacco missilistico iraniano contro Israele. Per Barnes-Dacey, direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa presso l’European Council on Foreign Relations, i leader europei dovrebbero cercare di giocare un ruolo nel mitigare il conflitto visti gli interessi in ballo

Fonti delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno confermato a Formiche.net che, dall’inizio del conflitto, le truppe israeliane hanno condotto decine di operazioni mirate vicino al confine meridionale del Libano. Queste operazioni mirano “a smantellare i compound di combattimento e le armi di Hezbollah, che rappresentano una minaccia immediata per le comunità civili israeliane nel nord del paese”, spiegano le fonti, che ricostruiscono il background dell’invasione terrestre sul Libano partita questa mattina – ultima tappa dell’escalation in corso da mesi in Medio Oriente.

Sotto la guida del Comando Nord e basandosi su informazioni precise fornite dalla Direzione dell’Intelligence (J2), queste operazioni hanno specificamente preso di mira le Forze Radwan di Hezbollah, responsabili delle attività militari del gruppo nella regione di confine. Secondo l’IDF, questi sforzi sono cruciali per neutralizzare la capacità di Hezbollah di eseguire il suo piano a lungo termine – noto come “Conquista della Galilea” – che prevede un’invasione del nord di Israele, simile all’attacco lanciato da Hamas il 7 ottobre.

Oltre a prendere di mira i compound di combattimento, le forze israeliane hanno scoperto punti di accesso sotterranei (tunnel simili a quelli usati da Hamas dalla Striscia di Gaza), scovando depositi di armi nascosti, “aree di assemblaggio per operazioni terroristiche” e armi avanzate di origine iraniana. Queste strutture sotterranee sono state un elemento chiave della strategia militare di Hezbollah, progettate per nascondere le loro operazioni dalla sorveglianza aerea e proteggere la loro infrastruttura dagli attacchi mirati.

L’invasione continua il pattern offensivo iraniano iniziato da diversi giorni con l’obiettivo di liberare l’area di confine e riportare a casa le migliaia di famiglie costrette alla fuga dalle loro case dopo che, dall’8 ottobre dello scorso anno, Hezbollah ha iniziato ad attaccare Israele in solidarietà con Hamas. Il culmine di queste attività è stato l’eliminazione di Hassan Nasrallah, leader storico e carismatico di Hezbollah. Dal 27 settembre, giorno dell’attacco al bunker nel sud di Beirut sud, dove la guida spirituale e politico-amministrativa del gruppo sciita connesso ai Pasdaran si rifugiava, si attente la rappresaglia di Hezbollah e dell’Iran.

Mentre i libanesi hanno iniziato ad approfondire gli attacchi nel territorio dello stato ebraico, gli iraniani sono finora rimasti in controllo e gestione, nonostante gli strali. Ma la Repubblica islamica potrebbe andare presto oltre alla narrazione costante che offre ai propri proseliti. Secondo fonti americane della CNN e di Axios, c’è la concreta possibilità che l’Iran si sta “preparando per un imminente lancio di un attacco con missili balistici contro Israele”.

Sarebbe un ulteriore innalzamento dell’escalation, che avallerebbe le preoccupazioni sulle implicazioni strategiche più ampie di successi tattici come la disarticolazione delle area di attacco al confine libanese, l’allontanamento da quel confine di Hezbollah e perfino l’eliminazione di Nasrallah (che nel frattempo è stato già succeduto dal suo numero due, Naim Qassem, che presto potrebbe lasciare il ruolo ad interim alla guida designata di Hashim Safiuddin, dando continuità alle attività del gruppo).

Operazione rischiosa?

Julien Barnes-Dacey, direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa presso l’European Council on Foreign Relations (ECFR), ha sottolineato che “l’attacco israeliano rappresenta un significativo successo tattico, ma rimane scollegato da un percorso strategico sostenibile per affrontare le esigenze di sicurezza israeliane e porre fine alla serie di conflitti regionali interconnessi. Sebbene l’Iran sembri aver scelto di non rispondere immediatamente all’uccisione di Nasrallah e abbia subito un grande colpo, il rischio di una guerra regionale più ampia rimane estremamente alto”.

Mentre l’IDF continua a smantellare l’infrastruttura di Hezbollah, il rischio di un’escalation regionale incombe. Secondo Barnes-Dacey, “piuttosto che vedere questo successo come una piattaforma per un’uscita verso un accordo, Israele, sempre più audace, sembra considerare un piano più ampio per affrontare l’Iran in tutto il Medio Oriente con l’ambizione di creare un nuovo ordine regionale”. Questa è un’illusione pericolosa, spiega, perché “nonostante l’attuale debolezza dell’Iran, questo sarà visto come una minaccia esistenziale da Teheran e dai suoi alleati regionali, spingendoli a una risposta più forte che rischia di provocare la guerra regionale che Teheran chiaramente cerca di evitare, così come una possibile corsa alla nuclearizzazione”.

Durante le sue operazioni, l’IDF ha anche sequestrato depositi di armi di origine iraniana, armi che sono state recuperate e portate in territorio israeliano per ulteriori analisi. Tuttavia, Hezbollah continua a lanciare attacchi missilistici contro Israele. E dunque, “sebbene Israele abbia dimostrato la sua chiara superiorità militare, Hezbollah continua a lanciare missili contro Israele e il gruppo potrebbe ancora decidere di scatenare razzi più potenti che finora ha tenuto sotto controllo. Gli attacchi diretti dell’Iran contro Israele ad aprile hanno anche dimostrato una capacità senza precedenti di violare le difese israeliane, che potrebbe essere ripetuta in modo ancora più aggressivo se scoppiasse un conflitto più ampio”.

Un impegno strategico più ampio

Il costo del conflitto in corso va poi oltre la sfera militare, ma come per le migliaia di vittime a Gaza, Israele sembra pronto ad affrontare gli enormi danni collaterali di questo redde rationem con l’Iran. Già oltre mille civili libanesi sono stati uccisi dai raid aerei israeliani, con fino a un milione di sfollati. Come sottolinea Barnes-Dacey, “il costo dell’escalation del conflitto non è solo una possibile guerra regionale, ma anche condizioni profondamente destabilizzanti sul terreno. Queste condizioni spingeranno rapidamente il Libano nell’abisso data la sua attuale crisi di governance ed economica.” Le implicazioni per il Libano, già alle prese con un collasso economico, sono drammatiche; il rischio di esodi verso l’Europa evidente.

Data la big picture, per il policy maker del think tank paneuropeo, i leader europei dovrebbero cercare di giocare un ruolo nel mitigare il conflitto: “Continuando a fare pressione sull’Iran e i suoi alleati affinché cessino tutti gli attacchi, i leader europei dovrebbero anche usare la loro leva collettiva per dissuadere Israele dall’escalation in corso e spingerlo verso un immediato cessate il fuoco a Gaza, che è il percorso più chiaro e probabilmente l’unico per ridurre le tensioni più ampie. Questo dovrebbe includere la sospensione delle vendite di armi a Israele e la revisione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele, che è il perno delle loro relazioni bilaterali e una fonte chiave di leva economica. Gli europei dovrebbero lavorare a stretto contatto con gli stati del Golfo per fare pressione sugli Stati Uniti affinché usino la loro leva militare su Netanyahu prima che sia troppo tardi”.

Prospettive future

Nonostante i successi tattici, resta da vedere se la campagna militare di Israele si tradurrà in una sicurezza a lungo termine lungo il confine settentrionale. Mentre l’IDF continua a smantellare l’infrastruttura di Hezbollah, il contesto geopolitico più ampio—including l’influenza iraniana e l’instabilità persistente a Gaza—suggerisce che il fronte settentrionale di Israele rimarrà volatile nel prossimo futuro.

Mentre Hezbollah si adatta alla perdita della sua leadership, la sua risposta probabilmente determinerà la prossima fase di questo conflitto di lunga durata. Per Israele, garantire la sicurezza delle sue comunità settentrionali richiederà un equilibrio tra operazioni militari e sforzi diplomatici più ampi per rafforzare le garanzie di sicurezza lungo il confine Israele-Libano, dove Hezbollah ha ignorato per anni le direttive della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Tuttavia, la possibilità che l’Iran attacchi direttamente il territorio dello Stato ebraico, per la seconda volta quest’anno scavalcando di nuovo una red-line storica, significherebbe trovarsi davanti a un altro evento game-changer. Come potrebbe reagire Israele? Da quanto profondo sarà un eventuale colpo iraniano dipenderanno le sorti della regione, centro della proiezione geopolitica dell’Italia.

(La foto è stata fornita dall’IDF e mostra alcuni armamenti di Hezbollah ritrovati in un tunnel al confine tra Israele e Libano).



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