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Unifil non si sposta. Israele ascolti un Paese amico. Parla Loperfido (FdI)

Unifil rappresenta l’ultimo baluardo di pace in un’area che è, da sempre, una polveriera. Non bisogna arretrare da quelle zone e Israele deve capire che la missione delle Nazioni Unite non si deve toccare. La soluzione è due popoli e due Stati, purché non siano guidati da chi strizza l’occhio ai fondamentalisti. Conversazione con il segretario della Commissione Esteri alla Camera, Emanuele Loperfido

La conversazione tra il premier italiano, Giorgia Meloni e l’omologo israeliano Benjamin Netanyahu ha chiarito la linea del nostro Paese sull’ultima irruzione nella base Unifil da parte dei tank dell’Idf. La situazione in Medio Oriente, resta molto delicata. Israele “pur avendo tutto il diritto di difendersi deve capire che la missione Onu è intoccabile. E noi rimarremo lì”. Lo dice a Formiche.net Emanuele Loperfido, deputato di Fratelli d’Italia e segretario della Commissione Esteri alla Camera.

Il premier israeliano sostiene che le milizie sciite utilizzino i soldati Onu come scudi umani. Cosa succederà ora con la missione Unifil?

Unifil rappresenta l’ultimo baluardo di pace in un’area che è, da sempre, una polveriera. Non bisogna arretrare da quelle zone e Israele deve capire che la missione delle Nazioni Unite non si deve toccare. Su questo il premier Meloni è stata esemplare. Certo, vanno magari cambiate le regole d’ingaggio.

In che modo?

Hanno ragione i ministri Tajani e Crosetto, occorre evitare di esporre i militari a rischi evitabili ma soprattutto occorre ripensare la missione affinché risulti utile e ottemperi allo scopo per cui è stata immaginata e portata avanti.

A questo punto come sono i rapporti fra il nostro Paese e Israele?

Sono buoni ma soprattutto sono molto chiari. E questo ci permette di essere franchi con il governo. Il sacrosanto diritto di Israele a difendersi dai continui attacchi terroristici non deve collidere con ciò che è previsto dal diritto internazionale. L’obiettivo per quell’area deve essere molto chiaro: dapprima il cessate il fuoco e, di conseguenza, la de-escalation. Tanto più che i civili – non solo a Gaza – stanno pagando un dazio altissimo.

Quale deve essere il ruolo italiano anche in virtù della presidenza del G7 in quell’area?

Noi possiamo dettare l’agenda, di concerto con gli altri Paesi ma senz’altro la nostra posizione è quella di sostegno all’unica democrazia che c’è in quella zona così turbolenta, in cui molti Paesi sono governati da teocrazie fondamentaliste. Israele significa occidente. La soluzione è due popoli e due stati, purché non siano guidati da chi strizza l’occhio ai fondamentalisti. Peraltro, sul dossier Medio Oriente, ci sarà un focus specifico nel corso del prossimo Consiglio Europeo. Voglio sottolineare, a questo proposito, che da 7 ottobre l’Italia non fornisce più armi a Israele.

Questo esecutivo ha puntato molto sulla politica estera. A quasi due anni dall’insediamento del governo Meloni, sono stati raggiunti i risultati sperati?

Direi proprio di sì. Il presidente Meloni si presenta ai tavoli internazionali forte di un governo stabile, che ha dimostrato di saper lavorare sulle priorità del Paese a partire dalla fitta agenda di riforme. Sulla politica estera abbiamo assunto posizioni sempre molto nette e chiare, nel solco del Patto Atlantico. Lo spread è diminuito e questo ha fatto in modo di rendere l’Italia un luogo attrattivo per nuovi investitori anche delle grandi aziende tecnologiche d’avanguardia.

A proposito di alleanze e credibilità internazionale. Resta ancora aperta la questione Ucraina: nel recente incontro con il presidente Zelensky, il premier ha ribadito la linea italiana saldamente al fianco del Paese aggredito.

L’Italia garantirà il supporto all’Ucraina fino alla fine del conflitto. Ma non solo: proprio in virtù della nostra credibilità internazionale l’Italia è riuscita a costruire un’alleanza trasversale attorno a Kyiv. Il sostegno alla causa, è certo. Non c’è stanchezza, come qualcuno ha insinuato.



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