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L’Italia avrà il suo polo terrestre, la joint venture tra Leonardo e Rheinmetall è realtà

Dopo mesi di consultazioni, giunge finalmente l’accordo ufficiale che dà vita a Leonardo Rheinmetall Military Vehicles, la joint venture paritetica italo-tedesca che promette di rivoluzionare il mercato europeo dei mezzi militari terrestri. Punto primo, sviluppare i mezzi che andranno ad aggiornare la componente corazzata delle Forze armate italiane

Dopo la firma del Memorandum of understanding in giugno e l’annuncio di ieri di Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, l’accordo tra i due campioni dell’industria europea della Difesa è stato ufficializzato. La joint venture tra Leonardo e Rheinmetall sarà paritetica, con le quote azionarie ripartite al 50% e con la previsione che il 60% delle attività verranno sviluppate in Italia. A riprova della volontà di dotare l’Italia di un suo polo per la produzione di armamenti terrestri, la nuova Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (Lrmv) avrà sede legale a Roma e sede operativa a La Spezia. L’accordo, siglato da Cingolani e Armin Papperger, Ceo di Rheinmetall, non costituisce solo un passo in avanti per la cooperazione industriale tra le due realtà, ma sarà anche fondamentale per il programma di ammodernamento della componente terrestre delle Forze armate italiane. Dopo la rottura con KNDS, relativa alla fornitura di carri armati Leopard2A8, l’accordo prevede lo sviluppo e la produzione di un nuovo Main battle tank (Mbt), probabilmente basato sul corazzato Panther KF-51 di Rheinmetall, e di un nuovo sistema di combattimento corazzato di fanteria (Aics), basato sul design modulare del Lynx e quindi realizzabile in diverse versioni, da quelle antiaeree a quelle logistiche o di supporto al combattimento. 

L’afflato europeo dell’iniziativa italo-tedesca

Sinora Germania e (secondariamente) Francia hanno detenuto il vantaggio continentale sulla produzione di mezzi corazzati pesanti, puntando su prodotti nazionali e pressoché immodificati per l’export, ma la nuova realtà in via di costituzione potrebbe portare finalmente verso una più solida armonizzazione del panorama industriale europeo della Difesa. Papperger, ha affermato “Stiamo creando un nuovo peso massimo nella produzione europea di carri. Leonardo e Rheinmetall, due principali fornitori europei di tecnologie per la difesa, uniscono le forze per realizzare progetti ambiziosi”.

La nuova azienda, la quale potrà beneficiare dell’esperienza dell’industria tedesca nel campo terrestre, con la stessa Rheinmetall Italia presente nel nostro Paese, guidata da Alessandro Ercolani, e di quella italiana nei settori della sensoristica e dei sistemi avanzati, ancorché creata per soddisfare le esigenze dell’Ei, ha dunque tutte le carte in regola per diventare un player europeo di primo livello. “Ci rivolgiamo, in prima istanza, al mercato italiano, ma ci rivolgeremo anche ad altri Paesi partner che in futuro avranno bisogno di modernizzare i loro sistemi di combattimento”, ha aggiunto Papperger. L’unione di forze tra Italia e Germania giunge in un momento cruciale per l’industria della Difesa europea, la quale si trova a doversi risollevare rapidamente da una stagione di decrescita e caratterizzata da un’estrema frammentazione. Secondo Cingolani, “si tratta di un passo significativo verso la creazione di un sistema della difesa europeo basato su piattaforme specializzate condivise. Rheinmetall e Leonardo puntano a sviluppare tecnologie all’avanguardia in grado di competere a livello internazionale”.

I nuovi mezzi per l’Esercito italiano

Il nuovo sistema di combattimento corazzato dell’Esercito italiano sarà dunque basato su una versione personalizzata del Panther KF-51 che, già di per sé, rappresenta una delle maggiori avanguardie tecnologiche al mondo in materia di carri armati. Il Panther, dal peso di 59 tonnellate e progettato per essere operato da un equipaggio di 3-4 uomini, è basato sulla scocca del Leopard2A4 ed è equipaggiato con un cannone da 130mm, il più pesante che si possa trovare oggigiorno su un carro armato. L’armamento secondario è costituito dalla consueta mitragliatrice coassiale da 12,7mm, mentre l’involucro esterno è costituito da una corazza reattiva e dalla protezione attiva StrikeShield. Le aggiunte personalizzate riguarderanno probabilmente la sensoristica integrata per la conduzione di operazioni multi-dominio, nonché strumenti per la difesa attiva dai droni e dalle loitering munitions. Non è da escludersi che il nuovo carro implementi anche un proprio lanciatore di droni per la conduzione di attività Isr (Intelligence, surveillance and reconnaissance).

Per il mezzo di fanteria, il modello di partenza sarà il Lynx di Rheinmetall, che ha già dimostrato la sua grande versatilità. Il mezzo, realizzato quasi interamente con design modulare, permette non solo di optare per varie configurazioni (trasporto personale, difesa antiaerea, combattimento di prima linea, gettaponti, primo soccorso), ma può anche essere riconfigurato in tempi drasticamente ridotti rispetto ai sistemi affini. Anche in questo caso, ci sarà da aspettarsi delle personalizzazioni che rispondano alle esigenze operative delle Forze armate italiane. D’altronde, dal momento che il programma Aics della Difesa italiana prevede l’acquisto di circa mille mezzi in 16 configurazioni diverse, il Lynx, col suo design modulare, rappresenta una piattaforma ideale per diversificare le capacità dell’Esercito senza appesantire la catena di approvvigionamento e manutenzione con una miriade di mezzi dalle caratteristiche ingegneristiche basilari differenti. 

Che ne sarà ora del “carro europeo” franco-tedesco?

Il carro europeo del futuro doveva essere, almeno secondo Parigi e Berlino, il Main ground combat system (Mgcs), programma franco-tedesco che prevede lo sviluppo di un carro armato di prossima generazione (ossia capace di integrare un sistema di sistemi). Si tratta di uno dei due progetti di punta dell’accordo tra Francia e Germania del 2017 (l’altro è il progetto Scaf, il corrispettivo del nostro Gcap); l’intesa di fondo è che fossero i tedeschi a guidare il progetto terrestre, mentre i francesi avrebbero avuto il ruolo di primus inter pares nello Scaf. Da quando è stato lanciato, tuttavia, il programma ha faticato a prendere slancio, funestato da una serie di ritardi e malumori sia tra i partner industriali, sia tra i governi di Francia e Germania. Le difficoltà nelle cooperazioni militari industriali tra Parigi e Berlino non sono mai state un segreto, ma mentre la Francia sembra correre ai ripari sul fronte Scaf, è possibile che la Germania stia facendo altrettanto dal lato Mgcs. Ora, con lo sviluppo di un nuovo progetto e la futura messa a terra di impianti per la produzione, viene da chiedersi se il “carro europeo del futuro” non sarà proprio quello che l’Italia si appresta ad adottare.


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