La Russia aiuta gli Houthi anche con la designazione dei bersagli, che poi sono le navi commerciali occidentali che risalgono il corridoio indo-mediterraneo Suez-Bab El Mandeb. Gli Usa non possono che colpire in Yemen (e aiutare Israele)
Il Wall Street Journal fa uscire adesso una notizia importante: la Russia avrebbe fornito agli Houthi dati per il targeting, georeferenziazioni usate dai miliziani yemeniti per colpire (con armi passate dall’Iran) i cargo di compagnie occidentali nell’Indo Mediterraneo. Queste informazioni venivano date agli Houthi non direttamente, ma passate tramite alcuni Pasdaran che sono in Yemen, sul campo. E dunque, Mosca (con Teheran) sta attivamente partecipando alla campagna di destabilizzazione lanciata contro il traffico di cargo che usa il corridoio del Mar Rosso (Suez-Bab El Mandeb) per il commercio Europa-Asia: luogo di sfogo, secondo gli yemeniti, della loro rappresaglia contro Israele. È una campagna non da poco, che ha alterato i flussi geoeconomici globali, producendo aumenti dei prezzi delle spedizioni (e dunque al dettaglio), rischiato un disastro ambientale dopo che era stata colpita la petroliera Sounion, interrotto Internet in diverse aree dell’Africa dopo che la Rubymar aveva tranciato tre cavi sottomarini mentre viaggiava alla deriva prima di affondare.
Sicuramente il WSJ esce in questo momento perché ha ricevuto adesso l’informazione: notizie così sono importanti e seguono un processo di verifica pressante, ma l’obiettivo è arrivare per primi. Ma chi l’ha trasmessa potrebbe aver avuto interesse a farla uscire in questo momento. In questi giorni Vladimir Putin ha ospitato il festival delle photo-opportunity che ogni anno è il vertice dei BRICS. Ha fatto un paio di dozzine di incontri con altri leader internazionali ed è riuscito a dimostrare al mondo che non è così isolato come dice l’Occidente — che dopo l’inizio dell’invasione su larga scala ha iniziato a trattarlo definitivamente da paria. È possibile dunque che far uscire notizie sul contributo russo al caos geoeconomico indo-mediterraneo sia utile per mascherare il jet-set putiniano? Per dimostrare ad alcuni di quei leader — per esempio all’indiano Narendra Modi — che mentre ti abbraccia alimenta una destabilizzazione regionale con effetti globali?
Potrebbe esserci anche di più. Gli Stati Uniti avrebbero intenzione di ricompensare Israele per aver accettato di contenersi sulla rappresaglia contro l’Iran. Ben Caspit, giornalista di Al Monitor informatissimo, lo ha scritto due giorni fa e nessuno si è avventurato in smentite (silenzio assenso?). Premesso che ancora Israele ha possibilità di colpire l’Iran in ritorsione dell’attacco subito il primo di ottobre, se il governo Netanyahu non mette petrolio e nucleare della Repubblica islamica nei suoi target — e dunque non creerà un riflesso regionale incontrollabile — dovrebbe ricevere delle ricompense dagli Usa. Tra queste c’è anche un aumento dell’intensità della campagna offensiva contro gli Houthi — che si chiama “Poseidon Archer” ed è iniziata qualche mese fa, affiancando altre frustranti missioni di difesa con cui assetti militari occidentali devono, per scelta politica, scortare navi commerciali e subire attacchi dagli Houthi senza possibilità di rispondere al fuoco se non per intercettare i missili che gli piovono in testa.
Poseidon Archer ha già avuto negli ultimi giorni un aumento di passo in effetti. Il CentCom ha comunicato svariati raid (lo fa puntualmente sin dall’inizio dell’operazione perché adotta la trasparenza come arma contro la disinformazione russa e iraniana, e cinese: anche se non funziona). In una di queste azioni sono stati impiegati addirittura i B-2 Spirit. Era dal 2017 che i bombardieri strategici a potenziale nucleare non partecipavano ad attività operative reali, e sono probabilmente partiti dalla Whiteman Air Force Base in Missouri per colpire dall’altra parte del mondo. È stata una dimostrazione di capacità militari, utile in senso strategico per la ricostruzione della deterrenza con l’Iran, ma anche un’evoluzione tattica (sono stati colpiti bunker che contenevano armamenti e altre strutture che le bombe dei B-2 hanno centrato meglio di altri armamenti). Entrambe queste due dimensioni sono apprezzatissime da Israele. Ma molto meno dall’elettorato americano.
Nella razionalizzazione matematica di questa fase finale della campagna elettorale certe operazioni (non importa quanto sicure e quanto precise) rischiano di rientrare nelle “endless war”, che sono un marker negativo per chi va a votare Usa2024. Per anni gli elettori hanno contestato in modo bipartisan l’eccessivo coinvolgimento — in termini politici, economici, sociali e umani — nei conflitti “senza fine” in Medio Oriente. Donald Trump ci ha lavorato molto per ottenere consenso quando ha vinto 10 anni fa; prima di lui Barack Obama e anche adesso, mentre il Medio Oriente esplode, Joe Biden si accorda per il ritiro dei soldati americani dall’Iraq (lì, con vari ingaggi, dal 1991).
Gli elettori mal digeriscono qualsiasi impegno americano nella regione, figurarsi se esso si leghi a un’intesa per aumentare la protezione di Israele (a cui, dopo le migliaia di vittime innocenti di Gaza, tengono più poche constituency) e a migliorare il flusso di navi commerciali che entrano ed escono dall’Europa senza particolare interesse diretto americano (che ovviamente usano per i loro collegamenti all’Asia l’Oceano Pacifico ed entrano in Europa tramite l’Atlantico). Ed è qui che la presenza russa dietro agli Houthi può essere un elemento giustificativo. Contro Putin è ormai più o meno accettato e accettabile un coinvolgimento, per ragioni storiche e per le contingenze post-invasione; lo è perché viene riconosciuto come nemico che si allea con l’altro nemico, la Cina; lo è perché va disarticolato un “axis of the upheaval” che coinvolge anche Iran e Corea del Nord, un insieme di forze negative che sono un problema per l’America secondo quasi tutte le porzioni di elettorato se si escludono alcuni dei fanatici trumpiani e l’ultra-sinistra anti-occidentalista. D’altronde, quello che pubblica adesso il WSJ non fa che confermare le notizie precedenti sulla presenza di agenti del Gru (l’intelligence militare russa) al fianco degli Houthi o sulla riattivazione del business acido di Viktor Bout (il più famoso trafficante d’armi del mondo, liberato dagli Usa per uno scambio di prigionieri con la Russia e a quanto pare già tornato sul campo in Yemen). Per la Russia c’è anche la possibilità di spingere il caos pensando alle rotte della nuova globalizzazione.