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L’Italia non è (ancora) sostenibile. I dati del Rapporto ASviS

“La costruzione dello sviluppo sostenibile richiede una visione sistemica e la consapevolezza che ogni ritardo aumenta la portata delle crisi e i costi della transizione. Occorre operare adesso”. Parola di Enrico Giovannini, presidente Asvis, in occasione della presentazione del rapporto annuale

Nonostante gli impegni presi in  tutte le sedi istituzionali internazionali e i vari piani varati a livello nazionale per rispettare questi impegni, l’Italia procede sulla strada della sostenibilità  arrancando rispetto ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. “È urgente e necessario un profondo cambiamento di passo, mettendo lo sviluppo sostenibile al centro di tutte le politiche, accelerando la transizione ecologica e digitale, lottando contro le disuguaglianze, anche territoriali, sfruttando le opportunità derivanti dalle nuove normative europee sulla sostenibilità nelle imprese e sulla rigenerazione dei territori, e dalla modifica della Costituzione del 2022 per tutelare i diritti delle nuove e future generazioni”. È quanto emerge dal Rapporto ASviS , “Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, presentato ieri a Roma.

“La sostenibilità non è semplicemente una questione legata all’energia o al clima, risolvibile con interventi marginali o piccoli aggiustamenti nelle politiche pubbliche – ha detto Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS – La costruzione dello sviluppo sostenibile richiede una visione sistemica e la consapevolezza che ogni ritardo aumenta la portata delle crisi e i costi della transizione. Occorre operare adesso, nonostante le difficoltà, per prenderci cura del pianeta di cui facciamo parte, attraverso azioni concrete, pubbliche e private, orientate ad uno sviluppo pienamente sostenibile”.

I numeri del rapporto descrivono con chiarezza il ritardo del nostro Paese nel raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda. Tra il 2010 e il 2030 sono stati registrati peggioramenti per cinque di essi: povertà, disuguaglianze, qualità degli ecosistemi terrestri, governance e partnership. Limitati miglioramenti per sei obiettivi: cibo, energia pulita, lavoro e crescita economica, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico e qualità degli ecosistemi marini. Più consistenti i miglioramenti per salute, educazione, uguaglianza di genere, acqua e igiene, innovazione. L’unico miglioramento molto consistente riguarda l’economia circolare.

Qualche dettaglio e qualche esempio. L’Italia è al centro dell’hotspot climatico del Mediterraneo e si riscalda a quasi il doppio della media globale. Oltre 18 mila persone nel 2022 sono morte per cause riconducibili alle ondate di calore estive, un terzo delle circa 60 mila avvenute nell’Unione europea. Senza l’adeguamento delle opere di protezione delle coste, l’innalzamento del livello del mare nel 2050 potrebbe provocare danni per un valore compreso tra i 50 e gli 81 miliardi di euro. 5 milioni 700 mila persone si trovano in condizioni di povertà assoluta e 13 milioni e mezzo (il 23% della popolazione) sono a rischio povertà o esclusione sociale. Siamo all’ 83° posto su 146 Paesi per la parità di genere: il tasso di occupazione delle donne si attesta al 54 e mezzo per cento, quello degli uomini al 71%.

Eppure i nostri concittadini si dichiarano angosciati per lo stato di degrado ambientale del Paese: il 93% ritiene, infatti, che l’Italia debba rafforzare i propri impegni nella lotta al cambiamento climatico; nove italiani su dieci si dicono  preoccupati per lo stato degli ecosistemi e il 62% è convinto che il pianeta stia raggiungendo “pericolosi punti di rottura” e chiede una transizione ecologica più rapida e incisiva. A queste preoccupazioni va aggiunto il fatto che solo il 25% crede che le decisioni del Governo siano prese a beneficio della maggioranza del Paese e solo il 21% pensa che il governo stia operando pensando a prospettive di lungo termine.

Nel Rapporto sono contenute alcune proposte che secondo l’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, occorre attuare da subito per migliorare le politiche nazionali ed europee. In particolare dare piena attuazione alla Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, approvata nel novembre 2023 e dimenticata da qualche parte. E un Programma per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, mettendo l’Attuazione dell’Agenda 2030 al centro delle decisioni politiche. In un’epoca segnata dalla crisi climatica e dalla crescente perdita di biodiversità è essenziale garantire una gestione sostenibile degli ecosistemi con l’approvazione di una Legge sul Clima, per guidare il Paese verso la neutralità carbonica al 2050. E ancora rendere operativa la Dichiarazione sulle Future Generazioni della Nazioni Unite dello scorso settembre per coinvolgere maggiormente le giovani generazioni nella vita democratica e decisionale del Paese.

Non solo l’Italia, Anche l’Unione europea stenta a rispettare la tabella di marcia per raggiungere i 17 Obiettivi dell’Agenda Onu. Di questi, dieci sono abbastanza fattibili entro il 2030, cinque  non sono raggiungibili e due sono in sospeso. Positivo è il fatto che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen  abbia riaffermato l’impegno per realizzare le politiche ambientali, economiche e sociali nella direzione dello sviluppo sostenibile, nonostante il difficile contesto geopolitico, e che “abbia inserito nelle lettere di missione dei nuovi Commissari l’obiettivo di raggiungere quelli di propria competenza”.

E comunque, anche a livello globale il percorso per attuare l’Agenda 2030 è “drammaticamente incerto”. A sei anni dal 2030, “solo il 17% dei target globali sembra destinato ad essere raggiunto, mentre per almeno un terzo si registra un arresto o addirittura un peggioramento”. Per questo motivo le Nazioni Unite, attraverso il Patto sul Futuro, firmato il 22 settembre, hanno individuato 56 azioni su cui i leader mondiali si sono impegnati. Riguardano cinque aree prioritarie: sviluppo sostenibile, finanza, pace e sicurezza, cooperazione tecnologica, rafforzamento della governance globale. Molte delle azioni sono finalizzate a migliorare la governance mondiale, come la riforma dell’Onu (compreso il Consiglio di Sicurezza), l’Organizzazione mondiale del commercio e le grandi istituzioni internazionali, riconoscendo il diritto dei Paesi emergenti e in via di sviluppo ad assumere ruoli di maggiore peso.

Per quanto riguarda il nostro Paese, quattro i “punti di svolta” che ne devono segnare le scelte. Il primo è legato alla Legge sull’autonomia differenziata che rischia di aggravare le disuguaglianze tra i territori e minare il coordinamento delle politiche di sostenibilità. Il secondo riguarda la Direttiva europea sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese, chiamate a garantire maggiore trasparenza e responsabilità in ambito sociale e ambientale. Il terzo deriva dal Regolamento europeo sul ripristino della natura, che vincola gli Stati membri a ripristinare gli ecosistemi degradati con conseguenti miglioramenti ambientali e occupazionali. Il quarto, infine, viene direttamente dalla riforma della Costituzione del 2022 che introduce, tra i principi costituzionali, quello di tutelare l’ambiente, gli ecosistemi e la biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni, e stabilisce che l’attività economica non può svolgersi a danno della salute e dell’ambiente.


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