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Così la manovra convince i mercati

Il messaggio fatto passare da Giancarlo Giorgetti nel suo incontro con la stampa, all’indomani del varo della finanziaria, è chiaro: tutto quello che era stato annunciato, è stato fatto. E alla fine la Borsa digerisce anche i sacrifici per le banche

I mercati l’hanno presa decisamente bene, e non era scontato. All’indomani della presentazione della manovra d’autunno, 30 miliardi di gittata nel solco della prudenza, la Borsa di Milano ha chiuso la seduta con un secco +0,2%, a fronte di uno spread Btp/Bund di 122 punti base e rendimenti sul titolo decennale sotto il 4% (da inizio anno il premio sui Btp italiani di riferimento è sceso del 4,4%, sintomo di una maggiore fiducia degli investitori verso l’Italia).

Segni, inequivocabili, che quanto messo nero su bianco dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nella legge di Bilancio, è esattamente quello che i mercati si aspettavano. E, cono ogni probabilità, anche l’Europa. Tanto per cominciare ci sono le cifre, in calce nel Piano strutturale di bilancio e ribadite proprio nella finanziaria e che raccontano una traiettoria piuttosto stringente di rientro del deficit e, dunque, del debito.

Manovra alla mano, il rapporto debito/Pil a fine anno dovrebbe toccare il 135,8%. Poi si prevede che tocchi il 136,9% nel 2025, il 137,8% nel 2026 e il 137,5% nel 2027. Nello scenario programmatico il rapporto deficit/Pil, invece, scenderà dal 3,8% di quest’anno al 3,3% nel 2025, al 2,8% nel 2026 e sotto il tetto del 3% chiesto dalle regole Ue, per attestarsi in modo strutturale al 2,6% nel 2027. Ma andando oltre i numeri, che certificano un allineamento sostanziale dei conti pubblici italiani ai dettami del nuovo Patto di stabilità, nella sua versione più morbida, sono forse anche le parole del titolare del Tesoro, alla sua terza manovra, ad aver instillato un che di fiducia.

Semplicemente, puntellando le misure che il governo ha fin qui sostenuto. “Il governo rende strutturale il taglio del cuneo, che vale circa 100 euro in più in busta paga per chi guadagna fino a 35 mila euro lordi, e la riduzione da 4 a 3 delle aliquote Irpef, sempre a beneficio dei redditi medio-bassi”, ha messo in chiaro Giorgetti, incontrando la stampa all’indomani del Consiglio dei ministri in notturna che ha varato la finanziaria, che verrà presentata in Parlamento il prossimo 21 ottobre.

Lo scoglio, se proprio ci poteva essere, erano i famosi sacrifici chiesti sia alle grandi aziende e al sistema bancario, da sempre il fianco più sensibile per i mercati. Per quanto riguarda il primo versante, “anche tutto l’universo di enti, fondazioni a vario titolo che ricevono contributi da parte dello Stato saranno chiamati a rispettare le regole elementari di buona finanza. Per esempio gli organi di vertice di partecipate o altro avranno un tetto che abbiamo ritenuto equo, situato al livello dell’indennità percepita dalla premier. Immaginiamo che qualcuno possa decidere di rinunciare al contributo pubblico e fare altro, qualcun altro si adeguerà”.

Poi, il chiarimento sulle banche, partendo dalla cautela dell’Associazione bancaria che però non è un no a priori. Ma qui la parola è passata al viceministro Maurizio Leo, l’uomo che ha in mano le redini del fisco italiano. “Per quanto riguarda le imposte sulle assicurazioni per il ramo terzo e il ramo quinto, quindi non sono toccate le polizze vita, è previsto il meccanismo di pagamento dell’imposta di bollo a carico dell’impresa di assicurazione con un meccanismo temporale, non alla scadenza della polizza come avviene ora. Mentre per quanto riguarda il contributo per le banche hanno appostate le imposte differite attive, che danno la possibilità di deduzione nel corso del tempo, sospendiamo la deduzione per gli anni 2025 e 2026”.


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