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Sulle tasse Giorgetti chiude il caso. Ma sulla spesa niente trucchi

Il ministro dell’Economia chiude una settimana di polemiche ed equivoci. Nessuno alzerà la pressione fiscale ma i ministeri facciano la loro spending review. Sulle pensioni il sistema non può reggere senza un bilanciamento tra nascite e morti

Di nuove tasse non c’è e non ce ne sarà l’ombra. Ma a un patto: che i ministeri applichino una seria e responsabile spending review, di almeno 4 miliardi. Altrimenti la manovra in fase di limatura (entro il 20 ottobre va portata in Parlamento), partirà zoppa. Giancarlo Giorgetti, mai come in questi giorni al centro delle attenzioni, è tornato a dare la sua lettura della legge di Bilancio, dopo aver alzato, non certo con dolo, un polverone nel momento in cui ha fatto intendere la possibilità di alzare le tasse sulla casa per chi avesse goduto degli incentivi del Superbonus. Non è così.

“Sicuramente non ci saranno più tasse, dopodiché meno tasse lo stiamo facendo, non lo stiamo promettendo: basti vedere quello che abbiamo fatto nella precedente legge di Bilancio, il taglio del cuneo fiscale contributivo di 6-7 punti percentuale che tutti giudicavano impossibile, o comunque precario, diventerà strutturale. Quindi rispondiamo con i fatti rispetto a una narrativa che, diciamo, vuole sostenere il contrario”, ha chiarito Giorgetti intervenendo alla Festa dell’ottimismo del Foglio. “Io credo che in queste settimane, in questi giorni in particolare, ci sia stato uno stillicidio di interpretazioni, quindi si tratta solo di aspettare fino a martedì e poi tutto sarà più chiaro”.

Ma ecco il monito. “Confermo che, come peraltro già annunciato in Consiglio dei ministri, qualche settimana fa io ho preannunciato a tutti i miei colleghi che occorre fare sacrifici e rinunciare a qualche programma, magari totalmente inutile, magari che sopravvive dal passato ma che non dà nessuna concreta utilità. Quindi ho sollecitato tutti i colleghi a fare proposte rispetto alle spese che sono da considerarsi inutili. Dopodiché se i colleghi non presenteranno proposte, al ministro dell`Economia toccherà fare la parte del cattivo, farò la parte del cattivo, e provvederà lui”.

Messaggio inviato e, forse, ricevuto. Nelle more, c’è da trovare i soldi per altri capitoli di spesa, che per il governo rimangono la priorità. “In Italia bisogna sostenere le famiglie con figli, in particolare quelle con figli nell’età più giovane. Noi abbiamo cominciato con la scorsa legge di Bilancio, di questo tema se ne è parlato moltissimo, ma noi abbiamo cominciato a mettere più risorse con le famiglie. Perché sembrava confinato a un argomento da bigotti, la realtà è che sono i numeri a dire che è un argomento economico e un argomento che afferisce alla crescita. Perché tutti quanti si concentrano sulla crescita che è limitata nei paesi occidentali, ma guardando la demografia ci si accorgerà che il Pil pro capite aumenta ma non aumenta il Pil aggregato. Questo significa che la demografia è importante”.

La natalità, come noto, chiama direttamente in causa un altro problema, forse il problema: le pensioni. Giorgetti ha fatto esercizio di realismo, ricordando come “il sistema non è sostenibile se non è adeguatamente bilanciato quello che è il flusso delle nascite con quelle che sono le morti. Se guardate negli ultimi anni in Italia abbiamo un saldo negativo impressionante, quindi io penso che non è una questione da qui a vent’anni, a trent’anni è una questione di contingenza oggi. Naturalmente questo magari non procura molti voti per chi fa politica, è un dato di fatto. Io l’ho messo sul tavolo ci sono diverse proposte, quello da cui bisogna partire secondo me è che chi ha figli, in particolare nell’età più giovane” va sostenuto.

E comunque, versante lavoro, al governo “stiamo perfezionando quelli che sono gli incentivi di carattere fiscale a chi vuole rimanere sul luogo di lavoro. Questo risponde non semplicemente a un’esigenza di finanza pubblica, ma se vogliamo anche a quello che è anche il desiderio di realizzazione delle persone che ritengo di essere più utili a lavorare che ad andare in pensione. Lo dico anche con riferimento a determinate qualifiche che nel mondo pubblico cominciano a diventare assai difficili da rimpiazzare e da colmare, soprattutto quelle di carattere tecnico. Io credo che questo tipo di libertà sia qualcosa che va nell’interesse sia dei singoli che del pubblico”.



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