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Meloni avvii la fase 2 del governo. La versione di Cangini

La strategia del galleggiamento non ha mai portato bene ai governi. Giorgia Meloni prenda il toro per le corna e faccia il possibile per traghettare governo e maggioranza in una nuova fase politica che consente di concludere la legislatura. Viceversa, i tempi delle prossime elezioni saranno fatalmente destinati ad avvicinarsi. Se ciò accadrà non sarà certo per merito delle opposizioni, ma per colpa della maggioranza. Il commento di Andrea Cangini

Impressionati dai primi, vistosi scricchiolii della tenuta italiana nel contesto internazionale, contesto che fino a quel momento rappresentava la vera forza di Giorgia Meloni, sul finire dello scorso luglio scrivemmo che la Fase 1 del governo, quella del vento nelle vele dell’esecutivo e della luna di miele con gli elettori, si era ormai conclusa.

Alla presidente del Consiglio sarebbe, dunque, servita una “verifica di governo” o comunque uno scatto di reni per responsabilizzare i leader dei partiti alleati e ricompattare i ranghi della maggioranza. Tesi analoghe furono sostenute dai principali commentatori politici di Corriere e Repubblica. Non se ne fece nulla.

Alle difficoltà sulla scena internazionale si sono ormai da un po’ di tempo aggiunte le difficoltà sulla scena interna. Emblematico il caso del ministero della Cultura. Emblematico perché ci aiuta ricordare che i principali problemi politici che il governo Meloni I si trova a dover fronteggiare non nascono dal contesto e tantomeno dall’incalzare delle opposizioni: nascono, invece, con tutta evidenza dall’inadeguatezza degli uomini scelti (in questo caso, Gennaro Sangiuliano) o dalle impuntature interne al partito di maggioranza relativa (a far rotolare la testa del capo di gabinetto del neoministro Giuli è stata una componente di Fratelli d’Italia). Insomma, i problemi sono tutti interni.

Le tensioni sull’autonomia differenziata tra la Lega da una parte e Fratelli d’Italia e Forza Italia dall’altra, così come gli ormai sistematici scontri politici tra Matteo Salvini e Antonio Tajani testimoniano la mancanza di amalgama nella coalizione. Coalizione i cui partiti sono tutti, più o meno, in sofferenza rispetto ad una manovra economica tutto sommato rigorista: la Lega ha dovuto rinunciare a quota 41, Fratelli d’Italia al taglio delle tasse sui redditi medi, Forza Italia all’aumento delle pensioni minime. Allarmante, sempre a proposito della legge di bilancio, è la sollevazione dei medici per il blocco delle assunzioni e l’irrisorio impatto delle defiscalizzazioni, e quella degli insegnanti per il blocco del turnover. Scuola e Sanità sono mondi sensibili, dai cui umori sono in passato dipese le sorti degli esecutivi. L’umore è pessimo, lo sciopero nazionale del comparto sanitario è già stato indetto, quello della Scuola c’è da credere che arriverà.

Se a ciò aggiungiamo lo stallo della prospettiva albanese nella gestione dei flussi migratori, stallo dovuto ad un certo pressappochismo di Palazzo Chigi, troviamo conferma dell’autolesionismo di maggioranza e governo, nonché del fatto che la Fase1 si è davvero, definitivamente conclusa. L’eventuale vittoria del centrodestra alle imminenti regionali in Liguria potrebbe rappresentare un utile balsamo per la maggioranza, l’eventuale sconfitta un ulteriore elemento di fibrillazione. Mai come oggi appare necessario quello scatto di reni invocato, invano, lo scorso luglio.

La strategia del galleggiamento non ha mai portato bene ai governi. Giorgia Meloni prenda il toro per le corna e faccia il possibile per traghettare governo e maggioranza in una nuova fase politica che consente di concludere la legislatura. Viceversa, i tempi delle prossime elezioni saranno fatalmente destinati ad avvicinarsi. Se ciò accadrà non sarà certo per merito delle opposizioni, ma per colpa della maggioranza.


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