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L’Oms attiva i Corpi di emergenza sanitaria globale contro il Mpox. Cosa significa?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha attivato per la prima volta i Corpi di emergenza sanitaria globale (Ghec) per affrontare l’epidemia di Mpox. Ecco cosa significa e cosa comporta per lo scenario sanitario globale

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), insieme ai partner e agli Stati membri, ha attivato per la prima volta i Corpi di emergenza sanitaria globale (Ghec) come contromisura all’epidemia di Mpox (il cosiddetto vaiolo delle scimmie). Questo intervento mira a fornire ulteriore sostegno ai Paesi che stanno attualmente affrontando focolai della malattia. Se da un lato la crisi conseguente la pandemia di Covid-19 ha rivelato la scarsa preparazione a livello globale di fronte a minacce di tipo sanitario, dall’altro è chiaramente emersa la necessità per ogni Paese di garantire la propria sicurezza sanitaria anche attraverso azioni condivise. Il Ghec nasce nel 2023 come framework in risposta alle lacune e alle sfide identificate durante l’azione contro la pandemia di Covid-19. Raccoglie un gruppo di professionisti e si pone come meccanismo volto da un lato a migliorare la capacità della forza lavoro emergenziale negli ambiti di prevenzione, preparazione, risposta e resilienza nelle emergenze sanitarie, e dall’altro ad agire come piattaforma di collaborazione tra Paesi e reti di emergenza sanitaria.

OMS: EMERGENZA DI SALUTE PUBBLICA INTERNAZIONALE

La decisione dell’Oms segue l’annuncio dello scorso agosto in cui il direttore generale dell’organizzazione Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha definito l’Mpox “una emergenza di salute pubblica internazionale”. L’annuncio è arrivato in seguito al riaccendersi dei focolai nella Repubblica Democratica del Congo, con casi anche in altri Paesi africani, in particolare in Africa centrale. Nello stesso mese, un piano strategico globale di preparazione e risposta per fermare i focolai di trasmissione da uomo a uomo è stato lanciato sempre dalla stessa Oms. Contestualmente all’attivazione del Ghec, il 22 ottobre, i leader tecnici dei paesi colpiti e i leader di altri paesi, compresi quelli che avevano sperimentato precedenti epidemie di Mpox, si sono riuniti per discutere le misure di controllo più efficaci, condividere le migliori pratiche e coordinare i loro sforzi per fermare l’epidemia.

MPOX, LA SITUAZIONE ATTUALE

Sono diciotto i Paesi del continente africano ad aver segnalato casi di Mpox nel 2024 e la rapida diffusione del clade 1b in almeno altre due regioni ha sollevato preoccupazioni in merito al rischio di un’ulteriore diffusione del virus. Diversamente dall’epidemia del 2022, causata dal clade 2, l’ultima ondata ha infatti visto il diffondersi del più letale clade 1 e della sua nuova variante. L’Mpox è causato dal virus del vaiolo delle scimmie (Mpxv), un virus a Dna a doppio filamento con involucro, appartenente al genere Orthopoxvirus nella famiglia Poxviridae, che include anche virus come il vaiolo umano, il cowpox e il vaccinia. Il virus è stato scoperto per la prima volta in Danimarca nel 1958 da esemplari di scimmie in cattività, ed il primo caso segnalato negli umani risale al 1970 nella Repubblica Democratica del Congo.

QUALE RUOLO PER IL GHEC?

“Il Ghec rafforza la capacità dei numerosi ed efficaci operatori a livello nazionale e regionale di collaborare e garantire il successo sul campo nell’interrompere la trasmissione e ridurre le sofferenze” ha affermato Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell’Oms. Con l’attivazione del Ghec, più di cinquanta esperti appartenenti a Oms, Rete globale di allerta e risposta alle epidemie (Goarn), e African volounteers health corps (Avhoc-Surge), sono già stati inviati nei Paesi affetti dall’epidemia. Con l’impiego degli Avhoc-Surge, una crescente coorte di professionisti del continente, coordinati dall’ufficio regionale dell’Oms per l’Africa e dal Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Cdc), “possiamo assicurarci che le risposte siano non solo tempestive, ma anche contestualmente rilevanti” ha affermato Abdou Salam Gueye, direttore delle emergenze dell’ufficio regionale Oms. “La dedizione e la competenza di questi operatori – ha aggiunto l’esperto – sono essenziali per salvare vite e costruire sistemi sanitari resilienti in grado di resistere a minacce future”. In collaborazione con l’Associazione internazionale degli istituti nazionali di sanità pubblica (Ianphi), il Ghec ha individuato ventidue aree da rafforzare in otto Paesi coinvolti dall’epidemia di Mpox.

LA SITUAZIONE IN EUROPA

Il primo Paese europeo coinvolto dalla diffusione del nuovo clade è stata la Svezia lo scorso agosto, il giorno successivo l’annuncio dell’Oms. Più recentemente, il 18 ottobre, un cittadino tedesco ha contratto il virus all’estero. Sebbene il rischio di una trasmissione sostenuta di Mpox in Europa rimanga basso, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) consiglia di potenziare i meccanismi di preparazione, mantenere una vigilanza costante e una rapida implementazione di misure di controllo alla rilevazione di nuovi casi.

UNA SFIDA IMPORTANTE

L’attivazione del Ghec sottolinea una necessità più ampia sullo scenario di salute globale. Il rafforzamento dei meccanismi di risposta alle minacce sanitarie, anche in un’ottica one health, deve necessariamente partire dal basso. “Il nostro più grande asset nella risposta alle emergenze sanitarie è rappresentato dalla nostra forza lavoro. Ripensare le capacità della nostra forza lavoro per le emergenze sanitarie a tutti i livelli è fondamentale per prepararsi e rispondere in modo efficace alle emergenze sanitarie”, aveva affermato Ghebreyesus lo scorso anno contestualmente alla fondazione del Ghec. Il potenziamento della forza lavoro sanitaria ed emergenziale, infatti, permette una gestione delle emergenze più prossima ai luoghi di esordio. Se il Covid-19 ci ha insegnato che per la sicurezza sanitaria è imprescindibile una sinergia fra la dimensione transnazionale e locale, il rafforzamento dell’architettura sanitaria globale soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito resta la grande sfida che la comunità internazionale deve affrontare oggi.



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