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Due navi tedesche evitano il Mar Rosso. Perché la scelta di Berlino imbarazza l’Occidente

La decisione di Berlino di deviare dal Mar Rosso due navi militari, per paura degli Houthi, imbarazza la Nato e il modello occidentale. Perché la Germania ha fatto questa scelta?

A causa della situazione di insicurezza, la Deutsche Marine ha ordinato a due navi militari di evitare il corridoio indo-mediterraneo del Mar Rosso, le cui rotte sono state destabilizzate da oltre un anno dai continui attacchi degli Houthi. La fregata Baden-Württemberg e la nave da appoggio logistico Frankfurt am Main, al rientro dopo mesi di missione nell’Indo-Pacifico, dove hanno solcato anche le acque tempestose dello Stretto di Taiwan (non senza crucci), seguiranno il percorso molto più lungo circumnavigando l’Africa, doppiando il Capo di Buona Speranza.

For Pete’s sake!

È stato lo Spiegel a dare per primo la notizia, creando una rapida sequenza di critiche riassumibili nell’uscita pubblica dell’ammiraglio James Stavridis, un tempo Supreme Allied Commander della Nato. “Questo è semplicemente ridicolo. Abbiamo bisogno di una coalizione globale per distruggere la capacità degli Houthi di bloccare le spedizioni. Ora”, dice l’ammiraglio, attualmente vice presidente di Carlyle (uno di quegli incarichi che raccontano come le questioni geopolitiche e securitarie dominino ormai il contesto geoeconomico, e d’altronde anche quella del Mar Rosso è un fili da tenere in questa sempre più piena cartella). “For Pete’s sake!”, commenta John Sipher, ex agente delle operazioni clandestine della Cia ora diventato un “geopolitical influencer” da oltre 200mila follower su X.

Dall’inizio della guerra di Gaza — dopo il mostruoso attentato di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023 — gli Houthi hanno attaccato più di 90 navi da traporto, due delle quali sono state affondate e un’altra l’hanno sequestrata. Usano missili e droni iraniani e forse ricevono varie forme di assistenza dalla Russia. Rivendicano di agire in rappresaglia contro gli attacchi israeliani ai palestinesi, e infatti dicono di colpire navi occidentali collegate in qualche modo allo stato ebraico, ma in realtà si muovono anche per mostrare i muscoli nel processo di pacificazione che dividerà lo Yemen dopo un decennio di guerra civile (da loro scatenata), e forse — se sono veri i collegamenti con Mosca (e Pechino) — soddisfano anche interessi più ampi.

Aspides e perplessità

La situazione della sicurezza non è migliorata nonostante per proteggere la navigazione mercantile sia stata attivata la missione “Aspides”, di cui i governi europei partecipanti rivendicano l’entità solamente difensiva (all’opposto insomma di quanto invita a fare Stavridis) e due diverse operazioni a guida americana. La prima, “Prosperity Guardian”, è di carattere difensivo e vocata a un’iniziale attività di dissuasione, ma è stata talmente infruttuosa che quando dopo poco tempo si è visto che le cose non funzionavano è stata attivava “Poseidon Archer”. Quest’ultima è a tutti gli effetti una missione offensiva, nell’ambito della quale gli americani, e in misura minore gli inglesi, cercano di degradare le attività del gruppo miliziano. Gli attacchi sono stati dozzine, ma non così tanto intensi, per quanto recentemente il Pentagono ha mosso anche i bombardieri strategici a lunga gittata B-2 Spirit per colpire i guerriglieri yemeniti.

Le azioni di maritime security contro gli Houthi incontrano soprattutto una opposizione politica. Gli Usa vogliono evitare di sembrare eccessivamente coinvolti perché sanno che non paga a livello di consensi (cruciali nell’anno delle presidenziali); vari governi europei hanno deciso di non partecipare ad Aspides (come la Spagna) sempre per ragioni di consenso e altri vi hanno preso parte obtorto collo. Tra questi, la Germania non è mai stata entusiasta. Il 20 aprile la Bundeswher ha ritirato la fregata Hessen per quella che doveva essere solo una rotazione, ma poi Berlino è tornati indietro sulla decisione di schierare la Hamburg — attualmente nel Mediterraneo orientale e fuori dall’operazione Aspides. Tra l’altro, proprio la Hessen è stata protagonista di un imbarazzante incidente,  quando a febbraio, poco dopo essere entrata in servizio operativo, ha colpito e abbattuto un drone americano scambiandolo per uno degli Houthi. Ma se questa vicenda fa parte dell’errore finanche comprensibile, la deviazione verso Buona Speranza è parte di una decisione politica che espone a imbarazzi ben maggiori.

Cosa muove Berlino?

Che due assetti militari Nato vogliano evitare rotte che dovrebbero essere teoricamente protette dagli stessi assetti di Paesi membri della Nato (e fino a pochi mesi anche dalla stessa marina tedesca) è una scelta oggettivamente complicata da difendere. Come possono fidarsi le compagnie di spedizione europee che quotidianamente fanno passare lungo quelle acque i propri cargo, anche sulla base di una sicurezza marittima che le navi di Aspides dovrebbero garantire? Che immagine ne esce della difesa europea? E della Nato? I tedeschi non si fidano degli alleati in zona? Non è un caso se la notizia è al centro delle campagne di disinformazione guidata da Russia, Cina e Iran (e riprodotte da quella narrazione anti-occidentalista sfascista con cui in Occidente si contesta l’Occidente stesso tra i comfort delle libertà democratiche che solo l’Occidente permette).

Layer ulteriore: oggi la Germania ha ordinato la chiusura di tutti e tre i consolati iraniani nel Paese in risposta all’esecuzione del prigioniero iraniano tedesco Jamshid Sharmahd, che viveva negli Stati Uniti ed è stato rapito a Dubai nel 2020 dalle forze di sicurezza iraniane. Temeva che Teheran potesse usare i proxy yemeniti come ritorsione a plausible deniability?

Questo a pensar bene. Se invece si volesse andare a pensare male si potrebbe supporre che la scelta i Berlino è stata simbolica. In contestazione con Aspides, forse in parte (anche se militari tedeschi restano nella missione, partecipando al comando operativo nella base cipriota di Larissa). Oppure i tedeschi avallando il percorso per Buona Speranza, perché esso garantisce un ulteriore valore geoeconomico ai porti della Germania? È in effetti chiaro che escludendo il tratto indo-mediterraneo che sbocca a Suez, il Mediterraneo stesso diventa un bacino domestico perdendo tutta la sua centralità. Le navi che collegano Europa e Asia tramite la non-più-troppo-anacronistica circumnavigazione dell’Africa non rientrano nel bacino mediterraneo da Gibilterra, ma usano i porti del nord Europa (principalmente proprio i tedeschi come Amburgo o Wilhelmshaven, da cui a maggio erano partite le due navi sotto critiche, o quelli olandesi come Rotterdam, completamente inseriti nella catena del valore tedesca). Dunque, senza Indo-Mediterraneo, la Germania raddoppia la propria centralità, diventando scalo principale per l’Atlantico e per l’Indo-Pacifico.

Chi ci guadagna? Houthi e dante causa

I tedeschi rivendicano di non aver potuto organizzare lungo il Mar Rosso un’operazione di rientro per le due navi, sebbene la Hamburg fosse nell’area mediterranea orientale. Tuttavia non può non essere evidenziato che in questi stessi giorni il carrier strike group italiano guidato di Nave Cavour è transitato, scortato dal cacciatorpediniere Andrea Doria, lungo le acque di Suez e Bab el Mandeb, rientrando nel Mediterraneo dopo una missione durata sei mesi nell’Indo Pacifico.

Al netto di ragioni tecniche o meno, la decisone tedesca permette agli Houthi di incassare un successo: da miliziani in ciabatte, disorganizzati e armati dai Pasdaran con intento di destabilizzare la Penisola Arabica (a danno saudita ed emiratino), diventano un attore in grado di modificare le scelte militari di una potenza europea e di condizionare la geoeconomia tra Europa e Asia. In estrema pragmatica è un punto in più per la trasformazione del gruppo in un’entità statuale e riconosciuta anche (soprattutto?) attraverso le sue capacità militari. Entità che ha già scelto da che parte dello scontro tra modelli schierarsi, visto il dialogo con Iran, Russia (e Cina).



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