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Riservisti hi-tech. Il piano del Pentagono per “arruolare” la Silicon Valley

Il Dipartimento della Difesa ha in mente un piano per l’arruolamento di professionisti tecnologici della Silicon Valley. I riservisti lavoreranno per rafforzare la sicurezza nazionale e affrontare sfide emergenti in ambiti come la cybersecurity e l’analisi dei dati

Il Pentagono sembra intenzionato a far indossare la divisa ai talenti della Silicon Valley. Il Department of Defense degli Stati Uniti starebbe valutando la possibilità di chiedere ai chief technology officer e ad altri professionisti tecnologici di alto livello di assumere posizioni relativamente di alto grado nelle riserve delle varie branche delle forze armate (maggiore o tenente colonnello nelle riserve dell’Esercito e dell’Aeronautica o tenente comandante o comandante nella riserva della Marina); sulla base di questo impegno, essi verrebbero convocati periodicamente per contribuire a progetti a breve termine in materia di sicurezza informatica, analisi dei dati e altre aree. Brynt Parmeter, responsabile della gestione dei talenti del DoD e promotore di questa iniziativa, ha dichiarato che con questa iniziativa “stiamo creando una base industriale di persone che ci aiuterà a risolvere i problemi e le sfide della sicurezza nazionale nei decenni a venire”.

La speranza di Parmeter è quella di avere un primo gruppo di professionisti della tecnologia nei loro ruoli di servizio militare entro settembre; l’obiettivo è di iniziare con decine di riservisti e di espandere il programma a migliaia nei prossimi due anni. Il funzionario del DoD ha detto alcunii dettagli, tra cui l’identificazione delle organizzazioni giuste all’interno dell’esercito in cui collocare i riservisti e il modo in cui determinare la loro posizione in graduatoria una volta entrati, sono ancora in fase di definizione, aggiungendo di non poter garantire quando il programma inizierà, ma di avere l’autorità per lanciarlo, nonché l’approvazione da parte dei suoi superiori. Parmeter spera anche di estendere il concetto di riserva specializzata alla logistica, all’aerospazio e ad altri settori in cui il Dipartimento della Difesa potrebbe trarre vantaggio dalle competenze del settore privato.

L’esponente del Pentagono ha sondato la Silicon Valley e altri luoghi caldi della tecnologia alla ricerca di possibili reclute, come ad esempio Shyam Sankar, chief technology officer dell’azienda di analisi dei dati Palantir Technologies. Sankar ha dichiarato che “sarebbe il primo ad aderire” a un programma di riservisti e ha incoraggiato altri a fare lo stesso: “Questo nuovo programma di talento crea un’opportunità per i leader tecnici d’élite americani di prestare servizio”.

L’iniziativa del Pentagono non arriva ex-novo. Sia il corpo dei Marines che alcuni Stati federati hanno creato appositi programmi di reclutamento per civili con competenze di cybersecurity. Più in generale, le forze armate hanno programmi di riserva per professionisti medici e legali. Ma rispetto a queste precedenti esperienze, nel caso della proposta del Pentagono sarebbe la prima volta in cui le forze armate reclutano professionisti della tecnologia del settore privato come riservisti in uniforme e retribuiti per sfruttare il loro expertise.

Questa iniziativa mira ad aumentare gli sforzi del Dipartimento della Difesa per migliorare le proprie capacità attingendo alle migliori menti tecniche del Paese. Il governo degli Stati Uniti ha talvolta faticato a trattenere i talenti d’élite, poiché il settore privato spesso offre retribuzioni più elevate e si muove più rapidamente. A questo, si aggiungeva uno stigma diffuso per chi decideva di collaborare con le strutture militari.  “Dieci anni fa”, ha detto Parmeter, “non si poteva mai esordire con ’Lavoro con il Dipartimento della Difesa’”. Oggi però la situazione è cambiata. Nuovi equilibri internazionali e nuove frontiere tecnologiche, e in particolare i loro punti di incontro, favorito una maggiore collaborazione tra le start-up statunitensi e il Pentagono. Secondo i dati di PitchBook, riportati dal Wall Street Journal, l’anno scorso gli investimenti in tecnologie per la difesa sostenuti da venture sono cresciuti fino a trentacinque miliardi di dollari. Dieci anni prima ammontavano soltanto a due miliardi.



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