Il Consiglio supremo di Difesa, convocato per mercoledì dal presidente Sergio Mattarella, segue il primo G7 Difesa. Al centro del vertice, i dossier cruciali riguardanti Ucraina e Medio Oriente. Come spiega il generale Vincenzo Camporini, la gestione delle due crisi deve essere distinta, rimarcando la necessità di sostenere l’Ucraina e di trovare una soluzione per il futuro della missione Unifil in Libano
Quello di mercoledì prossimo sarà un Consiglio supremo di Difesa che arriva a mettere un punto dopo un’intensa attività che ha visto protagonista il nostro Paese, su dossier cruciali come Medio Oriente e Ucraina. Convocato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la riunione dei massimi decisori della politica di sicurezza del nostro Paese segue di pochi giorni il primo G7 in formato difesa, dove i ministri dei Sette, accolti dal ministro Guido Crosetto, hanno per la prima volta in cinquant’anni affrontato insieme le sfide geostrategiche del nostro tempo. Come sottolineato dallo stesso ministro, in apertura del vertice, “la brutale aggressione russa in Ucraina, la situazione critica in Medio Oriente, sottolineano un framework di sicurezza deteriorato, con previsione per il prossimo futuro che non possono essere positive”.
L’Ucraina è stata in cima al vertice del G7, con i Paesi che hanno confermato il “fermo supporto” a Kyiv nel primo punto del comunicato finale. A segnalare l’importanza che il conflitto riveste nel rendere ancora più fragile il contesto globale. Come sottolineato dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, “essere a Napoli con i ministri della Difesa del G7” è servito a “capire come dare ancora più supporto all’Ucraina, incrementare la produzione industriale della difesa e rafforzare la cooperazione con i partner”. Il Medio Oriente è stato al secondo punto dell’agenda, con i Sette che hanno condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, chiedendo un immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Tuttavia il G7 ha anche registrato che la “spirale di violenza che coinvolge Israele e Hamas” sta avendo un profondo impatto sui civili, in un “pericoloso ciclo di attacchi e risposte che rischia di causare una escalation incontrollabile in Medio Oriente”. I Paesi, quindi, auspicano un abbassamento della tensione, l’aderenza alle risoluzioni dell’Onu che portino alla Soluzione dei due Stati.
Come spiega ad Airpress il generale Vincenzo Camporini, già Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare e della Difesa, i due dossier “devono essere gestiti razionalmente, ma in maniera separata”. Non possiamo, infatti “equiparare quello che succede in Ucraina con quello che accade in Medio Oriente, dove le dinamiche sono completamente diverse”. Il generale infatti spiega: “Sull’Ucraina, non c’è dubbio alcuno che dobbiamo continuare a sostenerla, e la speranza di raggiungere un negoziato diplomatico deve guidare ogni nostra azione”. Tuttavia, aggiunge Camporini “C’è tutta l’evidenza che da parte russa non ci sia la minima voglia di sedersi al tavolo dei negoziati. In questa condizione, è inutile chiedere una trattativa di pace se l’aggressore non è disposto a fermarsi”. In definitiva, dunque, il pur auspicato dialogo di pace con Mosca “è al momento un obiettivo fuori dal possibile”.
Sul Medio Oriente è tutto molto più complicato, dice il generale “sono dinamiche che coinvolgono Paesi diversi, ciascuno con la propria agenda, a partire dall’Iran”. In particolare, l’attenzione di questi giorni si sta convogliando su Unifil, la missione di peacekeeping dell’Onu che vede il nostro Paese schierare il contingente di militari più numeroso. “Immaginare un ritiro unilaterale da Unifi sarebbe un disastro politico e una perdita di credibilità politica da parte del nostro Paese, che sarebbe irrimediabilmente compromessa. Un’idea fuori dalla logica e che per fortuna non è al momento nel dibattito pubblico”. Per Camporini, il futuro della missione è un problema che va discusso a New York, nel Consiglio di sicurezza. “A mio avviso sarebbe più ragionevole che i Caschi blu si chiudano in aree protette, senza chiudere la missione. Questo perché, quando la situazione comunque dovesse evolversi al punto da richiedere un intervento internazionale, avviare una nuova Unifil è improponibile in queste condizioni geopolitiche nel Cds”. Meglio, allora, “congelare” Unifil, pronta a riprendere le attività. “Sperando nel frattempo che il Consiglio di sicurezza trovi un accordo su regole di ingaggio meno penalizzanti per i Caschi blu dislocati”, aggiunge il generale, “anche se ipotizzare un accordo tra i cinque membri permanenti, con diritto di veto, è quantomeno una scommessa azzardata”.
Sul prossimo futuro, Camporini avverte: “Questo Paese deve decidere cosa vuole fare, assumere una posizione propositiva all’interno dell’Ue e della Nato” altrimenti, “finisce che ci lasciano fuori, come accaduto nell’ultimo vertice” a Berlino.
Tra l’altro, proprio sul Libano, il presidente francese Emmanuel Macron ha invitato giovedì prossimo i Paesi Ue, del G20 (Russia esclusa) e della regione, insieme a Onu e società civile, a una conferenza internazionale in supporto della popolazione e della sovranità del Paese dei cedri. “Quando nacque Unifil II – spiega ancora Camporini – ci fu uno scontro tra Francia e Italia per la primogenitura, e la cosa fini con il primo comandante della missione francese, e il secondo italiano. Dobbiamo prendere spunto da allora per cominciare a parlare con Parigi”. E sull’iniziativa aggiunge “Precipitiamoci a Parigi e mettiamoci d’accordo con Macron, perché se non lo facciamo, le carte in tavola le darà qualcun altro, e non ci potremo stupire, allora, se non avremo gli elementi per partecipare alla partita”.