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Più navi e più potenza di fuoco. Il futuro della Marina militare italiana

Per una media potenza come l’Italia, la capacità di proiezione sui mari è cruciale per la tutela dell’interesse e della sicurezza nazionale. L’Italia dispone già di una Marina militare di riguardo nel panorama euro-mediterraneo, ma i piani di acquisizione previsti per i prossimi anni permettono di farsi un’idea più precisa delle capacità che il dispositivo militare nazionale sarà in grado di schierare nel prossimo futuro

La Marina militare italiana dispone attualmente della flotta potenzialmente più capacitiva dell’intero panorama di Stati rivieraschi del Mediterraneo. Seppure la Marine nationale francese disponga sulla carta di più piattaforme, esse vanno “spalmate” sull’enorme Zona economica esclusiva (Zee) della Francia (seconda al mondo dopo quella statunitense) che deriva dai suoi territori d’Oltremare. Pertanto, sul piano prettamente numerico, l’Italia è lo Stato che dispone di più vascelli nel quadrante strategico del mar Mediterraneo.

Sul piano capacitivo, la portaerei Cavour garantisce la proiezione aerea a medio raggio. La portaerei, che verrà presto affiancata dalla Landing helicopter dock (Lhd) Trieste (in sostituzione dell’incrociatore portaeromobili Garibaldi, prossimo al decommissionamento), svolge anche il ruolo cruciale di piattaforma di trasporto logistico, in aggiunta alle tre navi anfibie di classe San Giorgio e San Giusto. Inoltre, l’Italia è il terzo Paese al mondo, oltre a Stati Uniti e Regno Unito, a impiegare l’F-35 come componente aerea imbarcata sulla sua portaerei. Il cacciabombardiere multiruolo stealth di Lockheed-Martin, in configurazione Bravo per il decollo corto/appontaggio verticale (Stovl), costituisce un vantaggio capacitivo che nessuna altra Marina rivierasca può eguagliare. In base alle previsioni attuali, anche nave Trieste dovrebbe essere in grado di imbarcare l’F-35B, portando a due le piattaforme in grado di schierare l’aereo di quinta generazione. A questa primaria capacità operativa si affiancano otto fregate classe Bergamini (Fremm), specializzate, a seconda delle configurazione, nella difesa anti-aerea (Aa) e anti-sottomarino (Asw) e quattro cacciatorpedinieri, due di classe Durand de la Penne e due di classe Andrea Doria (Orizzonte). Completano il novero otto sottomarini (quattro di classe Sauro e quattro di classe Todaro) e diverse navi tra cacciamine, tanker e pattugliatori, tra cui i quattro Pattugliatori polivalenti d’altura (Ppa) di nuova generazione classe Thaon di Revel.

Complessivamente, la flotta italiana può dunque schierare capacità considerevoli, particolarmente idonee alla conduzione di operazioni expeditionary e di interdizione d’area. Complessivamente, la Marina italiana si qualifica come una media forza versatile, in grado di condurre operazioni in autonomia con orizzonti operativi estesi e capace di impiegare assetti d’eccellenza, senza parlare dei progetti avanguardistici nel campo dell’underwater. Ciò che finora risulta maggiormente sottodimensionata è la capacità missilistica, ma la situazione potrebbe cambiare presto.

L’Italia torna potenza marittima

Attualmente, i due principali programmi di procurement della Marina militare italiana riguardano l’acquisizione di due ulteriori Fremm in versione evoluta, denominate Fremm-Evo, e di due nuovi cacciatorpedinieri, denominati provvisoriamente Ddx, in sostituzione della classe Durand de la Penne. L’esame dei programmi in questione (che sono, da ricordarsi, ancora in fieri) permette di farsi un’idea di quali capacità la Marina intende potenziare in vista dei futuri scenari operativi. Oltre alla suite di capacità di radaristica avanzata e di guerra elettronica (Ew), entrambi i programmi potrebbero vedere sensibilmente incrementata la loro capacità missilistica. Attualmente, le capacità missilistiche della Marina militare gravitano sul sistema di lancio verticale (Vls) Sylver, sui missili della famiglia Aster, prodotti da Mbda, e sui missili anti-nave Teseo-Otomat Mk2. L’Aster è un missile superficie-aria per la difesa aerea e missilistica, con un raggio di 30 chilometri nella versione Aster15 e di 120 chilometri in quella Aster30. Le due versioni del missile possono essere inserite nelle celle A50 (alte cinque metri), mentre vettori pensati per impieghi operativi differenti, come il deep strike e l’attacco a terra, richiedono una cella A70 per essere imbarcati, in virtù del maggiore spazio richiesto dai booster propulsivi.

Proprio la previsione di poter inserire delle celle A70 sui due nuovi modelli di navi lascia pensare che la Marina stia valutando un rafforzamento delle capacità missilistiche, ad esempio adottando il missile a lungo raggio Scalp Naval, provatosi estremamente valido in Ucraina e in grado di competere con il Bgm-109 Tomahawk statunitense. Tale previsione risulterebbe attinente con i futuribili scenari operativi, vista la sempre maggiore importanza che i vettori missilistici stanno assumendo. Inoltre, le novità includono anche la dotazione numerica di suddetti assetti. Gli ultimi decenni, caratterizzati da scenari a bassa intensità, avevano progressivamente portato a ridurre il numero di slot missilistici presenti sulle navi militari, mentre i nuovi paradigmi del conflitto, connotati da un ritorno della massa, impongono di invertire tale tendenza.

Al momento le navi lanciamissili italiane dispongono di 16 celle Vls A50 per l’impiego degli Aster, mentre le previsioni future includono un possibile incremento di ulteriori 16 celle (da vedersi se in configurazione A50 o A70) sulle Fremm-Evo, per un totale di 32 sistemi lanciamissili. Per i Ddx, il numero arriva alla ragguardevole cifra di 80 celle. Benché ancora non al livello dei cacciatorpedinieri statunitensi, che contano fino a 96 celle per nave, la dotazione non solo risulta in linea con i numeri dei principali partner e competitor navali, ma rappresenta anche un netto salto di qualità per le capacità missilistiche della Marina italiana. L’intervallo tra la definizione di un programma di acquisizione e l’effettiva entrata in servizio di una nave può impiegare diversi anni, ma se le previsioni attuali dovessero trovare riscontro nella realtà, l’Italia vedrebbe aumentato il suo peso militare nell’intero quadrante strategico del Mediterraneo allargato. E se il peso diplomatico di un Paese è misurato per metà dalle sue capacità militari…



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