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De Gasperi e non Napoleone. Quale modello per la nuova Ue

Come osservato da Giorgia Meloni in occasione delle comunicazioni al Senato in vista dell’ultimo Consiglio europeo, le ultime elezioni europee hanno segnato un punto di non ritorno. “L’Europa di domani non può essere più uguale a quella di ieri e di oggi. Deve cambiare, ripensare completamente le sue priorità, il suo approccio, la sua postura”

Dalle nuove sfide della geopolitica e dell’allargamento, fino alla soluzione dei fronti di guerra; dall’intelligenza artificiale da normare e non subire, alle crisi di settori trainanti come l’automotive. Mai come in questo momento l’Europa è chiamata ad un impegno senza dubbio maggiore, condito dalla necessità di assumere decisioni strategiche e, al contempo, programmare iniziative di medio-lungo periodo su temi centrali, come l’industria, l’ambiente, la geopolitica. Come evitare di commettere gli errori del passato, e soprattutto in quale contesto politico oltre che leaderistico deve muoversi il vecchio continente?

Si tratta di una questione assolutamente dirimente, sia se rapportata ai grandi cambiamenti che l’anno in corso porta in grembo (come la nuova commissione europea e le elezioni americane) sia se intrecciata con le emergenze dettate dalla contingenza (Kyiv e Gaza).

Quale modello inseguire

L’emergenza data dalla pandemia ha avuto l’effetto di compattare la risposta continentale che, dopo alcuni momenti di difficoltà legati al passaggio da una figura carismatica come Angela Merkel a, sostanzialmente, il primo decennio post merkeliano, si è coagulata attorno ad una postura unitaria. Il tema dei vaccini è stato condotto dall’Ue in modo armonico e risolutivo, offrendo un’immagine di istituzione pronta e coesa. Dopo il Covid, però, un’altra emergenza è piombata sull’Ue così come sugli altri continenti: la guerra in Ucraina, infatti, ha posto prepotentemente il tema della sovranità territoriale (in Ue e in extra Ue), costringendo quasi Bruxelles ad accelerare su un argomento decisivo come la difesa comune europea.

Non bastasse questo, la guerra a Gaza, gli attacchi degli Houthi nel mar Rosso e le auto cinesi hanno riportato l’attenzione sui rapporti tra Ue, Medio Oriente e fronte asiatico. Lecito chiedersi: cosa altro deve accadere perché vi sia una nuova grande risposta continentale che offra visione e prospettive?

Leader e stati

Il dibattito sul futuro dell’Ue è intrecciato, evidentemente, anche alla portata dei singoli leader e delle proiezioni che gli stati membri hanno. Su un tema come l’immigrazione, ad esempio, l’Italia di Giorgia Meloni ha dato un contributo di merito e di metodo alla discussione in Ue, facendo accendere un fascio di attenzione su una problematica che, fino a due anni fa, era sostanzialmente ad appannaggio degli stati di primo approdo. Oggi invece, anche grazie alla spinta di Roma, è maturata in Ue la consapevolezza che il pallino dell’iniziativa deve essere stabilmente nelle mani della politica e non in quelle degli scafisti.

Ancora, i leader nazionali da soli non bastano per un’Europa forte, ha detto il vice premier e ministro degli esteri Antonio Tajani nel corso di un incontro all’Università di Padova sul ruolo dell’Italia nelle politiche di pace. “De Gasperi, un visionario – ha ricordato Tajani – vide bocciato il suo progetto di una difesa europea nel 1954 dai francesi, ma la prima idea era partita allora. Adesso stiamo riprendendo faticosamente questo percorso, perché c’è un racconto identità in ogni Stato europeo che non tutti vogliono modificare”.

Secondo Tajani Carlo V non c’è più, non c’è neanche Giulio Cesare, Napoleone o Francesco Giuseppe. “Quel mondo che fa parte della nostra identità e della nostra storia è finito – ha sottolineato Tajani – L’identità dev’essere strumento per arricchirci, non per dividerci. Se continuiamo ad avere la sindrome di Napoleone o Giulio Cesare continueremo nell’errore di essere troppo individualisti. Non significa che dobbiamo rinunciare alla nostra identità. Si può essere buoni italiani e buoni europei”.

Per cui il punto di caduta dell’Europa secondo Tajani è nell’evoluzione del suo passato: ieri l’Ue ha avuto de Gasperi, Adenauer, Schuman, “leader forti, espressione di tutti gli schieramenti politici”. Il problema è dato dalla risposta: nelle numerose crisi globali, ha osservato Tajani, l’ Ue non gioca un ruolo proporzionato al proprio peso economico, e per tornare ad essere più incisiva ha bisogno di due azioni: allargare l’ambito del voto a maggioranza e aumentare la capacità della Ue di decidere e pesare nel mondo tramite le riforme.

Scenari

Come osservato da Giorgia Meloni in occasione delle comunicazioni al Senato in vista dell’ultimo consiglio europeo, le ultime elezioni europee hanno segnato un punto di non ritorno. “L’Europa di domani non può essere più uguale a quella di ieri e di oggi. Deve cambiare, ripensare completamente le sue priorità, il suo approccio, la sua postura. Riscoprire, cioè, il suo ruolo nella storia, particolarmente in questo tempo storico così complesso”. Dunque scegliere se continuare ad essere ciò che siamo stati finora, “ovvero un gigante burocratico che appesantisce cittadini e imprese con una selva di regole, molte delle quali senza senso e autolesioniste. Oppure possiamo invertire radicalmente questa tendenza, concentrandoci sulla visione e sugli strumenti necessari a realizzare quella visione”.

Questo il riferimento alla prima riforma da attuare per contare di più: consentire all’Europa di progettare le grandi materie di interesse comune in virtù dell’agenda strategica 2024-2029.


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