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Porti ucraini sotto attacco. Perché Mosca torna a mirare all’export di Kyiv

La Russia ha intensificato gli attacchi contro navi e infrastrutture legate alle esportazioni di cereali ucraine. L’obiettivo è quello di danneggiare le capacità economiche di Kyiv, nonché la sua posizione negoziale

Durante gli ultimi giorni, l’apparato militare moscovita è tornato a bersagliare con maggiore frequenza navi e infrastrutture collegate alle capacità di export di Kyiv. Nel pomeriggio di lunedì 7 ottobre, due missili balistici Iskander-M hanno colpito la “Optima”, nave cargo battente bandiera di Palau ed ormeggiata nel porto di Odessa, causando alcuni morti e feriti tra i membri dell’equipaggio. Il giorno precedente anche il mercantile carico di cereali “Paresa”, battente bandiera di Saint Kitty e Nevis, era stato attaccato dalle forze russe nel porto di Pivdennyi, adiacente a quello di Odessa; poche ore dopo, la Russia ha lanciato un’estensiva azione offensiva condotta con droni attraverso l’intero oblast di Odessa. Il mese scorso anche la nave “Aya”, sempre battente bandiera di Saint Kitts e Nevis, è stata colpita da un missile russo nel Mar Nero, mentre un’altra nave, una portaerei battente bandiera di Antigua, è stata solamente danneggiata dall’esplosione di una testata mentre era ancorata nel porto di Odessa.

L’obiettivo di simili operazioni è facilmente comprensibile: l’intento di Mosca è quello di fermare (o, più realisticamente, di danneggiare) la capacità ucraina di esportare i propri prodotti cerealicoli attraverso il “corridoio sicuro” (che in realtà sono più di uno, e passano sia dal Mar Nero che dal Danubio) che Kyiv è riuscita a istituire dopo che, nell’estate dello scorso anno, il ritiro unilaterale di Mosca aveva posto fine al cosiddetto “accordo sul grano” sponsorizzato dalle Nazioni Unite. Corridoi che sembrano funzionare: con le 11,2 milioni di tonnellate registrate a settembre, le esportazioni settimanali di cereali sono aumentate del 56% rispetto ai 7,2 milioni di tonnellate dello scorso ottobre, secondo i dati pubblicati lunedì dal ministero dell’Agricoltura del Paese.

Numeri che avrebbero spinto il Cremlino a prendere di mira questi corridoi. I porti marittimi e fluviali di Odessa sono stati colpiti circa duecento volte dal luglio 2023, secondo i dati condivisi dalle autorità regionali con il Financial Times, utilizzando principalmente missili balistici che possono colpire entro pochi minuti dal lancio e risultano più difficili da intercettare per i sistemi di difesa ucraini.

È lo stesso ministro della ricostruzione ucraino Oleksiy Kuleba a dichiarare che gli attacchi sono stati un tentativo di “interrompere il lavoro di successo” del corridoio di esportazione, aggiungendo che l’obiettivo “può essere solo quello di aumentare l’instabilità in regioni sensibili del mondo che dipendono dalle importazioni di cibo”.

Inficiare l’efficacia delle rotte commerciali attraverso cui l’Ucraina porta avanti le sue esportazioni permette alla Russia di privare l’avversario di importanti fonti di introiti, riducendo la sua capacità di sostenere lo sforzo bellico e indebolendo al contempo la sua posizione negoziale, fattore rilevante nel momento in cui si comincia a sollevare, seppur non apertamente, la possibilità della mediazione di un compromesso tra Mosca e Kyiv. Ottica sotto la quale non si dovrebbe leggere soltanto il rinvigorimento degli attacchi russi verso le esportazioni ucraine, ma anche altri episodi, come ad esempio la stessa offensiva ucraina nell’oblast di Kursk.



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