La Russia ha fatto il possibile per non far cadere il suo velivolo sperimentale in mani ucraine, ma i soldati di Kyiv sono riusciti a recuperarlo. Il drone, colpito da avaria in volo, appartiene al progetto altamente classificato di Mosca per dotare le proprie Forze aeree di un loyal-wingman da integrare con i caccia di quinta generazione. Dalle informazioni che se ne ricaveranno, nonché da quelle già note, è possibile intuire in che direzione si muovono le ambizioni aeree russe
I campi di battaglia dell’Ucraina ci hanno ormai abituati alla presenza massiccia di sistemi a pilotaggio remoto, ma quello che è precipitato il 5 ottobre appartiene a una categoria molto particolare. Il drone abbattuto vicino Konstantynivka, nell’oblast di Dontetsk, apparentemente colpito da un’anomalia in volo, sarebbe stato colpito proprio dalle Forze armate russe, nella speranza di impedire che gli ucraini potessero impossessarsene per analizzarlo, salvo poi schiantarsi in un’area controllata dalle forze di Kyiv. In base ai rilievi fotografici dello schianto, parrebbe trattarsi di un drone pesante S-70 Okhotnik-B, che la Russia aveva presentato in anteprima nel 2019. Benché sia impossibile dire se si tratti proprio del velivolo presentato nel 2019, è probabile che appartenga allo stesso lotto di dimostratori, dal momento che un modello diverso, più recente, era stato presentato nel 2021. I resti dell’Uav, attualmente in mano all’Ucraina, verranno esaminati per raccogliere dati di Intelligence sui sistemi che Mosca intende schierare in futuro.
L’Uav S-70 Okhotnik-B
In base a quanto già noto, l’S-70 Okhotnik-B è un drone monoala pesante pensato per incarichi di ricognizione e bombardamento al suolo, dotato di capacità stealth e in grado di operare in coordinamento con velivoli di quinta generazione. La Russia ha deciso di svilupparlo nel corso degli anni dieci come velivolo gregario del proprio caccia di quinta generazione (o proclamato tale), il Sukhoi Su-57 Felon. Il programma, definito dalla Russia di sesta generazione, è nato con l’obiettivo di fornire un mezzo pesante in grado di condurre operazioni in autonomia, ma sembrerebbe essere stato poi reindirizzato verso l’attuale configurazione di loyal-wingman. Il loyal-wingman è un concetto di nuovo assetto aereo occidentale, che vede il caccia con pilota come il perno centrale di una formazione di droni in grado di operare autonomamente su input del pilota della “nave madre”. Tale nuova concettualizzazione del dominio aereo, che negli Stati Uniti caratterizza il programma Ngad (Next generation air dominance) nella figura del Collaborative combat aircraft (Cca), sarebbe quindi allo studio di Mosca, la quale però ha molto terreno da recuperare. Puntando dichiaratamente alla sesta generazione, la Russia sembra voler tentare la via del leap frogging (salto della rana), vale a dire il tentativo di saltare una generazione di sviluppo tecnologico per passare direttamente alla successiva.
Benché infatti Mosca abbia tecnicamente sviluppato e prodotto un equivalente dell’F-35, il Su-57 Felon, sono molti i dubbi circa l’effettivo successo russo nel campo dei velivoli di quinta generazione. Oltre a una produzione veramente modesta (i più ottimisti stimano 40 esemplari), il Felon è stato visto raramente in azione, portando a chiedersi se tale decisione sia determinata dalla volontà di mantenerlo in riserva per utilizzi specifici o dal timore che un suo abbattimento riveli più debolezze di quante i russi siano disposti ad ammetterne. È anche possibile che, visti gli alti costi di produzione, la Russia stia puntando sull’S-70 come assetto più spendibile per accrescere la massa degli stormi che operano l’Su-57 Felon. Non sono disponibili informazioni circa il numero di S-70 prodotti, o quanto lo scoppio della guerra abbia rallentato lo sviluppo del programma, ma è certo che la Russia, che nell’ultimo anno ha drasticamente aumentato l’impiego di droni, intenda puntare sempre più sui sistemi a pilotaggio remoto.
L’abbattimento
Non è una novità che la Russia abbia voluto testare sul campo un sistema d’arma sperimentale. Mosca è infatti usa a questa prassi che, se da un lato permette di ottenere dati più verosimili rispetto a quelli ricavati durante i test in ambienti controllati, dall’altro rischia di fornire al nemico informazioni sensibili su sistemi ancora non noti. È questo il caso dell’S-70 abbattuto nel Donbass. Il drone, che stava operando insieme a un Su-57, era probabilmente decollato dalla base aerea di Akhtubinsk e stava conducendo prove di coordinamento con il caccia di scorta. A circa 15 chilometri al di là delle linee ucraine, l’Uav sarebbe andato incontro ad anomalie nella sua struttura di comando e controllo che ne avrebbero compromesso rotta e comunicazioni con il velivolo che lo affiancava. Onde evitare che il drone venisse intercettato integro dagli ucraini, il Su-57 ha lanciato un missile per abbatterlo, facendolo precipitare nelle vicinanze, in territorio controllato da Kyiv. Se i russi si fossero mossi immediatamente (magari con il lancio di un missile Kalibr), forse sarebbero riusciti a distruggere i resti dell’S-70 che è stato invece rintracciato e recuperato dalle Forze armate ucraine che, senza dubbio, lo staranno ora smontando per ricavarne ogni possibile informazione.