Tra i settori della nuova Space economy, quello sicuramente più visionario è il turismo spaziale, con la sua promessa di consentire a chiunque di raggiungere l’orbita. In attesa di una verifica sul suo reale potenziale economico, l’annuncio dell’ingresso della Cina nella competizione, finora limitata agli Usa, pone il problema della definizione delle regole per il settore, con Pechino che vorrà dire la sua nelle norme che ne definiranno il funzionamento
L’annuncio della cinese Deep Blue Aerospace dell’ingresso nel settore del turismo spaziale segnala l’intenzione della Cina di entrare in competizione con gli Stati Uniti anche sul fronte della Space economy, e in particolare nel suo segmento più visionario. La compagnia fondata nel 2017, sostiene di essere pronta a lanciare clienti paganti su voli suborbitali entro il 2027, con un prezzo di biglietto di circa 210mila dollari. Come Virgin Galactic e Blue Origin, l’azienda cinese promette un’esperienza visiva unica e multisensoriale, tuttavia resta da vedere se sarà in grado di mantenere i livelli di sicurezza e affidabilità che contraddistinguono i concorrenti statunitensi.
L’ingresso della Cina non riguarda soltanto una nuova forma di concorrenza economica, dal momento che sono ancora in gran parte da stabilire le norme che dovranno regolare questo nuovo mercato. Con l’ingresso nella competizione, infatti, anche Pechino vorrà proporre la sua visione su come comportarsi con il turismo spaziale e normative diverse potrebbero portare a una serie di problematiche relative alla sicurezza.
L’idea di un “turismo spaziale cinese” non è limitata a Deep Blue Aerospace. Cas Space, uno spin-off dell’Accademia delle scienze cinese, sta sviluppando un proprio veicolo per viaggi suborbitali. Questa strategia risponde alla volontà della Cina di consolidare la propria presenza nella Space economy globale e ridurre la dipendenza tecnologica, ma potrebbe anche implicare rischi legati a una rapida espansione senza standard condivisi con il resto della comunità spaziale.
Se da un lato la Cina guarda al turismo spaziale come un’opportunità di crescita economica e tecnologica, dall’altro emergono dubbi sulla sostenibilità a lungo termine del progetto e sulla capacità delle aziende cinesi di rispettare standard di sicurezza elevati. Deep Blue Aerospace ha in programma test intensivi per il 2026, ma il successo di questi è tutt’altro che garantito, anche in assenza di un ente regolatore terzo.
Le aziende Usa, intanto, continuano a rafforzare la propria offerta. Virgin Galactic, con la sua SpaceShipTwo, e Blue Origin, attraverso il razzo riutilizzabile New Shepard, hanno dimostrato la possibilità di offrire voli suborbitali a clienti privati. Virgin Galactic, sotto la guida di Richard Branson, propone un viaggio che, per 450mila dollari, include un’esperienza di assenza di gravità a circa 88,5 chilometri sopra la Terra. Allo stesso modo, il razzo New Shepard di Blue Origin, sviluppato da Jeff Bezos, ha già portato in orbita diversi turisti privati, tra cui il celebre attore di Start Trek William Shatner, offrendo a sua volta una breve ma intensa esperienza di osservazione della Terra dall’alto. La concorrenza cinese potrebbe anche spingere le società Usa ad ampliare l’offerta di voli o a sviluppare sistemi avanzati con maggiore capacità di passeggeri.
Nel frattempo, però, lo Spazio resta un’esperienza riservata a pochi: tra i costi elevati, l’addestramento richiesto e le sfide tecnologiche, le barriere sono ancora alte. Inoltre, il mercato stesso del turismo spaziale resta da verificare, rimanendo per ora più assimilabile a uno sport estremo (come peraltro più volte sottolineato su Airpress dall’astronauta Roberto Vittori) i cui reali impatti sull’economia spaziale nel suo complesso sono ancora tutti da verificare.