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Quanti errori sull’auto elettrica, ma con Stellantis bisogna parlare. Il prof. Pozzi spiega perché

​La verità è che l’Europa e i suoi costruttori non sono stati capaci di leggere e decifrare il grande cambiamento del mercato, da cui la Cina è per il momento uscita vincitrice. Tavares chiede quello che molte aziende hanno sempre chiesto e poi ci sono in ballo migliaia di posti di lavoro, tanto basta per aprire un tavolo. Intervista a Cesare Pozzi, docente di Economia industriale e politica alla Luiss

L’industria dell’auto vive forse uno dei suoi momenti più difficili, almeno in Europa. La scommessa dell’elettrico, finora, non ha pagato: impossibile vincere la concorrenza di chi, la Cina, piazza sul mercato veicoli che costano tra il 30 e il 40% in meno rispetto a un’auto prodotta in Occidente. Inoltre, problema non certo secondario, i target decisamente stringenti del Green new deal, che fissano al 2035 la scadenza per il pensionamento di benzina e diesel (ma l’Italia e anche la stessa Germania sono in prima linea per ottenere una proroga da Bruxelles), non sono stati digeriti dai costruttori. I quali, forse, non hanno nemmeno compreso la filosofia di fondo della transizione, scoprendosi impreparati, a cominciare da Volkswagen.

In questo contesto, c’è la crisi di Stellantis, il cui ceo, il granitico Carlos Tavares, è finito ai ferri corti con il governo italiano per via della richiesta di nuovi incentivi allo Stato, al fine di provare a rianimare il mercato dell’elettrico, chiamando in causa produttività e costo del lavoro e arrivando a minacciare tagli ed esuberi nello Stivale. Proposta prontamente rispedita al mittente, sia dallo stesso esecutivo, per bocca del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sia dalla Confindustria, che non ha gradito la pretesa dell’ex Fiat. Però un problema c’è, altrimenti non si starebbe parlando di come un’industria tra le più strategiche al mondo, soprattutto in Europa, sia entrata in una crisi dal dubbio perimetro e ancora tutta da decifrare. Formiche.net ha chiesto un parere a Cesare Pozzi, economista e docente di Economia industriale e politica alla Luiss.

“Non mi pare che le capacità produttive della nostra forza lavoro, parlo dell’Italia, sia inferiore a quelle di altre aree. Certo, se il salario è più alto rispetto a contesti terzi, allora un problema c’è. Ma questo fa parte del nostro sistema Paese e della contrattazione che prevede una specifica retribuzione”, premette Pozzi. “Detto questo, prima di parlare di produttività, sarebbe opportuno capire quali sono i mercati dove vuoi investire, su cui si vuole puntare. E quindi, qualcuno si è chiesto cosa sta accadendo al motore elettrico e all’endotermico? E che cosa è successo in questi anni? Oggi la Cina produce 30 milioni di veicoli, 20 anni fa ne produceva quanti l’Italia. I cinesi hanno installato una capacità produttiva incredibile, che ha permesso di arrivare a 30 milioni di veicoli, partendo per giunta da zero sul versante dell’elettrico. Questo per dire che cosa? Che in Europa è mancata una reazione al cambiamento dei mercati, in termini di politiche industriali. Ma adesso è tardi, perché il cambiamento è in atto da tempo e le case europee non hanno saputo leggere questo riassetto del mercato”, spiega l’economista.

“Il punto è poi che parliamo del più grande datore di lavoro privato d’Europa, la questione è delicata. Ma non possiamo certo prescindere dal fatto che i cinesi si sono attrezzati molto tempo fa, noi ci stiamo svegliando oggi. I tedeschi, per esempio, hanno puntato molto sulle auto di lusso, anche elettriche. Ma un veicolo di questo tipo ha bisogno di una colonnina da 150 kilowatt, che è praticamente il fabbisogno di un palazzo, non è mica tanto facile trovarla. E anche questo è stato un errore di valutazione, mica solo dei costruttori. Quando si mettono le mani sull’auto, bisogna stare attenti, bisogna studiare, come hanno fatto gli americani. Bisognava pensare a quello che si stava facendo, non si possono produrre auto elettriche se non c’è, per esempio, una regolazione adeguata”, chiarisce Pozzi. Che poi chiama in causa Stellantis.

“La contestazione a Tavares va letta senza categorie antiche. Il gruppo ha chiesto dei soldi, questo è spesso avvenuto in Italia in passato. Quindi non è che scopriamo l’acqua calda. Un tavolo di confronto secondo me andrebbe aperto, se non altro perché parliamo di un datore di lavoro importante, che ha un suo peso specifico sull’economia, sul lavoro, sulla società. Voglio dire, parliamo di migliaia di posti, tanto basterebbe a giustificare l’apertura di un confronto con l’azienda. Tavares ha esposto un problema, bene, parliamone. D’altronde l’elettrico non è solo un problema di vendite, ma chiama in causa una serie di fattori: le colonnine, l’esistenza di impianti fotovoltaici. Vogliamo contare quante persone oggi in Italia si possono comprare un veicolo elettrico? Come vede il problema è più ampio della singola vendita di auto elettriche. E per questo, oltre alle motivazioni di cui sopra, vale la pena confrontarsi con l’azienda”.

 


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